Da La Repubblica del 07/04/1978
Intervista a Luciano Lama segretario della Cgil
Alle Br nessuna tregua
di Mario Pirani
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Roma - "Quelli che abbracciano la teoria "né con lo Stato né con le Br" non possono far parte della Federazione sindacale unitaria: o se ne vanno o debbono essere messi fuori". Così afferma Luciano Lama in una nuova intervista al nostro giornale. Il segretario generale della Cgil giudica negativamente l'idea di organizzare dei gruppi operai di vigilantes, ma afferma anche:"Siamo in un momento drammatico di scelta come durante la lotta antinazista. Se polizia e carabinieri sono scarsamente efficienti, questa è una ragione di più per intervenire". Deve prevalere una concezione omogenea dell'impegno sindacale contro il terrorismo. Fra noi e la violenza, fra le Br e la classe operaia, ci deve essere la stessa frattura politica e ideale che c'era tra partigiani e brigate nere. Non è più tollerabile qualsiasi firma ambigua di connivenza con la pratica della violenza e del terrorismo". Lama ha anche sottolineato il nesso tra lotta contro la violenza e comportamenti sindacali a proposito delle polemiche sollevate dall'intervista di Benvenuto sull'Alfa. "Benvenuto ha perfettamente ragione e chi lo attacca non solo non condivide la linea approvata all'Eur, ma dimostra di non capire che cosa dev'essere il sindacato oggi, di non capire che con la nostra forza possiamo fare del bene, ma anche un gran male a questo paese!". Luciano Lama ancora una volta risponde senza mezzi termini alle nostre domande e coglie senza perifrasi diplomatiche la connessione che vi è tra lotta contro la violenza e comportamenti sindacali. Da questo punto di vista le reazioni all'ultima intervista del segretario della Uil sono un test estremamente significativo. Una bordata di critiche ha accolto, infatti, la sua richiesta di un impegno di fondo per salvare l'Alfa Romeo consentendo una libera ripresa della mobilità interna e degli straordinari in cambio di un continuo controllo del sindacato sulla situazione economico-produttiva della società, attraverso un comitato di emergenza con poteri di verifica sia sui bilanci che sull'andamento aziendale. "Non so se l'idea del comitato di emergenza sia proprio la più valida. Ma il problema non è questo. La proposta di benvenuto va giudicata in un contesto che vede il terrorismo all'attacco per sovvertire i pochi punti di equilibrio che ancora ci restano, per gettare il paese in un caos rovinoso da cui uscirebbe solo un ordine autoritario di destra e non certo una palingenesi rivoluzionaria. Ebbene, in una situazione del genere chi respinge ogni iniziativa di risanamento economico, finisce per produrre il combustibile sociale, il brodo di coltura, delle brigate rosse". Non le sembra che i critici di Benvenuto, in primo luogo i tre segretari della Fim, Galli (pci), Mattina (psi), e Bentivoglio (dc), siano preoccupati che all'Alfa come in altre aziende, un'eccessiva disponibilità del sindacato porti ad una perdita delle conquiste realizzate dal sindacato dal '68 in poi? "La linea dell'Eur, di cui l'iniziativa di Benvenuto è la logica prosecuzione, trova alcune resistenze soprattutto a livello di categoria (a Milano fra i metalmeccanici sembra si delinei viceversa un consenso). In realtà questo è il frutto di un malinteso spirito di difesa dei valori da conservare, che porta a confondere posizioni superate, pseudo conquiste incompatibili con la situazione e conquiste reali che, invece, vanno mantenute e difese. Alcune reazioni denotano una assoluta mancanza di capacità selettiva e quei compagni che si ergono a gelosi custodi di certe conquiste, come se avessero un tesoro dentro uno scrigno da conservare, non si accorgono che montano la guardia ad un mucchio di cenere. Ma si vogliono una buona volta rendere conto che quando una fabbrica come l'Alfa - e non solo l'Alfa ma tante altre aziende pubbliche e private - perde 140 miliardi all'anno e più di 700 mila lire su ogni auto prodotta, l'unica cosa da fare è d'impegnarsi davvero ad aumentare la produttività? A meno che non si abbia in mente un'inattuabile e assurda prospettiva protezionistica. I critici della linea dell'Eur sembrano ignorare che il potere sindacale deve essere utilizzato per controllare seriamente l'organizzazione del lavoro, per costringere il patronato assenteista ad una politica d'iniziativa produttiva, ma non certo per difendere principi superati che portano alla paralisi e alla morte delle aziende. Quando fabbriche e società perdono miliardi e miliardi ogni anno, o si contribuisce a risanarle oppure è più onesto dire che le si vogliono far vivere parassitariamente alle spalle di altri operai e di altri imprenditori". Non mancano da parte della sinistra sindacale critiche d'altro genere. In particolare in varie assemblee è emersa una certa riluttanza ad impegnarsi contro il terrorismo. Come pensa si debba rispondere a chi teme un appiattimento eccessivo del sindacato a difesa di questo Stato? "Il dissenso all'interno delle nostre file è più che legittimo e così la critica al governo e al malgoverno. Ma non è questo il punto: lo Stato rappresenta valori costituzionali essenziali e in primo luogo le libertà democratiche e sindacali che ci siamo conquistati. Per questo pensiamo che coloro i quali abbracciano lo slogan "né con lo Stato né