Da La Repubblica del 28/03/2004

Intervista con Emanuele Macaluso

Come risponde il Pci al comunicato delle Br

ROMA - Senatore Macaluso, lei fa parte della direzione del Pci. E' d'accordo con la definizione che da molti è stata data del messaggio numero due dei brigatisti, e cioè che si tratta di un'accozzaglia di argomenti più o meno deliranti? “Non c'è dubbio che questo documento, a parte il delirio, in effetti usi argomenti fra i più contraddittori. Da un canto esalta il terrorismo e la violenza, dall'altro lamenta l'esautoramento del Parlamento da parte dei partiti: sostiene un presunto internazionalismo proletario attraverso l'unità di tutte le centrali terroristiche ma anche mescola insieme i guerriglieri dell'America Latina e i cattolici nazionalisti dell'Ira; e potremmo continuare”. Una parte dell'opinione pubblica sostiene che certe argomentazioni politiche dei brigatisti coincidono in larga misura con quelle che, fino a non molto tempo fa, esprimeva la sinistra storica. “La differenza non sta solo nel fatto che noi abbiamo sempre combattuto il terrorismo e la violenza; ma anche nel fatto che abbiamo considerato essenziale la costruzione di un partito di massa con larghe radici e partecipazioni della classe operaia, e abbiamo lavorato per un sistema di alleanze sociali e politiche tali da rendere possibile una lotta democratica e socialista. Essenziale è stato, per un rapporto reale, non verbale, con la classe operaia, le masse lavoratrici e il popolo. Quindi, le argomentazioni politiche dei brigatisti non coincidono con quelle che sono state le nostre, appunto per questa profonda differenza di base sociale a cui richiamarsi e di strategia di avanzata al socialismo da proporre”. I brigatisti accusano Moro di aver fatto parte di un governo che venne sostenuto da voti fascisti: di essere stato segretario della Dc quando venne varato il governo Tambroni; di aver promosso il centrosinistra per dividere le forze popolari; di aver frapposto i famosi “omissis” quando si cercò di far luce sul caso Sifar-De Lorenzo. Queste accuse le mossero a suo tempo anche i comunisti e gran parte della sinistra italiana. “Anche qui c'è una differenza sostanziale. In effetti noi abbiamo criticato, spesso duramente, l'on. Moro, come dirigente della Dc, per le scelte fatte negli anni trascorsi; ma lo abbiamo fatto non per distruggere la Dc, e tanto meno per attaccarla col terrorismo e con la violenza, ma per far maturare nel suo interno contraddizioni, possibili per il carattere di questo partito; tali da spingerlo verso una collaborazione con la sinistra e quindi anche con il partito comunista. In ogni momento della nostra battaglia nei confronti dei governi della Dc, e quindi anche nei confronti di quelli presieduti da Moro, insieme con la polemica abbiamo sempre avanzato proposte positive per una collaborazione. Ricordiamoci che Togliatti propose, negli anni '50, una nostra astensione di fronte a un “governo democristiano di pace” che, pur restando nel Patto atlantico, di fronte al pericolo allora grave di una guerra atomica, avesse avuto un'iniziativa positiva per la distensione”. Il comunicato numero due dimostrerebbe, secondo l' ”Unità”, che i brigatisti si sentono isolati, e ciò sarebbe avallato dal fatto che essi riprendono una serie di tematiche che furono, sia pure in modo diverso, patrimonio del Pci; ma si può anche pensare che invece i brigatisti ritengano che in questo momento vi sono vasti settori della sinistra convinti che la politica del Pci non abbia sbocchi e pronti quindi a seguire le suggestioni delle Brigate rosse. “Ha Già detto che le tematiche che furono patrimonio dei comunisti non hanno lo stesso segno di quelle sbandierate oggi dai brigatisti. Mi pare giusta l'opinione de L' “Unità”: si sentono isolati non solo perché ci sono state in questi giorni grandi manifestazioni operaie e popolari; ma anche perché negli stessi gruppi di giovani che dissentono dalla politica del Pci si è manifestato un netto rifiuto del terrorismo e della violenza. E' vero che gruppi di giovani sono convinti che la politica del Pci è sbagliata; ma la discussione che si è accesa in proposito mette e metterà sempre più in evidenza che oggi in Italia c'è solo un'alternativa: o vince la democrazia o, sulla sconfitta di questa, non può che venire un regime