Da Diario del 07/08/2004

La commissione d'inchiesta sul Caso Alpi - Hrovatin vuole indagare sull'elicottero della Finanza esploso nel '94

Dalle coste sarde al Caso Alpi corre un filo...

di Costantino Cossu

Il 2 marzo del 1994 un elicottero della guardia di finanza esplode in volo a largo della costa sud orientale della Sardegna, tra Capo Ferrato e Capo Carbonara, e i due piloti, il maresciallo Gianfranco Deriu e il Brigadiere Fabrizio Sedda, muoiono inghiottiti dal mare: diciotto giorni dopo, il 20 marzo, Ilaria Alpi e Miran Hrovatin vengono assassinati a Mogadiscio; centosette giorni dopo, il 6 luglio, l’intero equipaggio del mercantile Lucina , nave di proprietà dell’armatore sardo Massimo Cellino, presidente del Cagliari Calcio, viene sgozzato da un commando di uomini armati nel porto algerino di Djen Djen. Secondo la commissione parlamentare d’inchiesta che indaga sul caso Alpi un unico filo potrebbe legare i tre episodi. Il filo del commercio illecito d’armi.

E’ perciò che l’avvocato Carlo Taormina, presidente della Commissione, ha chiesto alla procura di Cagliari l’acquisizione degli atti dell’inchiesta sull’esplosione dell’elicottero. Ilaria Alpi aveva scoperto che scorie radioattive provenienti dall’Europa dell’Est arrivavano, attraverso la porta dei Balcani in Africa, dov’erano scambiate con armi. I signori della guerra somali prendevano missili leggeri e mitra. Questa è una delle ipotesi alle quali sta lavorando la commissione d’inchiesta. E’ possibile che le rotte del traffico passassero per la Sardegna? Forse sì. Un fatto sembra comunque certo: l’agusta A 109 “Volpe 132” non è caduto per un incedente. E’ stato abbattuto. Un teste oculare, Antonio Cuccu, un pescatore, ha raccontato ai magistrati della Procura civile di Cagliari, che hanno da poco riaperto l’inchiesta dopo la frettolosa archiviazione della procura militare, d’aver visto dal suo peschereccio, la sera del 2 marzo 1994, “volpe 132” planare al largo di Capo Carbonara. Erano passate le 19 da poco più di un quarto d’ora e c’era buio. D’improvviso, un terribile boato, dopo il quale Cuccu dice di aver perso l’elicottero. In quel momento in rada era ancorata una nave, del tutto uguale, stando alla descrizione di Cuccu, alla Lucina, il cargo della strage di Djen Djen. “La notavo andare e venire da settimane” ha detto il pescatore “ho avuto modo di osservarla bene”. Era la Lucina che faceva rotta verso Cagliari o una delle sue gemelle che girano per il Mediterraneo? Altre due persone oltre a Cuccu hanno visto: Giovanni Uteri, un giardiniere che quella sera lavorava in una villa sul costone che sovrasta Capo Carbonara, e Gigi Marini, un operaio che pescava sulla spiaggia. Le loro testimonianze coincidono: intorno alle 19 hanno visto l’Agusta A 109 arrivare da sud – ovest diretto a nord, lo hanno osservato venire a sud verso Capo Ferrato e sorvolare la misteriosa nave descritta da Cuccu. Poi un fragore infernale e il tonfo in mare. Il mattino seguente, il mercantile, da giorni all’ancora era scomparso. “Volpe 132” si era alzato in volo dall’aeroporto di Elmas per una missione di ricognizione, assistito da una motovedetta della Finanza, una Colombina G63. La barca però si fermò al largo dell’isola di Serpertara, a sud di Capo Ferrato. Questi erano gli ordini. I due elicotteristi, invece, proseguirono. Perché? Cosa cercavano? Allo stato attuale dell’inchiesta non è possibile escludere che siano stati abbattuti da un missile leggero sparato dalla nave in rada a Capo Carbonara. A distanza di 10 anni non sono state disposte analisi per stabilire se sui rottami ci siano tracce di esplosivo. “Abbiamo chiesto al pm”, dice l’avvocato dei familiari dei finanzieri, Carmelino Fenudi, “una perizia per capire