Da L'Unità del 08/05/1978

Editoriale

Berlinguer al popolo e agli elettori

di Mohamed Aden Sheikh

La democrazia non reggerebbe senza la fermezza del PCI Siamo la forza più unitaria - Senza l'unità democratica la Repubblica non può battere l'eversione né rinnovarsi …La società italiana, il popolo, le istituzioni democratiche stanno attraversando un momento grave e drammatico. Tragico è l'annuncio venuto venerdì dalla banda criminale delle Brigate rosse, con il quale essa afferma di considerare conclusa la sua feroce impresa e di avere deciso di eseguire l'assassinio dell'onorevole Moro. E' sincero ed è unanime l'augurio che questo delitto non sia consumato - ha detto Berlinguer -, ma non ci nascondiamo che si tratta di una speranza sostenuta da un filo ormai assai tenue perché tutti conosciamo assai bene la spietatezza e la fredda crudeltà dei terroristi. Costoro sono gli stessi - ha ricordato il segretario del PCI - che il 16 marzo hanno messo a morte i cinque agenti dell'ordine che scortavano il presidente della DC; sono gli stessi che in questi cinquanta giorni, da quella tragica mattina, hanno seguitato a insanguinare il Paese con i loro assassinii, con gli agguati, i ferimenti, le rapine, gli attentati. Sono, tutti questi, atti che nulla hanno a che fare con la lotta politica e che ancora meno possono essere presentati o scambiati come gesti rivoluzionari al servizio, addirittura, della causa di una migliore umanità. Sono soltanto delitti feroci - ha scandito Berlinguer - studiati e portati a compimento da una organizzazione di fanatici che vuole sovvertire le nostre istituzioni democratiche, fare venir meno ogni possibilità di convivenza ordinata e civile. Ecco, è in questo senso che si può dire che questa banda ha un suo perverso disegno politico: un disegno la cui attuazione verrebbe a colpire, insieme al regime democratico, ogni cittadino, ogni famiglia italiana. Per questa ragione le Brigate “rosse” e simili organizzazioni sono oggi i nemici non solo dei lavoratori, dei loro partiti, dei militanti antifascisti, ma di tutti indistintamente i cittadini: la lotta contro questi nemici è una lotta a cui tutti sono interessati e a cui tutti dobbiamo partecipare. Berlinguer ha detto che queste sono le ragioni civili e politiche, umane e morali che hanno spinto il PCI ad assumere fin dall'inizio e senza la minima esitazione, una posizione di intransigente fermezza democratica di fronte ai ricatti, alle pretese assurde, alle proposte di baratto e di scambio venuto dalla Brigate “rosse”. Non si può scendere a patti - ha esclamato - con chi vuole distruggere la democrazia, con chi non esita a uccidere, a sequestrare e a minacciare di nuove morti. Ogni patteggiamento o cedimento significherebbe, in primo luogo, una offesa ai caduti delle forze dell'ordine, alle altre vittime, alle loro famiglie: in secondo luogo, ogni cedimento renderebbe impossibile chiedere alle forze dell'ordine di continuare a compiere il loro dovere - un dovere svolto spesso a rischio della vita - al servizio della Repubblica, dell'ordine democratico, della sicurezza dei cittadini. Infine qualunque patteggiamento avrebbe reso e renderebbe impossibile arginare la catena dei ricatti dei terroristi verso i poteri pubblici una volta che venisse aperta la breccia, una volta che passasse il principio che chi uccide e sequestra può ottenere una qualsiasi contropartita, un riconoscimento, addirittura un premio. Così noi comunisti, ha detto Berlinguer, abbiamo ragionato: e così non ci siamo fatti interpreti di quel vastissimo ed elementare sentimento di giustizia che anima ogni cittadino: un sentimento che non esprime durezza d'animo, che non è certo sordo ai motivi di umanità, ma che esprime innanzitutto la volontà di vedere ogni cittadino italiano uguale di fronte alla legge, e poi la volontà di mettere al riparo l'ordinamento costituzionale dagli attacchi degli eversori. Il segretario del PCI ha ricordato che anche altri partiti democratici hanno seguito questa stessa linea, sia pure - qualcuno - con qualche oscillazione. Quello che è certo, ha aggiunto, è che la nostra decisione e la nostra coerenza sono stati elementi determinanti per la salvezza e la dignità stessa della Repubblica. Ancora una volta il PCI, il partito più rappresentativo della classe operaia e dei lavoratori, si è dimostrato un baluardo saldo e sicuro della democrazia, così come è stato nella lotta antifascista, nella Resistenza e in questi trenta anni. Anche in forza di questa nostra posizione, oltre che di quella di altri partiti e organizzazioni democratiche e del governo, il Paese, dal 16 marzo, non ha sbandato, non ha ceduto a suggestioni irrazionali, ma ha tenuto. La stragrande maggioranza dei cittadini non soltanto ha fatto sentire alta e forte la condanna, il disprezzo e la rivolta morale contro i terroristi, ma insieme ha respinto i loro ricatti e si è stretta intorno ai partiti e alle istituzioni democratiche. E' stato dimostrato ancora una volta che la democrazia italiana è forte , ha detto Berlinguer: non so quanti altri Paesi avrebbero saputo superare con altrettanta calma e fermezza una prova così dura e così prolungata. Si è dato scacco all'obiettivo principale dei “brigatisti”, che era quello di costringere la Repubblica al cedimento, di farle piegare le ginocchia, di gettare lo sgomento nella popolazione e di rompere la solidarietà fra i partiti democratici. Questo non significa che il problema della lotta al terrorismo non sia tutto ancora aperto nella sua gravità. L'obiettivo di sgominare il terrorismo, l'eversione, la violenza, le trame è anzi oggi più che mai un obiettivo urgente e pressante. Lo dimostrano, ha detto Berlinguer, le vicende seguite a quel 16 marzo e in particolare l'andamento delle indagini che, malgrado la prova di abnegazione data dalle forze dell'ordine non hanno dato i risultati che erano nelle attese. Vi sono stati - ha aggiunto - non solo errori tecnici ma forse anche esitazioni di fronte a personaggi e a ambienti che sono apparsi legati o condizionati in un modo o nell'altro dai terroristi. Queste debolezze o errori, che ci sono stati in varia misura in alcuni organismi e poteri inquirenti, aprono il problema della necessità di una decisa svolta nel senso che è richiesto dall'opinione pubblica e in primo luogo da noi comunisti: cioè nel senso del rigore, della severità, dell'intransigenza verso ogni manifestazione di eversione, di violenza politica, verso ogni copertura e tolleranza a suo favore. Tale svolta, per essere attuata, comporta innanzitutto un ammodernamento di tecniche e attrezzature; e comporta anche un cambiamento di mentalità. Questo al fine di garantire l'efficienza indispensabile per fronteggiare un fenomeno che ha assunto dimensioni nuove, impreviste e sempre più pericolose sia nel campo della delinquenza sia in quello della eversione politica. Bisogna attrezzarsi per una lotta profonda - non breve - che giunga a estirpare e a sgominare la malapianta dell'eversione, del terrorismo e della violenza politica.

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