Da La Repubblica del 02/10/2004
Roma, in teleconferenza con Rebibbia la "compagna So" conferma le rivelazioni. Nessuno dei capi delle nuove Br assiste
"Così è stato ucciso D´Antona"
La pentita Banelli: "Era un obiettivo facile". La vedova in aula
L´interrogatorio dura sette ore, con una sola pausa per allattare il figlio nato a marzo
di Claudia Fusani
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ROMA - I cosiddetti "duri e puri" della lotta armata lasciano vuote le gabbie dell´aula bunker. «E´ stata una decisione comune - spiegano gli avvocati Serra e Calia - perché giudicano irrilevanti le dichiarazioni di Cinzia Banelli». Nadia Lioce, Marco Mezzasalma e Roberto Morandi ignorano il giorno del grande confronto in cui l´ex compagna So, la prima pentita delle Br, consegna agli atti del processo e fa diventare prove le sue accuse agli uomini e alle donne delle nuove Br. Lei, la Banelli, è una nuca coperta da una folta chioma di capelli neri e una voce che da un monitor collegato con la cella di un carcere arriva sempre ferma e sicura nell´aula bunker di Rebibbia. La vede, la sente, per la prima volta, anche Olga D´Antona, la vedova del giuslavorista ucciso dalle Br il 20 maggio 1999 in via Salaria. L´onorevole siede accanto al suo avvocato Luca Petrucci, una donna minuta in un elegante tailleur beige che prende appunti in silenzio mentre Banelli elenca con precisione ragionieristica le fasi decisive «dell´azione disarticolante contro l´obiettivo strategico», suo marito. La scelta («D´Antona era un obiettivo facile, lo avevamo già agganciato all´inizio del '99 in convegni e dibattiti»), i pedinamenti e l´esecuzione del giuslavorista colpevole di «portare avanti una politica economica che penalizzava e umiliava il proletariato». E´ il momento che scuote di brividi tutti i presenti, il gip Luisanna Figliolia, i pm Pietro Saviotti e Erminio Amelio che conducono l´interrogatorio, gli stessi avvocati. «Una freddezza sconcertante» osserva l´avvocato Massimo Focacci, suo difensore prima della scelta del pentimento e ora è colpito «per la sicurezza, fin troppa, e la maniacalità di particolari con cui Banelli racconta gli omicidi». L´avvocato Sandro Guerra, legale di Simone Boccaccini accusato a Roma e di banda armata e a Bologna di omicidio, giudica Banelli «una che pensa, ragiona, ha letto molto bene gli atti e fa scientificamente il suo lavoro di pentita».
L´interrogatorio dell´ex compagna So comincia pochi minuti dopo le undici e va avanti fino alla sei del pomeriggio con una sola pausa intorno all´una e mezzo per allattare il piccolo Filippo, il figlio nato a marzo, la ragione del suo pentimento. Banelli è collegata in videoconferenza per motivi di sicurezza, nella grande aula arriva solo una voce che ripete quello che è già nei verbali resi ai pm romani in agosto quando ha deciso di collaborare. Comincia con il racconto degli anni pisani, dell´Associazione Italia-Cuba dove con i fratelli Viscido e Di Giovannangelo ha coltivato le posizioni antagoniste e ha discusso di lotta armata fino ad entrare negli Ncc. Era il 1995. Nel 1998 l´arruolamento nelle Br, i primi incontri con Lioce e Galesi, già clandestini, gli attentati dinamitardi alle sedi di Cisl e Cgil. Poi il resoconto dell´«operazione D´Antona», i due tentativi falliti «per assenza di obiettivo» il 18 e il 19 maggio, l´esecuzione il 20 maggio: «Io avevo il ruolo della staffetta e non avevo partecipato alla fase preparatoria». Con la stessa facilità con cui Banelli racconta «l´iniziativa disarticolante» e «l´azione della squadra operativa offensiva», Lioce e Galesi che freddano il professore con sei colpi di calibro 9, la donna ammette: «Ero d´accordo con l´azione e non mi sono mai opposta». Olga D´Antona è lì nel banco e prende appunti in silenzio per freddare rabbia e dolore. Oltre al