autoritario di destra che negherà le libertà politiche, sindacali e civili conquistate in questi anni. Una terza via non c'è. Il confronto, e anche lo scontro, sono contenuti che questa democrazia deve avere. Esso è aperto anche all'interno dei cinque partiti che hanno dato vita alla nuova maggioranza”. Ma molti giovani pensano che ci sia una “via rivoluzionaria”. “Non sottovaluto il fatto che ci siano oggi gruppi di giovani e di lavoratori che pensano ci sia una terza via; quella della conquista del potere attraverso l'insurrezione armata. Con essi occorre discutere con fermezza, ma apertamente. Anzitutto c'è da dire che le rivoluzioni - anche armate - non si preparano col terrorismo e non sono guidate dai terroristi; solo degli avventurieri o degli sprovveduti, inoltre, possono pensare che in un paese come l'Italia, nell'Europa occidentale e nel blocco della Nato, ipotesi di questo tipo siano minimamente credibili. La conclusione di una tale ipotesi non potrebbe che essere una feroce dittatura di destra, sostenuta da tutte le forze reazionarie nazionali e internazionali”. Ma un dibattito politico in proposito e questa stessa sua intervista, non rischiano di dare dignità politica ad un gruppo che anche voi comunisti definite di criminali? “Questo pericolo c'è. Ritengo però che nel momento in cui noi denunciamo - e dobbiamo farlo sempre di più - l'azione terroristica, sanguinaria e criminale delle Br, dobbiamo al tempo stesso condurre una battaglia politica , culturale, ideale, affinché le centrali terroristiche non possano giovarsi di consensi, tolleranze, o anche neutralità”. In sostanza, secondo lei, che cosa vogliono in realtà le Br? “Da piazza Fontana ad oggi il terrorismo, pur avendo matrici diverse, ha mirato sempre a destabilizzare la democrazia. Perciò ritengo che le Br trovino sostegno da parte di tutte quelle centrali nazionali e internazionali che dal '69 ad oggi si sono poste questo obiettivo. Negli anni '69-'70-'71 c'era un movimento eversivo fascista con agganci di massa e con un chiaro obiettivo: creare panico e disordine per chiedere, poi, ordine reazionario. Subito si stabilì una convergenza tra le diverse centrali fasciste, apparati statali e centri internazionali: si ricordino gli aiuti, anche finanziari, dati dall'ambasciatore Martin al generale Miceli. Oggi il terrorismo cerca di determinare panico e sfiducia nello Stato e senso d'impotenza tali da sollecitare ancora una volta interventi di forza che nel clima che si spera di stabilire portino sempre all'ordine reazionario. Per questo ho detto che una terza via non esiste”. Lei esclude che ci siano dei brigatisti, i quali in buona fede, pensino di essere dei comunisti “rivoluzionari”? “Ritengo che tra le Br ci siano anche questo tipo di 'rivoluzionari', che noi dobbiamo combattere con vigore. Ma ritengo anche che ci siano altri che consapevolmente lavorano per destabilizzare la democrazia con l'obiettivo della dittatura di destra. D'altronde non c'è questa incompatibilità fra queste due componenti: perché anche coloro che abbiamo definito 'rivoluzionari' pensano che una dittatura di destra sposterebbe forze proletarie sul terreno “rivoluzionario”, sottraendole così all'influenza riformista del nostro partito”. Avete sempre detto che in Italia le cose vanno riviste a fondo. Avete scelto, per questo, la via della collaborazione democratica. Quali sono i tempi presumibili per raggiungere questo obiettivo? “Confermo che è necessario, anzi indispensabile, che le cose vadano riviste a fondo: nell'economia, nella scuola, negli apparati statali, negli squilibri sociali, nel risanamento della vita pubblica, affinché non si ripetano scandalosi episodi di corruzione che hanno provocato sfiducia nel paese. Operare questa svolta non è facile; sappiamo che sono ancora forti e radicate le forze che vi si oppongono. Sì, ci vorrà pazienza, ma non rassegnazione; e il realismo non deve mai diventare cinismo. Nelle settimane e nei mesi prossimi avremo alcune scadenze su tutti i punti del programma di governo concordato. Il banco di prova della nuova maggioranza sarà nel modo in cui affronterà l'eversione e il terrorismo, ma anche nel modo in cui si affronterà l'emergenza nell'economia e negli altri settori della vita pubblica”.

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