con le Br" non possano far parte della federazione unitaria: o se ne vanno o debbono essere messi fuori". Anche se in forme meno rozze, il rifiuto di identificare l'impegno democratico con la difesa dello Stato è, però, un tema anche al centro del dibattito culturale. Da questo punto di vista la sua posizione non rischia di apparire troppo drastica? "Sarà forse perché non mi considero un intellettuale che non riesco in questa vicenda a sentirmi neutrale. Appartengo a una generazione che ha assorbito il principio dell'impegno civile e politico dalla famiglia, dalla lotta partigiana, dalla battaglia politica e sociale. Siamo una generazione che non ha mai fatto del suo pericolare la sua ragione di vita. Per questo non posso confondere la paura con il coraggio o accettare che la paura diventi una bandiera su cui si misura il livello civile. Quando gli intellettuali, gli scrittori, i poeti, discutono attorno a queste cose, le loro opinioni sono discutibili come quelle di qualsiasi cittadino. Non essere d'accordo con Sciascia o Moravia in questi campi non può diventare un peccato mortale". A volte l'impegno del sindacato contro la violenza si riduce ad una petizione di principio, tanto è vero che in certe agitazioni forme “dure” di pressione vengono utilizzate tranquillamente. Ad esempio come vanno giudicate le espulsioni dei dirigenti aziendali durante l'ultima vertenza Italsider? "Sono episodi di violenza estranei allo spirito del sindacato, così come lo sono le violenze compiute in alcune assemblee per togliere la parola ai sostenitori della linea dell'Eur." Nei giorni scorsi lei ha detto che se centomila lavoratori aprissero gli occhi e si guardassero attorno, le cellule dell'eversione brigatista sarebbero assai più facilmente individuate. Pensa forse ad un corpo di centomila vigilantes operai? "No, affatto. Vigilantes o comitati di fabbrica restringerebbero un'azione che dev'essere di massa e la più generalizzata possibile per isolare e sconfiggere il terrorismo e la violenza. E' un impegno che deve partire dal riconoscimento che aree importanti di cittadini, anche se non simpatizzano per le Br, si considerano però neutrali. Quanti son pronti a dare l'allarme e a non voltare invece la testa dall'altra parte se vedono qualcuno tirare una molotov o nascondere la pistola sotto al maglione? Quanti per indifferenza o paura evitano di denunciare i violenti? Ebbene è ora di dire che un lavoratore che si comporta così no è un collaboratore cosciente e finisce per collaborare con l'eversione. Occorre invece una partecipazione di massa ed anche individuale per salvare le istituzioni così gravemente minacciate". Ma questo non è compito della polizia e dei carabinieri? "Oggi siamo in un momento drammatico di scelta come durante la lotta antifascista e nazizta. Il compito è di tutti e di ognuno, e se polizia e carabinieri sono scarsamente efficienti, questa è una ragione di più per intervenire. Quella che deve prevalere è una concezione omogenea nell'impegno conto il terrorismo nel sindacato. Fra noi e la violenza, fra Br e classe operaia ci dev'essre la stessa frattura politica e ideale che c'era tra partigiani e brigate nere. E come non è neppure concepibile che in una assemblea democratica qualcuno si alzi per giustificare il fascismo, così non è più tollerabile qualsiasi forma di ambigua connivenza con la pratica della violenza e del terrorismo". Non teme, però, che anche con le migliori intenzioni, ci sia il pericolo di trasformare il sindacato in un puro supporto delle istituzioni e di stemperare ogni sua capacità rivendicativa nei confronti del governo? "Se limitassimo la nostra azione solo alla lotta contro il terrorismo faremmo un regalo proprio ai dissennati teorici delle Br. Noi dobbiamo invece riprendere subito l'iniziativa per l'occupazione, il Mezzogiorno, gli investimenti. Abbiamo bisogno assoluto di alcuni risultati concreti e fisseremo le linee di lotta nel direttivo della federazione unitaria la settimana prossima". Da parte di alcune componenti della federazione, specialmente dalla parte della Cisl, vi viene mossa la critica di un eccessiva propensione ad appoggiare il governo perché è sostenuto dai comunisti. La questione verrà risollevata certamente anche nelle prossime riunioni. Come risponderete? "Certamente riconosciamo che il quadro politico odierno costituisce una premessa per una maggiore sensibilità nei confronti dei problemi dei lavoratori. Ma detto questo, il giudizio resta affidato ai fatti concreti. Il programma ultimo di Andreotti contiene affermazioni di principio assai migliori di quelle che ci erano state presentate in un primo momento. Il problema a questo punto è quello degli strumenti operativi e della gestione immediata. Vogliamo sapere con precisione quanti miliardi ci sono realmente da spendere nel '78 e in quali settori, vogliamo che vengano realizzate svolte effettive nelle partecipazioni statali, che si fissino i programmi di possibile risanamento delle imprese, che ci venga presentato un vero piano chimico con una definizione del problema Montedison, che si avviino alcuni progetti di sviluppo agricolo e industriale nel mezzogiorno. Non vogliamo indeterminati elenchi che lasciano il tempo che trovano, ma precisi impegni di gestione. Su questo siamo pronti a chiamare il sindacato a lottare".
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