Da Corriere della Sera del 16/04/1978

Editoriale

Assassini travestiti da giudici

C'è stato un momento nella storia sofferta di questo secolo, in cui l'umanità si è sentita vicina, ha condiviso la persecuzione degli ebrei. E gli ebrei sono diventati il simbolo del bene contrapposto al male impersonato dalla barbarie del nazismo. E' con lo stesso animo che oggi, di fronte all'ultimo atroce messaggio delle Brigate rosse, gli italiani si sentono più vicini ad Aldo Moro, condividono la sua sofferenza; e sentono quale allucinante realtà, di efferatezza e di violenza, si nasconda dietro la mano anonima che ha scritto quel volantino, e ha decretato la "condanna a morte" del presidente democristiano. "Condanna a morte": ma quale condanna può esservi senza processo? E quale processo, se non un assurdo rito sacrificale, si può svolgere nel chiuso di una prigione oscura, sotto il ricatto continuo delle armi? Non c'è risposta a queste domande di fronte alla logica feroce che muove i terroristi. Per un mese ci siamo preoccupati di trovare una spiegazione anche ai loro comportamenti, di interpretarne i messaggi, di cercare un sia pur folle senso politico. Ed ora, a un mese dalla strage di via Fani, ecco che i brigatisti si ripresentano con lo stesso volto spietato della banda che ha ucciso a freddo i cinque uomini della scorta. Se il primo messaggio di Moro recava le stimmate di una lettera arrivata dall'inferno, questo volantino apre un inferno nella coscienza di tutti. Il ricatto dei brigatisti viene portato al limite estremo, col cinismo spavaldo, con l'inumanità feroce di chi cerca nella "lucida follia" ideologica una giustificazione dei propri comportamenti sanguinari. Perché c'è anche questo nel messaggio: l'ammissione che l'interrogatorio di Moro non ha portato a "rivelazioni" da sbandierare. ("Non ci sono clamorose rivelazioni da fare" dice testualmente un passo del documento"). La Repubblica non ha scheletri nell'armadio, non ha segreti ignobili da celare; e la gente, la coscienza della gente sa bene che gli anni trascorsi dalla fine della guerra sono stati al di là delle divisioni, un periodo di libertà e di civile convivenza. E proprio la sfida dei brigatisti, i loro gesti che evocano le immagini più cupe del terrore, offrono una ragione in più per stringersi attorno a queste istituzioni, senza cedere al ricatto del sangue e della paura. Con il comunicato numero sei i brigatisti hanno voluto ricordare che Moro è nelle loro mani, anzi è sotto il loro potere. E' vero: se vogliono, se la loro logica assassina li spinge a tanto, hanno il potere di eliminare fisicamente Moro. Ma non si illudano: non credano, con quel gesto, di conquistarsi una vittoria: si trovano contro 56 milioni di italiani. Si può anche assassinare un leader, non si può uccidere un popolo libero.

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