Da Ansa del 29/08/2004

Dieci anni dalla morte di Alpi e Hrovatin

di Franceso De Filippo

ROMA - Sono trascorsi dieci anni da quando il 20 marzo 1994 la giornalista del Tg3 ILARIA ALPI e l' operatore free-lance Miran Hrovatin furono uccisi a Mogadiscio e ancora non sono stati trovati i responsabili del duplice omicidio, ne' i mandanti. Ne' e' stato individuato il movente essendo poco convincente la tesi del generico pericolo a Mogadiscio in quei giorni, accresciuto dal fatto che il contingente italiano stava salpando. La partenza simboleggiava il fallimento dell' operazione internazionale di peace-keeping 'Restore hope', sotto l' ombrello dell' Onu. Le truppe partivano e la Somalia, caduto Siad Barre, era devastata dalla guerra civile, nelle mani dei signori della guerra. Piu' plausibile sembra l' ipotesi che il duplice omicidio sia collegato all'attivita' giornalistica di Ilaria che, secondo molti, aveva scoperto un traffico di rifiuti tossici tra l' Italia e la Somalia. Fino a qui nulla di nuovo: per quanto questo tipo di attivita' fosse in quegli anni ancora una novita', fusti di rifiuti pericolosi si trovavano nelle spiagge e perfino nelle strade del paese africano. Piu' scandaloso era lo scambio rifiuti-armi in base al quale le fazioni in guerra accettavano di avvelenare il mare e il sottosuolo somalo in cambio di armi. Tutto questo sarebbe avvenuto con le navi della Shifco, una societa' finanziata con i fondi italiani della cooperazione. Sarebbe questo che Ilaria e Miran avrebbero scoperto nel loro viaggio a Bosaso dove intervistarono il sultano locale. La mattina del loro ritorno a Mogadiscio furono uccisi. La Procura di Roma apri' un'inchiesta che fu affidata dapprima al pm Andrea De Gasperis, poi a Giuseppe Pititto, infine a Franco Ionta. Tra videoccassette di Miran e taccuini di Ilaria non trovati, un esame superficiale della salma fatto in extremis all'arrivo nella capitale poco prima dell'inumazione, inchieste giornalistiche che hanno confermato i traffici illeciti, sono trascorsi molti anni. I combattivi genitori di Ilaria, Giorgio e Luciana, hanno criticato l' inerzia di De Gasperis, lodando invece l' attivita' di Pititto. Ancora piu' polemico il rapporto con Ionta e con il Procuratore di Roma dell'epoca, Salvatore Vecchione. L'unico risultato giudiziario fino ad oggi e' la condanna per Hashi Omar Hassan, un giovane somalo che si ritiene fosse sul pick-up dal quale scesero i presunti assassini (non lui, che sarebbe rimasto a bordo) che ammazzarono Ilaria e Miran. Hassan giunse in Italia con i somali che dovevano essere sentiti dalla commissione di Ettore Gallo sulle presunte violenze e torture compiute dai militari italiani in Somalia. La sera del suo arrivo la Digos lo arresto' sulla scorta delle accuse di Ali Abdi, l' autista di Ilaria, e di Jelle, l' allora capo della polizia di Mogadiscio. Il primo, residente in Italia per un lungo periodo a spese della Digos, testimonio' al processo di primo grado, poi torno' in Somalia dove e' morto; del secondo esiste solo il verbale della Digos, non si hanno sue notizie. Assolto in primo grado con motivazioni molto critiche nei confronti della Procura di Roma, Hassan si trasferi' in Olanda da dove torno' per il processo di appello che si concluse con la sua condanna all' ergastolo. Dopo un ricorso in Cassazione, la Corte di Assise di Appello ha ridotto la pena a 26 anni. Ma dopo dieci anni la vicenda non e' ancora terminata: una commissione parlamentare presieduta da Carlo Taormina sta riascoltando tutti i protagonisti e comparse della tragedia. Cosi', di fronte alla discussa superperizia sull' arma che avrebbe ucciso Ilaria, la commissione ha deciso una nuova riesumazione del cadavere. Se si accertasse, come sostenuto da tanti esperti, che Ilaria e' stata uccisa da un'arma a canna corta da distanza ravvicinata, i sospetti si accentrerebbero sull' autista Abdi, cioe' il principale accusatore di Hassan.

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