Da L'Unità del 17/04/1978
Editoriale
Straordinario sussulto democratico.
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Gli italiani si stringono a difesa della Repubblica. Si è formata in Parlamento la nuova maggioranza In molte città gli operai abbandonano le fabbriche prima ancora della proclamazione dello sciopero generale - Immense folle alle manifestazioni Serrata caccia nella capitale al commando (composto da numerose persone) che ha assalito a raffiche di mitra le auto del presidente DC e della scorta Uno dei killer parlava tedesco? - Un piano minuziosamente preparato - Il dibattito a Montecitorio - Votata con urgenza la fiducia al nuovo governo Se i criminali che hanno ideato e attuato il tragico agguato di Roma calcolavano di impaurire e dividere gli italiani, di creare uno stato di smarrimento e di confusione, così da scavare un solco tra le masse e le istituzioni democratiche, ebbene si sono sbagliati. Ciò che è accaduto ieri, subito dopo il rapimento di Aldo Moro e l'efferato massacro della sua scorta, è qualcosa che emoziona. L'Italia è davvero un paese straordinario. Nello stesso momento in cui i segretari dei partiti democratici si dirigevano verso Palazzo Chigi dove erano convenuti anche Lama, Macario e Benvenuto, le vie e le piazze delle città italiane si riempivano quasi spontaneamente di cortei operai, gli studenti lasciavano le aule per riunirsi in assemblee di condanna del terrorismo, gli uffici si vuotavano. La realtà è questa: paese reale e paese legale si scaldavano in un vero e proprio sussulto di difesa dello Stato democratico. Non sono parole. La cronaca di quelle ore parla da sola. Così, mentre in centinaia di imponenti manifestazioni le masse popolari, strette intorno ai dirigenti sindacali e agli esponenti dei partiti costituzionali, esprimevano il loro sdegno e la volontà di difendere la convivenza civile, le Camere decidevano di portare avanti, in tempi accelerati, il dibattito sulla fiducia. Nella notte, il governo, forte di una maggioranza nuova, che comprende anche il PCI, era già posta nella pienezza dei suoi poteri, e quindi in grado di fronteggiare l'emergenza. L'immagine che l'Italia, la classe operaia, le grandi masse lavoratrici, i giovani, gli studenti, e tutto il popolo hanno sofferto nella giornata di ieri, è - lo diciamo senza retorica - una immagine che trova riscontri soltanto in altre ore gravi della nostra storia recente, quelle nelle quali la coscienza popolare ha saputo reagire alle sfide reazionarie spontaneamente, d'istinto, prima ancora che le giungesse l'appello dei sindacati e dei partiti. C'era qualcosa che ricordava il 14 luglio del 1948, l'attentato a Togliatti. Da Torino a Bologna, da Firenze a Roma, da Napoli a Palermo si accavallavano al giornale le telefonate. La radio ha appena finto di trasmettere la notizia della imboscata mortale alla scorta e del rapimento dell'on. Moro, e già i primi cortei operai si formano, escono dai grandi stabilimenti, dilagano nelle strade e nelle piazze. Si svuotano le fabbriche FIAT, quelle dove in passato era stata colta con allarme - e anche ingrandita da una certa letteratura del catastrofismo - qualche zona di insensibilità e disorientamento. Non vi è città, piccola o grande, dove i primi a muoversi non siano i lavoratori delle fabbriche. Vanno in migliaia a manifestare il loro sdegno per il massacro di Roma, e la loro solidarietà con il partito della DC, colpito nella persona del suo massimo dirigente: Aldo Moro. Un partito e un uomo dai quali, forse, la maggioranza dei manifestanti si era sentita divisa in tante aspre battaglie. Ma proprio questo dà il segno dello scatto che si è determinato nella coscienza politica di massa: non si è trattato solo di umana solidarietà ma della comprensione piena che chiunque, indipendentemente dalla sua collocazione politica e sociale, viene fatto bersaglio del terrorismo, in lui si colpisce la condizione prima di qualsiasi rinnovamento, cioè la democrazia. E questo tanto più per uno statista come l'on. Moro, uno degli uomini più prestigiosi e rappresentativi della Repubblica. La gente ha ben capito perché si è voluto colpire quest'uomo, e colpirlo nel giorno stesso in cui si formava in Parlamento una maggioranza nuova, decisa ad affrontare l'emergenza. E' tutta la società italiana che ha saputo esprimere ieri qualcosa di così forte e positivo da sorprendere. Pensiamo al sentimento che ha spinto tanti giovani a riunirsi, a discutere, in assemblee tese ma finalmente democratiche, anche in scuole dove vigeva fino a ieri la prevaricazione delle minoranze estremiste. Come sarebbe possibile sottovalutare l'importanza delle assemblee, affollate e combattive, che si sono svolte in molte facoltà dell'università di Roma, dove le posizioni degli estremisti - del resto divisi tra loro - sono state isolate e battute? Un segno nuovo è venuto anche da queste regioni tormentate della nostra geografia sociale, dove si combatte da tempo una battaglia logorante contro il nullismo, la violenza, il sovversivismo piccolo-borghese, e, insieme contro lo stolido conservatorismo. Anche lì il legame con la democrazia è più profondo di quanto non si pensi, e regge il terreno su cui far crescere una nuova ricomposizione unitaria che, finalmente, ridia peso politico alle nuove generazioni. La giornata di ieri ha detto dunque molte cose, sulle quali bisognerà che riflettiamo tutti. Un sussulto democratico ha scosso il paese. E nel Parlamento si è costituita una nuova maggioranza che, per la prima volta dopo 30 anni, vede la partecipazione del partito comunista. L'emergenza c'è. Ma ci sono anche le forze e gli strumenti politici per dominarla. Partiti e popolo hanno parlato lo stesso linguaggio. Hanno espresso la loro determinazione a continuare, a fare il proprio dovere, senza lasciarsi intimidire, senza avere paura, opponendo al partito del terrore il fronte compatto di chi vuole vivere nella democrazia e nella tolleranza. Ecco perché, ci sentiamo di poter dire, senza retorica, che i nemici della democrazia non passeranno, non possono passare. A differenza di quanto accade altrove, da noi l'azione criminale di ieri non ha vuotato le piazze, non ha spinto la gente a chiudersi in casa. In Italia, la democrazia è, nonostante tutto, forte, viva, di massa. Saprà resistere e vincere.
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