Da La Repubblica del 14/10/2004
La conferma nei file della Banelli: l´arma è la firma delle Br
Una Walther uccise D´Antona e Biagi
La procura di Firenze: "Portare a Roma il processo per le rapine agli uffici postali"
di Claudia Fusani
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ROMA - Una Carl Walther calibro nove di fabbricazione tedesca, un silenziatore e due caricatori. E´ il kit che le Brigate Rosse hanno usato per uccidere Massimo D´Antona e, tre anni dopo, Marco Biagi. La pistola che l´organizzazione aveva destinato esclusivamente alle «azioni disarticolanti per attaccare il cuore dello stato». L´arma che, come racconta la pentita Cinzia Banelli, rappresentava «la firma dell´organizzazione nei due omicidi politici».
La marca della pistola che ha ucciso a Roma in via Salaria nel 1999 e a Bologna in via Valdonica nel 2001 era ancora uno dei misteri dell´inchiesta sulle Br. Erano state fatte varie ipotesi, si era parlato di una Franki LLama di fabbricazione spagnola, di una Makarov russa e di altre provenienti dall´ex blocco sovietico. Ipotesi che ruotavano intorno all´unica certezza: il calibro. La risposta è nelle trentamila pagine depositate lunedì dai pm romani Ionta, Saviotti e Amelio (la procura di Firenze ieri ha chiesto al gip di trasferire a Roma il processo toscano sulle rapine di autofinanziamento), atti che sono la copia dei file di Cinzia Banelli e Roberto Morandi decrittati grazie alle parole chiave fornite dall´ex compagna So. In quei moderni "covi informatici" che sempre di più sono le memorie dei computer dei brigatisti, c´è un documento datato 13 marzo 2003, dieci giorni dopo la sparatoria sul treno dove sono stati uccisi l´agente Petri e Mario Galesi ed è stata arrestata Nadia Lioce. Qualcuno, probabilmente Marco Mezzasalma, appena circola la notizia della sparatoria si precipita nel covo di via Maja a Roma, dove vivevano in clandestinità dal ?99 Lioce e Galesi, e porta via il "cuore" dell´organizzazione: le armi. Un´operazione fatta in fretta e furia, nel covo ancora caldissimo, che poteva essere individuato da un momento all´altro dagli investigatori (cosa che avvenne il 24 ottobre successivo) e che poi fu smantellato a maggio. Le armi furono le prime ad essere spostate. E nascoste in un luogo tuttora ignoto. Mezzasalma, quel 13 marzo 2003, stende, secondo la consolidata prassi brigatista, un inventario dettagliato che ora si può leggere in un documento di cinque pagine intitolato: "Classificazione". Il primo capitolo è dedicato ai "pezzi" in dotazione all´organizzazione: c´è un «mitragliatore Uzi calibro 9 con munizioni 9 luger, un caricatore nuovo e due vecchi»; c´è un «bambinello con 7 colpi», l´arma lunga smontabile usata anche per le rapine in Toscana; c´è «una Beretta a canne mozze calibro 12»; una «semiautomatica vecchia Katalkartasuna calibro 7.65 con due caricatori»; un «revolver Beretta» e un «revolver Smith & Wesson calibro 38 special». Chiude l´elenco la «Carl Walther spec. ausf. cal.9», l´arma silenziata degli omicidi che ha sparato sei colpi contro D´Antona e altre sei volte contro Biagi.
Il documento "Classificazione" prosegue con la descrizione del contenuto del "Deposito utilizzabile": in varie scatole e buste sono stati sistemati armi, proiettili, detonatori, bombolette spray antiaggressione. Per gli investigatori questo potrebbe essere l´arsenale per azioni piccole, propaganda armata o poco più, gli attentati rivendicati con le sigle minori come Nipr e Npr. Altra cosa è il "Deposito non utilizzabile", cioè l´arsenale che non deve essere toccato: qui, in due contenitori diversi, ci sono il "bambinello con due caricatori", la pistola degli omicidi, la Carl Walther, e tante munizioni da riempire un elenco di cinque pagine.
I sei pezzi più altri due in dotazione al gruppo toscano rappresentano l´inventario definitivo dell´arsenale Br. Nessuna di queste armi è stata ancora trovata. Sono nascoste sottoterra, da qualche parte, tra la Toscana e il Lazio.
La marca della pistola che ha ucciso a Roma in via Salaria nel 1999 e a Bologna in via Valdonica nel 2001 era ancora uno dei misteri dell´inchiesta sulle Br. Erano state fatte varie ipotesi, si era parlato di una Franki LLama di fabbricazione spagnola, di una Makarov russa e di altre provenienti dall´ex blocco sovietico. Ipotesi che ruotavano intorno all´unica certezza: il calibro. La risposta è nelle trentamila pagine depositate lunedì dai pm romani Ionta, Saviotti e Amelio (la procura di Firenze ieri ha chiesto al gip di trasferire a Roma il processo toscano sulle rapine di autofinanziamento), atti che sono la copia dei file di Cinzia Banelli e Roberto Morandi decrittati grazie alle parole chiave fornite dall´ex compagna So. In quei moderni "covi informatici" che sempre di più sono le memorie dei computer dei brigatisti, c´è un documento datato 13 marzo 2003, dieci giorni dopo la sparatoria sul treno dove sono stati uccisi l´agente Petri e Mario Galesi ed è stata arrestata Nadia Lioce. Qualcuno, probabilmente Marco Mezzasalma, appena circola la notizia della sparatoria si precipita nel covo di via Maja a Roma, dove vivevano in clandestinità dal ?99 Lioce e Galesi, e porta via il "cuore" dell´organizzazione: le armi. Un´operazione fatta in fretta e furia, nel covo ancora caldissimo, che poteva essere individuato da un momento all´altro dagli investigatori (cosa che avvenne il 24 ottobre successivo) e che poi fu smantellato a maggio. Le armi furono le prime ad essere spostate. E nascoste in un luogo tuttora ignoto. Mezzasalma, quel 13 marzo 2003, stende, secondo la consolidata prassi brigatista, un inventario dettagliato che ora si può leggere in un documento di cinque pagine intitolato: "Classificazione". Il primo capitolo è dedicato ai "pezzi" in dotazione all´organizzazione: c´è un «mitragliatore Uzi calibro 9 con munizioni 9 luger, un caricatore nuovo e due vecchi»; c´è un «bambinello con 7 colpi», l´arma lunga smontabile usata anche per le rapine in Toscana; c´è «una Beretta a canne mozze calibro 12»; una «semiautomatica vecchia Katalkartasuna calibro 7.65 con due caricatori»; un «revolver Beretta» e un «revolver Smith & Wesson calibro 38 special». Chiude l´elenco la «Carl Walther spec. ausf. cal.9», l´arma silenziata degli omicidi che ha sparato sei colpi contro D´Antona e altre sei volte contro Biagi.
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