Da Avanti! del 04/05/1978

Difficile non impossibile

di Bettino Craxi

Continuano ad apparire sulla stampa notizie e riferimenti inesatti in relazione alle posizioni assunte dal PSI di fronte al rapimento dell'on. Moro ed alle possibili vie di soluzione. E' necessario perciò tornare a sottolineare come esse si siano sin dall'inizio sviluppate in coerenza con i principi della nostra tradizione e con il nostro senso democratico dello Stato. La risoluzione adottata dalla Direzione del Partito il 21 aprile 1978 era sotto questo profilo un documento chiaro, impegnato e privo di doppi sensi. In tale risoluzione possono essere ritrovati infatti tutti gli elementi di principio e di metodo che hanno ispirato ed ispirano la condotta dei socialisti. In essa si escludeva ogni “cedimento al ricatto” ma anche “ogni sorta di immobilismo pregiudiziale ed assoluto”, ogni rifiuto “persino alla ricerca di ogni ragionevole e legittima possibilità”. La risoluzione socialista affermava che “possono esistere altre vie che, in forme diverse diversi Stati democratici non hanno esitato ad esplorare” e sollecitava in questo senso “la responsabilità di tutte le forze democratiche” confermando “la sua fiducia nello spirito di sacrificio e di fedeltà alle istituzioni che contraddistingue le forze dell'ordine”. Da questo ambito rigorosamente delimitato è derivata l'idea di una “iniziativa autonoma dello Stato” ispirata da finalità umanitarie, non suscettibile di provocare gravi lacerazioni nel tessuto della legalità e perseguita sulla base di scelte che siano tali da imporsi a chiunque conservi un minimo di ragione e di umanità. Esaminata, nella cornice della legittimità, una pluralità di ipotesi, la nostra attenzione si è concentrata sull'eventualità di un atto di clemenza che non potrebbe essere rivolto a chi, direttamente o indirettamente, si sia macchiato di delitti di sangue. Indicata in linea di principio e di metodo la via di una iniziativa umanitaria, il PSI si è limitato sino ad oggi a formulare consigli quando espressamente richiesti spettando in primo luogo alla DC il compito e la responsabilità d'iniziative che essa ha già assunto e intende ancora assumere. Questa condotta di riservatezza e di rispetto non ha eliminato la esigenza della massima concretezza. La concretezza deve potersi ricavare dai dati della realtà. Uno di questi, significativo, è parso ricavabile dall'ultima lettera dell'on. Moro nella quale si legge un riferimento ad “altra persona” che dovrebbe riacquistare la libertà mentre l'innocente potrebbe avere salva la vita. Hanno un senso queste due parole “altra persona”? Non lo sappiamo. In ogni caso l'atto di clemenza è una via praticabile che va approfondita ed eventualmente regolata con la possibile e ricercata soluzione del caso. Se si dimostrasse una via illusoria, e speriamo che così non sia, solo un animo malvagio potrebbe imputare allo Stato di aver tentato, sino all'ultimo e con ogni mezzo consentito, di salvare la vita di un suo cittadino così come imperativamente prescrive un principio fondamentale della Costituzione. Le polemiche di questi giorni, pregiudiziali, astiose e forsennate non hanno risparmiato nulla di ciò che abbiamo letto o fatto o solo pensato. E' il caso del problema delle carceri speciali. Così come ci hanno accusato di volere la rovina dello Stato, il nostro interessamento al problema delle carceri speciali ci è costata l'accusa di voler tornare al regime delle “evasioni facili” che precedette la loro istituzione. La verità è che il nostro interessamento preesisteva al caso Moro ed era mosso da ragioni giuridiche ed umanitarie proprie. L'affermazione dei brigatisti secondo cui queste ultime sarebbero assimilabili a “lager” è semplicemente grottesca. Tuttavia, l'esistenza di discriminazioni verso i detenuti nelle carceri più sicure è un fatto incontestabile, un fatto che ha sollecitato severe denunce da parte dei magistrati di sorveglianza (l'ultima, a carattere collettivo è stata presentata al Consiglio superiore della Magistratura il 14 aprile), allarme nella pubblica opinione più avvertita e l'interessamento di Amnesty International. Correggere talune storture senza ridurre la vigilanza esterna, che ha dato buona prova, è dunque doveroso e rappresenta un obbligo di legge. La legge di riforma non consente infatti, trattamenti differenziati e fa riferimento a una concezione sempre umana del carcere su cui talune prassi possono incidere negativamente. In ogni caso lo Stato ha il dovere di muoversi in questa direzione applicando scrupolosamente le sue leggi. Un confronto più diretto della nostra iniziativa con le opinioni di altre forze politiche ha fatto emergere ieri elementi che giudichiamo in modo positivo. Noi appoggiamo l'iniziativa che la DC ha avviato. Ciò che importa è che ogni iniziativa, oltre che legittima, si muova nella giusta direzione e risulti efficace. Siamo tornati ad assicurare il nostro appoggio al Governo che deve essere consapevole di avere una altissima responsabilità. Non è da noi che in questi giorni sono venute minacce di crisi. Abbiamo vivamente apprezzato le posizioni assunte dal Presidente del PSDI Giuseppe Saragat coincidenti con le nostre e quelle del Segretario Romita che si muovono nella stessa direzione. Ci sforziamo di comprendere meglio la posizione attuale del PCI. Apprezziamo la pacatezza di una nota repubblicana di oggi, comprendiamo alcune preoccupazioni, ma non possiamo accogliere l'invito a desistere. Anche quando questo è sembrato un peccato mortale noi non abbiamo perso la speranza che continuiamo a tenere viva anche se tutto è così difficile e così assurdo come ci ha scritto l'onorevole Moro che speriamo possa leggere di questa viva e diffusa speranza.

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