Da La Repubblica del 29/09/2006

L'organizzazione si sciolse trent'anni fa. Un dibattito su Micromega

Gli ultimi giorni di Lotta Continua

Fra i motivi scatenanti gli incidenti con le femministe durante un corteo

di Nello Ajello

Nel numero di MicroMega che esce oggi è ospitato un dibattito su Lotta continua, a trent´anni dallo scioglimento dell´organizzazione.
Rimini, primi di novembre del 1976. Nel corso del suo secondo congresso, Lotta continua – uno dei movimenti più vivaci della sinistra estrema – si dissolve in maniera che a molti pare inspiegabile. L´Unità, organo di quel Pci che con la compagine politica di Adriano Sofri e Guido Viale non è mai stato tenero, rileva che i congressisti «hanno sostituito le emozioni alle mozioni» e scorge nell´evento una «crisi della militanza di estrema sinistra». Dal suo canto Lotta continua – il quotidiano che, nato del ´72, fa capo al movimento – rinunzia a fornire «un verbale esatto delle emozioni che ci hanno travolti». A Rimini, aggiunge con spontanea iperbole, si sono vissuti «cinque giorni tra la vita e la morte», fra «l´angoscia e la gioia».
Quei giorni di novembre non erano che l´epilogo di una situazione esplosa all´interno del movimento quasi un anno prima, durante un corteo in sostegno della legalizzazione dell´aborto, tenutosi il 6 dicembre 1975. Lotta continua vi partecipò con un proprio striscione. A un certo punto, le femministe che militavano nel movimento cercarono di separarsi dagli uomini, rivendicando una loro autonomia. Il servizio d´ordine di Lotta continua le ostacolò o represse. Sugli incidenti che ne nacquero si sarebbe dibattuto a lungo sia in Lotta continua che nell´intera galassia della sinistra radicale. Così scrisse, a botta calda, il Quotidiano dei lavoratori: «Compagno Sofri, sabato scorso l´avete fatta grossa. E il movimento delle donne non lo dimenticherà». Se ne avrà la prova a Rimini, appunto: lì sarà proprio l´ala femminista del movimento, se non a causare la sua fine, certo a forzarne i tempi.
Nel numero che è oggi in edicola la rivista MicroMega dedica all´evento un diffuso dibattito cui partecipano quattro ex esponenti di Lotta continua: Guido Viale, lo storico Giovanni De Luna, Franca Fossati, femminista storica, lo scrittore Erri De Luca, a suo tempo fra i dirigenti del servizio d´ordine. Tutti d´accordo nel collocare in quel novembre di trent´anni fa l´epilogo del movimento (mentre Lotta continua-giornale resisterà fino al 1981). La discussione verte, invece, sulla diagnosi politica del "caso", sulle sue ripercussioni a breve termine e perfino sulla modalità degli scontri che lo precedettero. De Luna si sofferma, ad esempio, sul rilevante «significato politico e simbolico» dell´incidente del ´75. Ricorda che, in un´assemblea svoltasi a Torino subito dopo, la stessa collocazione dei partecipanti rifletteva una drastica separazione: «In alto c´era la macchia scura degli operai, in basso quella delle donne; poi c´erano gli studenti, che non sapevano dove stare. Nel centro c´era una dirigenza schiacciata dall´incomunicabilità che si respirava in quell´aula». Ne nasce l´esigenza di fare luce sulle responsabilità di questa incomprensione. E qui lo storico accenna a un precedente. Risalendo all´atteggiamento tenuto dal movimento durante la campagna per il referendum sul divorzio (1974), trova che quello fu ritenuto un diversivo per «distrarre gli operai dalla dimensione salariale della lotta»: qualcosa di estraneo ai loro interessi. Si fece poi marcia indietro, e alla rigidità subentrò «un´apertura senza mediazioni»; ma il male era ormai senza rimedio. Operai e femministe «non si parlavano più».
«Sul problema delle donne – incalza Franca Fossati – Lotta continua ebbe una tardiva capacità d´ascolto». E, quando la nascita del femminismo diventò una realtà globalmente accreditata, ecco che esso assurse, per le donne del movimento, «un orizzonte totalizzante», determinando «un cambiamento nella nostra vita e in quella di molti uomini». Una questione dall´evidente «risvolto esistenziale». Si sfasciarono, ad esempio, «molte coppie».
Al riparo di un falso operaismo – qui la testimonianza della Fossati si fa accorata – lo stile di vita nel movimento prendeva «tutti i difetti peggiori della famiglia operaia patriarcale»».
Uno spirito separatista nasceva dai fatti. E ne derivava anche una certa dose di settarismo: «Noi, come tutte le neofite di un movimento, vedevamo le donne che non stavano con noi come traditrici. E fu molto ingiusto e crudele.».
Autocritica? Non è soltanto la Fossati a farne. In prossimità del suo epilogo, sostiene ad esempio Viale – d´accordo, in questo, con De Luna – «il movimento stava perdendo la capacità di capire quello che succedeva nel paese». E, in particolare, «l´esplosione del movimento femminista è stata una contraddizione lacerante, che ha trovato l´organizzazione impreparata». Per capire gli effetti che avrà in Lotta continua la contraddizione uomo-donna, occorre comunque tener presente che fra militanti si svolgeva allora una «vita in comune», animata da una contiguità di sentimenti.
Se non il più polemico, certo il più controversiale fra i partecipanti al dibattito è Erri De Luca. Egli discorda da Giovanni De Luna che vede alla base della decadenza di Lotta continua «l´esaurimento della forza operaia nelle fabbriche». Pone piuttosto alla base della crisi il mancato (benché promesso) sorpasso del Pci sulla Dc alla elezioni del ´76 e le insignificanti percentuali raccolte dalla sinistra extraparlamentare. Lo scrittore quasi non riesce ancora a crederci. «Un´organizzazione rivoluzionaria» ed extraparlamentare «che si lascia scompaginare dal risultato elettorale, è abbastanza ridicolo». A quel punto, le dimissioni del «gruppo dirigente di Lotta continua» erano nei fatti. Anzi, rivela De Luca, erano state decise già un anno prima.
Lotta continua e la violenza. Se quel movimento sia stato o no un incunabolo del terrorismo. Se il suo servizio d´ordine abbia rappresentato o meno un «corpo separato» prendendo la mano al movimento; se i suoi effettivi fossero armati o inermi. Temi scottanti che il dibattito di MicroMega ripropone con efficacia. I reduci si accalorano nel rievocarli. A volte si dividono con nettezza fra autocritici e «auto-innocentisti». Sempre tenendo presente – sono parole di Viale – che fra i militanti d´un tempo «si sono mantenuti poi dei rapporti di forte solidarietà».

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