Da Peace Reporter del 20/02/2006

Saranno risarciti i parenti delle vittime della guerra civile

Il prezzo del dolore

“Uno dei punti più importanti del cammino verso la riconciliazione nazionale e la chiusura dei conti con gli orrori del passato è il risarcimento per le famiglie delle vittime. Adesso lo abbiamo raggiunto, Sono molto ottimista sul futuro dell’Algeria”.
Un lungo cammino. Abdelaziz Belkhadem, leader del National Liberation Front, partito della coalizione di governo in Algeria, commenta così, rispondendo ai cronisti di al-Jazeera, la decisione dell’esecutivo di Algeri, ribadita dal Parlamento, di erogare risarcimenti economici alle famiglie delle persone scomparse durante la guerra civile, e a quelle delle vittime del conflitto. Il provvedimento fa parte di una serie d’iniziative legislative del governo algerino per applicare quell’amnistia generale che vuole chiudere i conti con gli orrori della guerra civile, scoppiata nel Paese nordafricano quando le prime elezioni multipartitiche nel 1991 furono vinte dal Fronte Islamico di Salvezza (Fis). Questo risultato venne dichiarato nullo dall'esercito, che nel 1992 prese il potere con un golpe e mise fuori legge il Fis. Iniziò così un periodo di violenti scontri armati tra le forze governative e le milizie islamiche del Fis clandestino. Alla fine i morti sono stati 150mila e 4880 le persone scomparse secondo le cifre del ministero degli Interni algerino, mentre per l’associazione dei parenti delle vittime sono circa 7mila i desaparecidos. Il conflitto è durato sette anni, fino a quando è diventato presidente Abdelaziz Bouteflika. Quest’ultimo ha sempre indicato al Paese il perdono come unica strada per il ritorno alla normalità e, in più occasioni, ha fornito a tutti i miliziani del Fis l’opportunità della grazia in cambio della resa. La sua tattica ha funzionato, anche se una falange del Fis, nota come il Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento (Gspc), non ha mai accettato di deporre le armi, continuando una guerriglia nelle zone rurali dell’Algeria che ogni anno costa la vita a migliaia di militari e di miliziani. Ma almeno i massacri di civili sono finiti.

Violenza bifronte. Il problema del perdono, e delle stragi commesse, non riguarda però solo i fondamentalisti. L’esercito algerino, nella lotta contro i miliziani, non ha esitato a commettere qualunque abuso sui civili e si è macchiato di crimini efferati. Da quel punto di vista, l’atteggiamento di Bouteflika e del suo governo è sempre stato piuttosto reticente, per non inimicarsi i vertici militari. A dicembre del 2003, grazie alle pressioni delle organizzazioni non governative che si battono per la tutela dei diritti umani, Bouteflika istituisce una Commissione incaricata di far luce sulla sorte dei desaparecidos. I risultati non sono molto convincenti e di militari da processare neanche l’ombra. Dopo più di due anni le associazioni delle vittime e le ong internazionali cominciano a rumoreggiare e Bouteflika, come ha fatto in passato per i miliziani fondamentalisti, decide per la soluzione dell’oblio. Il popolo algerino, il 29 settembre 2005, viene chiamato alle urne per esprimersi con un referendum rispetto alla proposta del governo di cancellare il passato e concedere una sorta di perdono nazionale a chi, durante la guerra civile, si è macchiato di crimini orrendi. Oppure sancire che questi assassini l’avevano fatta franca, a seconda dei punti di vista. Le associazioni per la difesa dei diritti umani e quelle dei parenti delle vittime e dei desaparecidos insorgono, ma la proposta del governo viene approvata a larga maggioranza dagli algerini che, avendo a che fare con una grave crisi economica, vogliono chiudere i conti con il passato. Adesso, come ultima tappa di questo lungo cammino, arrivano i risarcimenti. Quello che appare come un tentativo di guadagnarsi un minimo di appoggio dalle associazioni delle vittime, servirà almeno a stabilire che per l’oblio e l’impunità venga pagato un prezzo. Comunque troppo esiguo.

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