se il metallo sia stato devastato da un’esplosiaone interna o da un missile. Inutilmente”. Strane coincidenze. Strano che i magistrati non abbiano accolto la richiesta di Fenudi. Strane molte altre cose. Peppino Sedda, fratello di uno dei due elicotteristi, racconta di aver ricevuto una lettera anonima in cui si sostiene che “Volpe 132” sarebbe stato abbattuto perché i militari si rifiutavano di interrompere la caccia a una nave che trasportava armi. Agli atti dell’inchiesta ci sono anche le dichiarazioni di un misterioso personaggio, Gianni Zirottu, processato per traffico illecito d’armi e poi diventato collaboratore di giustizia, che a “la nuova sardegna” ha detto che la zona tra Capo Carbonara e Capo Ferrato è uno degli snodi del commercio illegale e che, proprio la sera del 2 marzo 1994, lui in quelle acque aveva appuntamento con un trafficante. Zirottu ha anche detto di avere udito l’esplosione dell’elicottero, che secondo lui è stato centrato e abbattuto da un missile Stinger, abbastanza leggero da essere montato su un’imbarcazione di media stazza. Pochi giorni dopo l’intervista Zirottu è stato arrestato con le accuse di furto d’auto e di violenza sessuale su una minorenne. Altre stranezze. Il 26 marzo, 9 giorni dopo la tragedia di Capo Ferrato, da un hangar della Wind Air di Oristano viene rubato un elicottero identico a quello precipitato. Poche settimane dopo, viene ritrovato in un deposito a Quartu sant’elena parzialmente smontato. Ai familiari dei finanzieri è venuto il sospetto che i pezzi mancanti potessero essere stati gettati in mare per depistare le indagini per sostituire i rottami veri. Attraverso il loro avvocato hanno chiesto accertamenti ai magistrati, ma senza esito. E ancora: il giorno in cui l’elicottero eplose, nella caserma della GdF di Elmas furono forzati gli armadietti di Deriu e Sedda. I comandi militari hanno sostenuto che si stavano cercando le pistole dei due. I familiari pensano che si stesse cercando altro, ad esempio i cellulari. O forse appunti d’indagini. E poi c’è la strage di Djen Djen. Nell’ottobre del 1997 l’Observer pubblicò le rivelazioni di un uomo che il settimanale presentò come ex agente dei servizi segreti algenirini rifugiato a Londra, nome fittizio Joseph. Secondo Joseph, la strage della Lucina è stata ideata da Mohammed Mediane, all’epoca capo di una delle strutture operative dei servizi segreti algerini. L’obiettivo sarebbe stato quello di creare una forte tensione internazionale, attribuendo la strage ai fondamentalisti del Fis, in vista di un vertice del G7 dal quale l’allora presidente algerino Zeroual attendeva un sostegno al proprio malfermo regime. L’Observer intervistò anonimamente un comandante navale algerino. “Tutti a Djen Djen” dichiarò “sanno che gli italiani sono stati uccisi dalla sicurezza militare che presidia il porto”. Con quale movente? Solo per rassicurare a Zeroual il sostegno del G7, come sostiene Joseph? Avevano visto qualcosa che non dovevano vedere i marinai sgozzati della Lucina, nave uguale a quella avvistata da Cuccu e Zirottu al largo di capo Carbonara? Sono questi gli elementi della richiesta della commissione di acquisire gli atti in possesso della magistratura cagliaritana. Della commissione fa parte il deputato dei Verdi Mauro Bulgarelli, che si occupa da anni dei traffici legati al business della guerra. “Ciò che è avvenuto a Capo Carbonara” dice “va finalmente chiarito. Il nostro lavoro non è contro i magistrati di Cagliari. Ci sembra che il caso debba essere inserito in una cornice più ampia”. La cornice del traffico internazionale di materiale radioattivo e di armi, il gioco sporco nel quale è rimasta incastrata Ilaria Alpi.

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