Da Il Messaggero del 06/01/2005
Il caso della giornalista del Tg3 uccisa in Somalia insieme all’operatore Hrovatin. La “mente” del tentativo di truffa sarebbe un noto pregiudicato romano
Ilaria Alpi, nuovo depistaggio: coinvolto magistrato
La presidenza della Commissione d’inchiesta: volevano vendere per 5 milioni foto false dell’omicidio
di Massimo Martinelli
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ROMA - Costava 5 milioni di euro la verità sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. E nel prezzo era compresa anche la documentazione fotografica dell’agguato a Mogadiscio, la mattina del 20 marzo ’94, quando la giornalista del Tg3 e il suo operatore finirono sotto il tiro incrociato dei kalashnikov della guerriglia somala. A proporre l’affare alla Commissione parlamentare d’inchiesta che indaga sulla vicenda è stato un personaggio romano già noto alle cronache giudiziarie, Fausto Bulli, 57 anni. E a garantire per lui ci sarebbe stato un personaggio al disopra di ogni sospetto, un alto magistrato del Tribunale di Roma, Afro Maisto, che della Commissione parlamentare era consulente fin dall’inizio dei lavori, dai primi mesi dello scorso anno.
Era cominciato così, nemmeno tre mesi fa, quello che Carlo Taormina, presidente della Commissione d’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi, ha denunciato ieri alla magistratura come «un gravissimo tentativo di depistaggio consumato rispetto agli obiettivi investigativi di competenza della Commissione parlamentare d’inchiesta».
I dettagli della vicenda sono ancora coperti dalla massima riservatezza, anche perchè le ultime audizioni della Commissione sono state segretate. Tuttavia, secondo una ricostruzione attendibile sembra che il giudice Maisto si sia fatto carico di tenere i contatti con Bulli, il quale avrebbe dichiarato di poter procurare alla Commissione d’inchiesta alcune foto scattate dai satelliti che riprendevano i momenti dell’agguato. Non solo: nel prezzo richiesto di circa cinque milioni di euro era compresa anche la documentazione completa sul traffico d’armi e di rifiuti tossici sui quali la giornalista del Tg3 stava indagando. Tutto il materiale, secondo quanto dichiarato ai membri della Commissione, proveniva da ambienti del Mossad, il servizio segreto israeliano.
I vertici della Commissione parlamentare, per quanto è stato possibile ricostruire, hanno fiutato immediatamente la truffa. Tuttavia, hanno deciso di fingere e hanno intavolato una trattativa. Contemporaneamente, un investigatore della Polizia esperto in controspionaggio è diventato l’ombra di Fausto Bulli. Tutte le conversazioni telefoniche e non, che riguardavano la compravendita di quelle fotografie sono state registrate e anche la vita privata dei protagonisti della vicenda è stata scandagliata. Non solo: un accertamento ufficiale della Commissione parlamentare presso le autorità statunitensi ha consentito di verificare che nessun satellite poteva aver immagazzinato le fotografie dell’agguato di Mogadiscio.
La conferma definitiva che la proposta di Bulli, con il tramite di Maisto, era una truffa, è arrivata il 24 novembre scorso, quando lo stesso Bulli è stato sentito in audizione segreta dalla Commissione, confermando la validità dell’operazione. L’epilogo è arrivato due giorni fa, quando il presidente della Commissione d’inchiesta, Carlo Taormina, il vicepresidente, Raffaello De Brasi ed Elettra Deiana, in rappresentanza dell’Ufficio di Presidenza, hanno ricevuto il Procuratore di Roma, Giovanni Ferrara e il pm Franco Ionta, che era stato titolare delle indagini sul delitto e aveva chiesto e ottenuto la condanna definitiva di Hashi Omar Hassan, l’unico somalo finito nelle mani della giustizia italiana. Ai due magistrati è stata consegnata una dettagliata relazione-denuncia nei confronti di Fausto Bulli e di Afro Maisto, che fa riferimento ad alcuni reati gravissimi quali l’attentato ad un organo politico e giudiziario, la tentata truffa e il falso. «Il nostro lavoro di inchiesta finisce dove comincia quello della Procura - ha commentato ieri Carlo Taormina - Ma ho motivo di sperare che il nostro, di lavoro, vada ancora avanti per molto tempo, fino ad arrivare alla verità sul delitto di Ilaria Alpi».
Era cominciato così, nemmeno tre mesi fa, quello che Carlo Taormina, presidente della Commissione d’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi, ha denunciato ieri alla magistratura come «un gravissimo tentativo di depistaggio consumato rispetto agli obiettivi investigativi di competenza della Commissione parlamentare d’inchiesta».
I dettagli della vicenda sono ancora coperti dalla massima riservatezza, anche perchè le ultime audizioni della Commissione sono state segretate. Tuttavia, secondo una ricostruzione attendibile sembra che il giudice Maisto si sia fatto carico di tenere i contatti con Bulli, il quale avrebbe dichiarato di poter procurare alla Commissione d’inchiesta alcune foto scattate dai satelliti che riprendevano i momenti dell’agguato. Non solo: nel prezzo richiesto di circa cinque milioni di euro era compresa anche la documentazione completa sul traffico d’armi e di rifiuti tossici sui quali la giornalista del Tg3 stava indagando. Tutto il materiale, secondo quanto dichiarato ai membri della Commissione, proveniva da ambienti del Mossad, il servizio segreto israeliano.
I vertici della Commissione parlamentare, per quanto è stato possibile ricostruire, hanno fiutato immediatamente la truffa. Tuttavia, hanno deciso di fingere e hanno intavolato una trattativa. Contemporaneamente, un investigatore della Polizia esperto in controspionaggio è diventato l’ombra di Fausto Bulli. Tutte le conversazioni telefoniche e non, che riguardavano la compravendita di quelle fotografie sono state registrate e anche la vita privata dei protagonisti della vicenda è stata scandagliata. Non solo: un accertamento ufficiale della Commissione parlamentare presso le autorità statunitensi ha consentito di verificare che nessun satellite poteva aver immagazzinato le fotografie dell’agguato di Mogadiscio.
La conferma definitiva che la proposta di Bulli, con il tramite di Maisto, era una truffa, è arrivata il 24 novembre scorso, quando lo stesso Bulli è stato sentito in audizione segreta dalla Commissione, confermando la validità dell’operazione. L’epilogo è arrivato due giorni fa, quando il presidente della Commissione d’inchiesta, Carlo Taormina, il vicepresidente, Raffaello De Brasi ed Elettra Deiana, in rappresentanza dell’Ufficio di Presidenza, hanno ricevuto il Procuratore di Roma, Giovanni Ferrara e il pm Franco Ionta, che era stato titolare delle indagini sul delitto e aveva chiesto e ottenuto la condanna definitiva di Hashi Omar Hassan, l’unico somalo finito nelle mani della giustizia italiana. Ai due magistrati è stata consegnata una dettagliata relazione-denuncia nei confronti di Fausto Bulli e di Afro Maisto, che fa riferimento ad alcuni reati gravissimi quali l’attentato ad un organo politico e giudiziario, la tentata truffa e il falso. «Il nostro lavoro di inchiesta finisce dove comincia quello della Procura - ha commentato ieri Carlo Taormina - Ma ho motivo di sperare che il nostro, di lavoro, vada ancora avanti per molto tempo, fino ad arrivare alla verità sul delitto di Ilaria Alpi».
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