Da Il Manifesto del 24/03/1978

Terrorismo e Intellettuali. Contro il ricatto

di Cesare Cases

Dieci anni fa si era in piena rivoluzione culturale e gli intellettuali dovevano negare se stessi; se non pulire i cessi almeno smettere di pontificare e servire il popolo facendogli da "esperti" nel suo processo di appropriazione della cultura. In sostanza era la via giusta, anche se in Cina gli fecero pulire troppi cessi e adesso osannano a Hua-Kuo-Feng. Da noi hanno continuato a pontificare con la cattiva coscienza relativa. La colpa non è tutta loro, è anche delle masse e della formazione di controculture di fronte alle quali essi apparivano sempre più aristocratici, isolati e insieme integrati al sistema, in quanto la sfiducia nella reale efficacia dei gruppi spingeva anche noi della nuova sinistra a scrivere sull'Espresso o sul Corriere. "Cicale", per dirla con Aniello Coppola. Ma se le "formiche" per costui sono coloro che accettano l'unanimità intorno al potere in nome dell'antiterrorismo, meglio le cicale. Moravia e Sciascia. Esse hanno ragione di rifiutare sia il terrorismo che quella presunta unanimità; hanno torto, caso mai, di vedere in questo rifiuto una particolarità degli intellettuali, pervasi di pessimismo storico, mentre dovrebbe essere ovvio per tutti e lo è presumibilmente per una buona maggioranza del popolo italiano, che non sa nulla di pessimismo storico ma vede quel che succede. Non capisco quindi assolutamente come mai Moravia, che a pagina tre del Corriere (20 marzo) esprime questo suo rifiuto bilaterale, a pagina quattro dello stesso numero rispunti tra i firmatari di un appello unilaterale "contro il terrorismo e la violenza". Sono convinto che i firmatari (che stimo, rispetto e venero tutti o quasi) non si rendevano conto della gravità di quel che facevano. Si sa che a furia di firmare uno firma tutto, specie quando si illude così di erigersi a categoria e di trasformarsi da cicala in formica, sfuggendo a Coppola. Questa volta però non bisogna firmare. Abbiamo sempre commiserato gli intellettuali tedeschi, accusati di essere "simpatizzanti" con i terroristi per il solo fatto che non si univano all'esaltazione collettiva. Da noi questo non poteva succedere. Invece è successo di peggio, perché i firmatari dell'appello hanno prevenuto gli accusatori, come se dovessero scagionarsi preventivamente dal sospetto che per gli intellettuali ammazzare la gente a sangue freddo è la cosa più naturale del mondo. Si capisce che così gli accusatori sono stati soltanto stimolati. Se Sciascia avesse fatto la formica firmando a pagina quattro forse avrebbe potuto anche lui fare la cicala a pagina tre senza incorrere nelle ire di Coppola, nonostante fosse un noto pregiudicato. Mi rincresce per Gesù Cristo (almeno secondo Matteo), ma la barbarie comincia con il detto "chi non è con me è contro di me". Nel giro di pochi giorni i mass-media hanno deciso che non c'è alternativa tra il terrorismo e il potere. L'hanno deciso loro, perché in realtà la gente continua istintivamente a ritenere che in mezzo ci debbano essere una quantità di alternative. Fino a quando, se ben pochi l'aiutano e se nel frattempo il potere ci propina quello che vuole in nome di una unanimità presupposta? Firmando quel manifesto, gli intellettuali che credevano di parlare in nome della cultura appoggiavano la barbarie. Né lì salva il fatto che accusino il terrorismo di "creare le condizioni per il ricorso a strumenti illiberali e reazionari", poiché non si tratta di un rapporto causa-effetto ma caso mai di coincidenza oggettiva, di armonia prestabilita dei due termini del ricatto mortale, senza dimenticare che dopo tutto il terrorismo minaccia l'esistenza di singoli, il potere quella di tutti. Se gli intellettuali possono servire ancora a qualche cosa, è a denunciare apertamente questo ricatto, in quanto la loro abitudine all'isolamento permette di farlo anche senza il supporto di forze politiche consistenti, in una situazione in cui le masse non sanno da che parte guardare. E se non vogliono limitarsi a fare le cicale e a pontificare sul pessimismo storico, che firmino pure un appello ma un appello che appunto denunci il ricatto e non lo accetti. Migliaia di non intellettuali vi si potrebbero riconoscere. Il manifesto potrebbe farsene promotore.

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