Da Corriere della Sera del 21/10/2004

Tra le Carte

E il compagno S. schedò gli agenti che lo seguivano

di Giovanni Bianconi

ROMA - Il 13 maggio 2003, 72 giorni dopo l’arresto di Nadia Desdemona Lioce seguito alla sparatoria sul treno Roma-Firenze in cui morirono il sovrintendente di polizia Emanuele Petri e il brigatista Mario Galesi, un militante delle Brigate rosse si accorse di essere seguito per le strade di Roma. Gli investigatori erano arrivati a lui dopo i primi riscontri sul materiale trovato addosso ai due terroristi intercettati sul treno, ma finirono per farsi notare. Il «compagno S.», com’è scritto in uno dei file dei computer dell’organizzazione, mise in atto dei contropedinamenti che continuarono fino ad agosto, descrivendo con precisione i suoi inseguitori. «Normalmente il compagno viene preso al lavoro e pedinato nel tragitto fino a casa con uno o due mezzi a due ruote - si legge in un documento -. Se riesce la sera prima di cena viene preso da sotto l’abitazione e pedinato fino al luogo di destinazione. Quando esce dal luogo di destinazione non li ritrova...». S. (di cui la polizia conosce l’identità proprio perché sa quando e dove lo seguiva) contò sette soggetti che gli andavano dietro, e ne tracciò degli identikit ad uso dei compagni: «Soggetto A: giovane sui 25-30 anni, capelli scuri aderenti al lati e lunghi fino a subito sopra le spalle, abbronzato; soggetto B: molto grasso, età tra i 25 e i 30 anni, di solito vestito di scuro, capelli scuri; soggetto C: donna sui 25-30 anni, di solito vestita di jeans e maglietta, occhiali da sole, capelli sul rossiccio, alta circa 1,65», e così via.

La controinchiesta delle Br specifica che «il controllo con il rilevatore di microspie (evidentemente in casa del pedinato, ndr ) non ha avuto esito positivo», e si conclude: «Rispetto al controllo predisposto dal nemico su S. va impostato un congelamento di durata prolungata, da un minimo di sei mesi». Prima che quel periodo scadesse S. è stato arrestato, nella «retata» del 23 ottobre scorso. Oggi il documento trovato negli archivi elettronici del gruppo è un’altra prova della sua appartenenza all’organizzazione.

Il blitz di un anno fa, secondo investigatori e inquirenti, ha sgominato le nuove Brigate rosse che dopo la sparatoria sul treno annaspavano per loro stessa ammissione. Nella cassa dell’organizzazione, al 12 agosto 2003, c’erano 49.535 euro. In realtà le somme nascoste in due depositi arrivavano a una cifra più alta, ma c’erano da detrarre 11.100 euro di spese già sostenute. A S. erano stati consegnati 500 euro, il «compagno M.» aveva anticipato 1.530 euro per comprare, tra l’altro, due motorini e 4 schede Tim, L. aveva speso 1.082 euro per i rilevatori di microspie.

Ma non erano i soldi il problema dei brigatisti che cercavano una strada per rispondere alla «condizione di vantaggio politico-militare ottenuta dalla borghesia». Prima ancora c’era l’esiguità di uomini e mezzi. «Il fattore numerico - si legge in una relazione del 15 luglio 2003 - è critico soprattutto rispetto agli ultimi sviluppi, fuoriuscita e congelamento di due compagni». L’operazione di «smobilizzo» dell’appartamento romano dove si nascondevano Galesi e Lioce fu realizzata da militanti disarmati per «l’impossibilità di affrontare un’iniziativa con possibile utilizzo di armi con la preparazione necessaria: pianificazione approfondita con ipotesi alternative, addestramento, ecc... Sul piano militare le nostre forze sono con elevata probabilità sproporzionate in caso di intervento del nemico, anzi nelle condizioni attuali possiamo dire sempre, dato che una sola Volante è una forza superiore alla nostra».

Tuttavia nei documenti interni si continuava a pianificare la ripresa dell’attività, che significa azioni anche se non «disarticolanti», come sono definiti gli omicidi: «Il punto critico è mantenere le forze rimaste organizzate in un nucleo rivoluzionario disposto intorno a precisi obiettivi politici». Conclusa la «fase di ripiegamento» con il trasloco del covo romano, il programma prevedeva, tra l’altro, la «ridisposizione del materiale d’organizzazione sia immagazzinato che sotterrato (probabilmente le armi, ndr ) funzionalmente alle prospettive che si aprono, con priorità alla gestione dei fondi». E poi la «riorganizzazione delle forze rimaste intorno agli obiettivi a breve periodo definiti». Per il «militante non più in sicurezza» era stata avviata la «ricerca dei dati per la produzione del documento di identità», mentre tra le questioni «da affrontare» c’era anche il superamento degli sbarramenti del carcere di massima sicurezza dov’è rinchiusa Nadia Lioce: «Problema della ricerca di un contatto con la compagna prigioniera», è scritto in promemoria, con l’enigmatica aggiunta: «ipotesi Slv».

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