giuslavorista era stato individuato anche un altro obiettivo, ma la Banelli «non ricorda chi fosse». Nelle gabbie gli indagati mostrano indifferenza. Costa parla a gesti attraverso il vetro con la Proietti, grandi occhi truccati e bocca disegnata, capelli neri sciolti sulle spalle: la ragazza sembra sempre rilassata anche quando la Banelli la indica come la donna che la mattina del 20 maggio 1999 le consegnò la radio e le chiavi della macchina con cui scappare da via Salaria. Diana Blefari, che ha rivendicato la sua militanza rivoluzionaria, è una ragazzina con i capelli ricci che bisbiglia dal vetro con Paolo Broccatelli, una mela in mano da sgranocchiare. Federica Saraceni parla con i suoi avvocati Coppi e Misiani e cammina su e in giù nella gabbia accanto. Per tutti la Banelli sembra solo una voce qualsiasi. La procura è molto soddisfatta così come l´avvocato Grazia Volo, legale della pentita: «La sua ricostruzione è stata precisa, puntuale, attenta e pacata». Qualche dubbio ce l´ha l´avvocato della famiglia D´Antona, Luca Petrucci: «Non siamo così sicuri che la Banelli abbia detto tutto quello che sa». E annuncia battaglia oggi, nel controinterrogatorio.
L´interrogatorio dell´ex compagna So comincia pochi minuti dopo le undici e va avanti fino alla sei del pomeriggio con una sola pausa intorno all´una e mezzo per allattare il piccolo Filippo, il figlio nato a marzo, la ragione del suo pentimento. Banelli è collegata in videoconferenza per motivi di sicurezza, nella grande aula arriva solo una voce che ripete quello che è già nei verbali resi ai pm romani in agosto quando ha deciso di collaborare. Comincia con il racconto degli anni pisani, dell´Associazione Italia-Cuba dove con i fratelli Viscido e Di Giovannangelo ha coltivato le posizioni antagoniste e ha discusso di lotta armata fino ad entrare negli Ncc. Era il 1995. Nel 1998 l´arruolamento nelle Br, i primi incontri con Lioce e Galesi, già clandestini, gli attentati dinamitardi alle sedi di Cisl e Cgil. Poi il resoconto dell´«operazione D´Antona», i due tentativi falliti «per assenza di obiettivo» il 18 e il 19 maggio, l´esecuzione il 20 maggio: «Io avevo il ruolo della staffetta e non avevo partecipato alla fase preparatoria». Con la stessa facilità con cui Banelli racconta «l´iniziativa disarticolante» e «l´azione della squadra operativa offensiva», Lioce e Galesi che freddano il professore con sei colpi di calibro 9, la donna ammette: «Ero d´accordo con l´azione e non mi sono mai opposta». Olga D´Antona è lì nel banco e prende appunti in silenzio per freddare rabbia e dolore. Oltre al giuslavorista era stato individuato anche un altro obiettivo, ma la Banelli «non ricorda chi fosse». Nelle gabbie gli indagati mostrano indifferenza. Costa parla a gesti attraverso il vetro con la Proietti, grandi occhi truccati e bocca disegnata, capelli neri sciolti sulle spalle: la ragazza sembra sempre rilassata anche quando la Banelli la indica come la donna che la mattina del 20 maggio 1999 le consegnò la radio e le chiavi della macchina con cui scappare da via Salaria. Diana Blefari, che ha rivendicato la sua militanza rivoluzionaria, è una ragazzina con i capelli ricci che bisbiglia dal vetro con Paolo Broccatelli, una mela in mano da sgranocchiare. Federica Saraceni parla con i suoi avvocati Coppi e Misiani e cammina su e in giù nella gabbia accanto. Per tutti la Banelli sembra solo una voce qualsiasi. La procura è molto soddisfatta così come l´avvocato Grazia Volo, legale della pentita: «La sua ricostruzione è stata precisa, puntuale, attenta e pacata». Qualche dubbio ce l´ha l´avvocato della famiglia D´Antona, Luca Petrucci: «Non siamo così sicuri che la Banelli abbia detto tutto quello che sa». E annuncia battaglia oggi, nel controinterrogatorio.
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