Da Corriere della Sera del 01/05/1978
Editoriale
Una vita da salvare senza ambigui postini
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Le lettere di Moro sono ormai uno stillicidio. Con una puntualità e un'immediatezza di cui da tempo i nostri servizi segreti sono incapaci, i "postini" delle Brigate rosse o quelli che ricevono le lettere di Moro dalle Brigate rosse girano indisturbati per Roma, recapitano i plichi nelle portinerie degli alberghi, all'interno delle auto e nelle cassette postali delle case. Se sullo sfondo non continuasse, assi più inquietante di questa efficienza, la tragedia di un uomo prigioniero, saremmo indotti a sottolineare quanto di incredibilmente grottesco vi sia nelle pieghe minori di questa storia. Come hanno detto la Dc, il Pri, il Pli, il Psdi, il Pci, e amici carissimi di Moro tra i quali il cardinale Pellegrino, ripetiamo che le lettere che stanno piovendo sono moralmente inattendibili, non ascrivibili, né intellettualmente, né come frutto di coscienza, a uno statista che per trent'anni è stato ai vertici dello stato e della nostra vita politica. Siamo arrivati a un tale punto della corrosione della credibilità e del senso di responsabilità che un giornale, proprio ieri, ha potuto annunciare quale sarà la prossima mossa di Moro: una proposta di legge, che arriverà attraverso i soliti, e forse non più oscuri, canali, al Parlamento stesso. Moro proporrebbe una legge per concedere "il diritto di esodo", cioè l'esilio, a quanti si trovano in carcere per motivi "dichiaratamente politici". Ci auguriamo che questa ambigua anticipazione non sia vera. Vorremmo ricordare che, al di là dell'atmosfera pettegola e petulante che ormai pervade Roma, al di là delle battute, della meschina strategia delle voci, di un sotterraneo lavorìo che mira ad indebolire, se non a ridicolizzare, lo Stato, vorremmo ricordare che ci sono altre e ben più ineludibili leggi. Per queste leggi Moro ha condotto anni di battaglie libere e democratiche, e proprio perché non era un intemerato difensore oggi si trova prigioniero, dopo che la sua scorta è stata assassinata. Se, come è stato scritto, c'è "un partito della famiglia", occorre dire con fermezza che dall'altra parte non c'è un partito di becchini o di aguzzini. Sappiamo tutti dove sono i potenziali becchini e i sicuri aguzzini. Anche se è amaro discorrere di schieramenti davanti a un dramma di tale portata, dall'altra parte c'è un'opinione pubblica, c'è un vasto numero di partiti. Questo "schieramento" desidera con tutte le sue forze che sia tentata ogni via per salvare Moro, ma sa che non si può salvarlo spezzando e frantumando le leggi, come se esse non fossero, per volontà parlamentare o popolare, il fondamento della Repubblica. Anziché farci "postini" dei suoi messaggi, vogliamo cercare con umiltà di intuire la volontà di Moro se egli non si trovasse in un atroce stato di necessità. Diciamo, con altrettanto umile certezza, ricordando le sue doti di supremo conciliatore e di instancabile mediatore degli "opposti", che egli ci avrebbe sì indicato di trovare una via più morbida, più umana, di seguire le leggi, ma senza arrivare - come taluno lascia intravedere - al vilipendio e all'abiuro. Sembra giusto aggiungere che la moglie e i figli di Moro meritano la comprensione dei cittadini, la forza morale che uomini come Andreotti, Zaccagnini e Fanfani dimostrano in queste giornate d'angoscia. Ma il Paese si chiede se la legge possa consentire questi ambigui giri di postini o, addirittura, l'apertura di canali d'informazione che consentono di anticipare le mosse delle Brigate rosse. Pensiamo al rigore che è stato applicato su famiglie di gente rapinata, sottoposta a fermi, perquisizioni e addirittura arresti. Quei fermi, quegli arresti, giustamente indignano. La famiglia Moro può, come ha fatto ieri, dissociarsi dalle posizioni della Dc, perché di una moglie e dei figli l'amore può e deve contare più della fredda lettera della legge. Ma è altrettanto vero che non devono esistere "corpi separati" all'interno dello Stato. Lo diciamo "con tremore", per riprendere le parole pronunciate in questi giorni, da un grande filosofo della politica, Norberto Bobbio. Il desiderio e la speranza sono di avere presto Aldo Moro, vivo e libero, senza che pesi su nessuno un vilipendio o un aggiramento delle leggi della Repubblica. Questa Repubblica ai cui valori, oggi 1 maggio, milioni di cittadini guardano come al simbolo di un'uguaglianza che non può essere delusa né rinnegata.
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