Da L'Unità del 22/04/1978
Editoriale
Il partito della trattativa
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Quello che ormai i giornali chiamano “il partito della trattativa” è venuto avanti, preme, ha precisato il suo volto. In queste ore drammatiche, nelle quali l'odiosa minaccia alla vita di Moro viene utilizzata per giocare una partita terribile sulla pelle della nostra Repubblica, noi pensiamo che si debba andare a vedere con assoluta chiarezza che cosa c'è dentro questo partito. Perché non è possibile che persone diversissime (molte delle quali degne di ogni rispetto) e disegni politici perfino opposti si nascondano o si confondano dietro un sacrosanto ma troppo facile ricorso ai sentimenti. Questo è un momento grave. Bisogna parlare chiaro e ognuno deve assumere la responsabilità dei propri atti. La gente deve sapere quali conseguenze pagherà per questa o quella scelta. Bisogna guardare in faccia la realtà. E vedere che i terroristi vogliono una trattativa che li legittimi e, insieme, umili la repubblica, frantumi il patto della convivenza civile. E' rispetto a questa che bisogna prender posizione, è inutile fingere di non capirlo. Dal coacervo di forze eterogenee in cui si struttura il partito della trattativa, emergono tre componenti fondamentali. La prima è data da coloro che puntano chiaramente e apertamente alla destabilizzazione, e fanno dell'attacco alle istituzioni democratiche il loro obiettivo dichiarato: liberare Moro per liberare Curcio: umiliare la democrazia per aumentare lo sfascio e creare nuovi spazi all'eversione. Sono finti umanitari. Hanno applaudito ogni delitto delle BR e ancora ieri nascondevano sul loro giornale Lotta continua l'assassinio della guardia di Milano. Ed è ripugnante il cinismo con cui adesso si proclamano difensori della vita di Moro, un uomo che essi disprezzano e odiano. Giungendo all'infamia di un titolo come quello di ieri (“Ora la vita di Aldo Moro è nelle mani di Benigno Zaccagnini”), che a buon diritto potrebbe definirsi il comunicato n. 8 delle Br; giacché non solo prosegue e rende più esplicito il ricatto del comunicato n. 7, ma perché tenta un'operazione ancora più sordida, quella di speculare sulla coscienza di un uomo che si sa esposto a un tormentoso travaglio interiore. E noi, pur rispettando le ragioni che possono averli mossi a sottoscrivere l'appello di Lotta continua, ci domandiamo con che animo certi uomini di cultura e certi religiosi abbiano letto ieri le loro firme sotto quel titolo indegno. La seconda componente del partito della trattativa raccoglie forze che sembrano obbedire a calcoli politici di parte, che non tengono conto della dimensione vera dei problemi da fronteggiare. Non e così? Ma allora bisogna stare attenti, molto attenti a non trasformare l'appello umanitario per la salvezza di Moro - un appello che è di tutti e che deve tendere a isolare i terroristi per metterci con le spalle al muro - in uno strumento di lotta contro la DC. Si vuole rendere il più pesante possibile il dovere che la DC, come partito di maggioranza relativa, come partito di governo, ha di difendere la Costituzione e lo Stato democratico? Ma con quale vantaggio? Qualche voto cattolico? Qualche nuova combinazione politica? Stiamo attenti perché il risultato di un cedimento e di una lacerazione della DC sarebbe - per contraccolpo - la crisi del suo gruppo dirigente, al posto del quale si insedierebbe qualcuno capace di governare autoritariamente una situazione di crisi democratica. E stiamo anche attenti a non accarezzare il tentativo di isolare il PCI, presentandolo all'opinione pubblica come un partito malato di statolatria, insensibile alla vita del singolo cittadino: magari, al limite, per prepararsi ad addossargli la colpa della morte di Moro, se il presidente della DC dovesse essere assassinato dai suoi aguzzini. A chi gioverebbe una simile manovra, destinata peraltro a fallire sol che si guardi all'animo della gente e alla domanda di serietà e di rigore che viene dal paese? Essa potrebbe solo seminare motivi di divisione, far leva sulle condizioni emotive create in certa base dc dalla terribile incertezza sulla sorte di Moro per sollevare dissapori, sospetti, rotture. Ma questo vorrebbe dire avvelenare la vita politica, portare ostacoli seri al cammino delle forze democratiche, vanificando quell'impegno comune che è assolutamente vitale, necessario, per trarre il paese da questa drammatica stretta. Per dirla con Repubblica, il risultato sarebbe quello di offrire “comunque un punto d'appoggio a chiunque coltivi il disegno di precipitare la crisi”. Infine, la terza componente. E' quella dei familiari e degli amici di Aldo Moro. Ad essi non ci sentiamo certamente di muovere rimproveri. Siamo di fronte a un tumulto di sentimenti dai quali il calcolo è escluso, e di fronte ai quali, nell'orizzonte del dramma privato, sentiamo che sarebbe difficile persino parlare. Vogliamo dire solo poche parole, sperando che ci si comprenda. Pochi come noi, che siamo stati sempre - lo possiamo ben dire - i suoi interlocutori più leali, sia nella lotta sia nella collaborazione, pochi come noi sanno qual è il valore della vita di un uomo come Aldo Moro e si può ben capire con quale animo speriamo nella sua salvezza. Per noi questo tema è davvero scottante. Siamo agli antipodi del cinismo di Lotta Continua, o del calcolo politico di altri che sempre hanno considerato Moro come il loro peggior nemico, o della furbizia crudele di chi arriva al punto di proporre come protagonista della mediazione l'uomo che da più di un mese vive in balia dei suoi rapitori. E' la proposta dell'avvocato dei brigatisti. L'idea è davvero perfida. Si propone come mediatore proprio la vittima, colui che vive ogni minuto con la pistola alla nuca, senza la minima considerazione delle immaginabili coercizioni psicologiche e morali cui è sottoposto. E tutto questo perché, costruendo un penoso scontro tra la DC e il suo presidente, le Br possono realizzare l'obiettivo cui tengono di più, cioè la loro legittimazione politica, la loro vittoria sulle forze democratiche, cioè sulle idee stesse di Aldo Moro. E per di più si cerca, in questo modo, di far passare per buoni tutti gli scritti usciti con la firma del presidente dc dal covo brigatista, mettendo così a suo carico tutti gli effetti della dolorosa vicenda che egli sta attraversando. Diteci: chi vuole uccidere fisicamente e moralmente Aldo Moro?
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