Da Equilibri.net del 15/09/2005

Somalia: Somaliland, alla ricerca del riconoscimento internazionale

Mentre i riflettori della comunità internazionale sono tutti puntati sul governo provvisorio somalo installatosi a Jahwar e sui suoi tentativi per ristabilire l’autorità e la pace nella parte sud del paese, l’autoproclamata Repubblica del Somaliland, si prepara per le elezioni parlamentari, sperando nel tanto agognato riconoscimento della comunità internazionale.

di Benedetta Marcaccini

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Il mondo in guerra: ieri, oggi, domaniOggiI conflitti dimenticatiSomalia
In seguito alla caduta del regime di Siad Barre nel 1991, la Somalia è caduta nel caos della guerra civile e della secessione, ritrovandosi divisa in tre diverse repubbliche, senza un preciso riconoscimento da parte della comunità internazionale.

Protettorato britannico dal 1884 al 26 giugno del 1960, data della sua indipendenza dalla Gran Bretagna, il Somaliland si unì all’antico protettorato italiano il 1 luglio dello stesso anno dando vita alla Repubblica della Somalia.
Tale unione non sembra aver mai funzionato, soprattutto per ragioni etniche, fino a sfociare nella sanguinosa repressione da parte del regime di Mogadiscio durante la guerra civile del 1988, quando l’attuale capitale Hargeisa fu bombardata e rasa al suolo dai caccia di Siad Barre.
Approfittando del caos seguito alla caduta e alla fuga del dittatore Siad Barre nel 1991, il Somaliland istituì una sorta di congresso nazionale, in cui fu decisa la fine dell’unione con la Somalia e si procedette alla creazione di una repubblica indipendente a partire dal 31 maggio dello stesso anno.
Attualmente il Somaliland è una repubblica parlamentare, con una camera dei rappresentanti e una camera degli anziani e un presidente e un vice-presidente eletti.
Da quando ha proclamato la propria indipendenza, il governo del Somaliland ha sempre cercato di darsi una parvenza democratica e di cercare di dotare il paese di infrastrutture, come un ospedale e due università ad Hargeisa.

Un’economia ancora troppo dipendente dalle importazioni

Spina dorsale dell’economia del Somaliland restano l’allevamento di bestiame, soprattutto caprini, esportato soprattutto nei vicini paesi del Medio Oriente e le rimesse di denaro che arrivano nel paese grazie alla diaspora. Vi si affiancano la debole produzione di pellame e aromi pregiati (soprattutto incenso e mirra). A pesare nella bilancia commerciale sono i notevoli volumi delle importazioni di quasi tutti i beni di prima necessità e di veicoli, materiali da costruzione e carburante, provenienti quasi esclusivamente dai paesi del Golfo.
Nel tentativo di dare una spinta decisiva allo sviluppo economico del paese, il governo del Somaliland ha firmato da poco un accordo con la vicina Etiopia per importare carburante e beni di prima necessità attraverso il porto di Berbera a partire dal 1 luglio 2005. L’accordo è stato siglato in seguito ad una missione commerciale di quattro giorni effettuata dal Ministro delle Entrate etiope, Getachew Belay, che ha ispezionato le infrastrutture portuali, il loro terminal per il petrolio e le strade che collegano il paese alle regioni orientali dell’Etiopia. Il ministro degli Affari Esteri del Somaliland, Edna Adan Ismail, ha dichiarato alla stampa lo scorso 29 maggio che tanto il porto quanto le strade necessitano una ristrutturazione per poter sostenere l’aumentato volume degli scambi commerciali tra i due paesi, aggiungendo che entrambi i governi vorrebbero avvicinare congiuntamente i paesi donatori e le organizzazioni internazionali per cercare un’assistenza finanziaria. Gli scambi commerciali tra i due paesi furono legalizzati nell’agosto 2003, portando alla creazione di postazioni doganali e un impegno congiunto al miglioramento dei collegamenti stradali. Ma da allora gli scambi tra i due paesi si sono sempre limitati soltanto al commercio del qat, sostanza stimolante assai diffusa in quell’area del Corno d’Africa, e di derrate alimentari e bestiame.
Il crescente traffico portuale verso l’Etiopia aumenterà il volume delle entrate del governo del Somaliland, dal momento che il porto di Berbera è attualmente la sua principale risorsa di entrate, grazie al disperato bisogno di Addis Abeba di trovare uno sbocco sul mare in seguito all’indipendenza dell’Eritrea.

Il continuo no all’unificazione

A partire dal referendum del 2001, che chiamava ad esprimersi sulla nuova costituzione, la popolazione del Somaliland ha da sempre dimostrato e appoggiato la sua solidarietà al governo sulla questione dell’indipendenza.
L’attuale presidente della Repubblica, Dahir Riyale Kahin, ha costantemente affermato che l’indipendenza del Somaliland e fuori discussione, e che pertanto eventuali negoziazioni per riportare il Somaliland all’interno della futura confederazione somala non sono una possibilità. Allo stesso tempo, appare anche chiaro che qualsiasi tentativo di costringere il Somaliland alla situazione precedente il 1991, porterebbe soltanto ad un inevitabile conflitto.
Nel frattempo il governo si è dimostrato fermo nella decisione di procedere con le già fissate elezioni parlamentari del 29 settembre. Tuttavia, a causa della mancanza di un censimento nazionale le prossime elezioni potranno risultare falsate. Inoltre appare scontato che gli 82 seggi parlamentari saranno assegnati secondo una logica di clan, piuttosto che su base individuale.
Le elezioni, posticipate dal mese di marzo, sono comunque ampiamente percepite come la fase finale del processo di democratizzazione dell’autoproclamata repubblica, e tale appuntamento sembra arrivare nel momento migliore per aiutare a riportare la fiducia della comunità internazionale nel Somaliland e sostenerne l’immagine di nazione affidabile, fortemente bisognosa di un riconoscimento. In tale prospettiva, per il governo di Hargeisa è imperativo che le elezioni siano percepite come libere e regolari, soprattutto nelle regioni orientali di Sool e Sanaag, dove il controllo del governo del Somaliland non è totale a causa della disputa territoriale con il vicino Puntland, regione che dal 1998 reclama la propria indipendenza da Mogadiscio.

Il risultato dell’appuntamento elettorale potrebbe verosimilmente lasciare il partito dell’attuale presidente, il Democratic United National Party (UDUB), senza una maggioranza in Parlamento, tenendo conto del piccolissimo margine con il quale Dahir Riyale Kahin ha battuto il suo principale rivale alle elezioni presidenziali del 2003. Tale situazione potrebbe significare la necessità, per il presidente e il suo partito, di dover fare concessioni agli altri due partiti del paese, Kulmiye (“unificatore”) e Justice and Welfare Party (UCID).

La comunità internazionale

I paesi donatori hanno recentemente espresso la loro preoccupazione riguardo alla scarsa rappresentazione delle donne all’interno della vita politica della Repubblica del Somaliland, ponendo l’accento sul fatto che su un totale di 246 candidati alle elezioni parlamentari del prossimo 29 settembre, soltanto sette sono donne.
“ La rappresentanza femminile rimane molto bassa e non riflette il ruolo fondamentale che queste giocano nella vita socioeconomica del paese” hanno dichiarato il 5 settembre a Nairobi i membri del Somali Democratisation Programme Steering Committee, in seguito all’ultima missione ad Hargeisa alla fine del mese d’agosto. Il Comitato è formato dalla Commissione Europea (capofila), la War-Torn Societies Project International, la Gran Bretagna, la Danimarca, l’Italia, la Norvegia, la Svizzera e gli Stati Uniti.

A conclusione della sua missione in Somalia, l’Esperto Indipendente sulla Situazione dei Diritti Umani in Somalia, Ghanim Alnajjar, nominato dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan nel giugno del 2001, ha dichiarato che notevoli progressi sono stati fatti grazie al crescente e cruciale ruolo svolto dalla società civile nella promozione e nel rispetto dei diritti umani.
Ad Hargeisa, Ghanim Alnajjar è stato impegnato a monitorare i preparativi per le imminenti elezioni parlamentari. In tale contesto Alnajjar ha intrapreso dei colloqui con i leader dei partiti politici, sottolineando, ancora una volta, la necessità di assicurare spazio alle donne e alle minoranze. L’esperto delle Nazioni Unite ha anche approvato la decisione delle autorità del Somaliland di destinare dei terreni alla periferia della capitale per la costruzione di un nuovo centro di detenzione, permettendo la demolizione della fatiscente prigione centrale di Hargeisa, la quale, costruita nel 1942 con una capacità di 150 detenuti, ne ospita attualmente almeno 700.
Numerosi sforzi sono stati fatti anche per cercare di assicurare il rilascio dei prigionieri di guerra sia in Puntland sia in Somaliland, catturati in conseguenza del conflitto nelle regioni di Sool e Sanag, grazie anche all’appoggio del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC), che ha confermato la sua volontà nel fornire supporto logistico per facilitare lo scambio dei prigionieri, se e quando un accordo finale sarà trovato tra le due parti.

Conclusioni

Se le elezioni si svolgeranno senza problemi, confermando ancora una volta la capacità del paese di continuare nella linea della democrazia e della legalità, l’Etiopia potrebbe davvero fare i primi passi verso il riconoscimento del Somaliland, spingendo anche il resto della comunità internazionale a considerare il problema somalo anche da una differente prospettiva rispetto alla ricostituzione della vecchia Somalia secondo i confini post-coloniali.

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