Da Giusta Informazione del 05/12/2004

Ilaria Alpi: un impegno per non dimenticare

Ilaria Alpi poteva forse essere salvata se i soccorsi fossero giunti in tempo. Sull'omicidio a Mogadiscio della giornalista del Tg3 e dell'operatore Miran Hrovatin sta indagando anche il comitato parlamentare di controllo sui Servizi Segreti, ma, almeno per ora, dai ministri e capi degli 007 sono arrivati pochi contributi. Il Ministro della Difesa ha reso noto che inviò subito dopo il fatto un proprio agente.

di Falco Accame

"Sono convinto che mia figlia sia stata uccisa per cose che avrebbe potuto scoprire continuando a indagare in questa direzione". Così si espresse tempo fa il padre di Ilaria Alpi. Probabilmente ha ragione. Molti si sono chiesti in particolare se l'uccisione dei due giornalisti era da mettere in relazione con una nave sequestrata a Bogaso (la Faarax Domar) gestita dalla società Shifco, dell'ing. Mugne Said Omar, un personaggio molto legato ai traffici tra Italia e Somalia. Ha scritto su Panorama il 4 giugno 1994 Giovanni Porzio, uno dei due giornalisti italiani che si trovavano in Somalia all'epoca della morte dei due operatori: "Quando arriviamo sul luogo dell'agguato verso le 15.45 i corpi di Ilaria e Miran sono ancora nell'auto. Giancarlo Marocchino, un autotrasportatore italiano, è già sul posto: ha informato l'ambasciatore Mario Scialoia e i militari sulla Garibaldi. Accompagnamo i corpi dei colleghi al porto vecchio verso un elicottero della Marina. Poi all'Hotel Sahafi recuperiamo le apparecchiature , i bagagli e gli effetti personali di Ilaria e Miran".
Nascono a questo punto molti interrogativi. Primo: come mai i carabinieri ancora presenti a Mogadiscio non hanno subito avviato un'indagine? Avrebbero potuto interrogare i testimoni oculari (almeno una decina oltre all'autista e alla scorta), raccogliere i bossoli, effettuare misurazioni e rilevamenti balistici. Non facendolo hanno ignorato i primi, fondamentali indizi utili ad una successiva inchiesta. Secondo: i taccuini rinvenuti in camera di Ilaria erano cinque (due scritti, tre in bianco), più il block notes fitto di appunti che Ilaria aveva con sé al momento dell'agguato. Scrive ancora Porzio: "Nella notte tra domenica e lunedì il commissario di bordo della Garibaldi ha inventariato e sigillato, alla presenza dell'inviato di Panorama, il materiale dei colleghi. Nulla, affermano i comandi italiani, è stato toccato a bordo del G-222 su cui le bare hanno viaggiato sino a Luxor dove è avvenuto il trasbordo su un DC 9 diretto a Roma.
Dunque uno dei pochi testimoni della vicenda (e un testimone ovviamente molto credibile), ha sollevato vari dubbi su alcune circostanze. Ma non si è avuta risposta. Sono state presentate le seguenti interrogazioni parlamentari al Governo: De Notaris e altri il 22/6/1994, Abromonte e altri il 14/7/1994 Monteschi e altri il 26/7/1994, Fassino e altri il 21/7/1994; ma non risulta che vi sia stata risposta. Perché questo silenzio del Governo? Perché tanta indifferenza per la morte di due cittadini italiani? Certo nel retroterra ci sono delle questioni molto delicate. La cooperazione con la Somalia e le attività dei nostri servizi segreti in Somalia.
Si è molto parlato dell'esistenza di un traffico di armi tra l'Italia e vari paesi africani, questo fatto è stato avvalorato da un docente universitario Hassan Osman Ahmed e dall'ex primo ministro somalo Mohamed Aden che ha fatto appello ai magistrati italiani che conducono le inchieste sulla cooperazione sollecitando: "Il sequestro della flotta oggi nelle mani di Mugne e di alcuni italiani che si sono sostituiti al governo somalo". Secondo Mugne: "Sono calunnie. Le armi arrivano in Africa ma i trafficanti cercateli in Italia. Ci sono dei mediatori e mercanti che lavorano tranquillamente nel vostro paese all'ombra dei servizi".
Il discorso insomma, come spesso accade, ritorna su alcune attività dei servizi segreti e in particolare sul traffico di armi. Ma di questo avremo modo di trattare in seguito.
Ci preme però tornare su un punto che è stato finora trascurato, ma che è presente nelle interrogazioni De Notaris e Abromonte, e cioè la possibilità di un collegamento con un altro tipo di traffico di armi con la Somalia sotto l'ombra dei servizi segreti. Nella interrogazione Abromonte si ricorda infatti che il maresciallo Li Causi "era stato coinvolto in una questione di traffico di armi col Perù (la cosiddetta operazione Lima a favore del Presidente Garcia). La Somalia è stato campo di azione dei nostri Servizi Segreti, vi hanno operato sia il colonnello Giovannone, sia il colonnello Pescarini. Il generale Santovito ha avuto rapporti molto stretti con la Somalia. In relazione alla tragica fine dei due giornalisti in Rai ci fu una qualche reazione: "La loro morte è anche il risultato della filosofia ragionieristica di questa azienda", dichiarò l'assemblea dei giornalisti Rai il 21 marzo scorso, ma ben pochi fatti seguirono a questa dichiarazione. Forse solo quello che venne istituito un corso per inviati di guerra da parte dell'Esercito per come sopravvivere in situazioni di emergenza. Noi comunque non vogliamo dimenticare quanto accadde quel 20 marzo 1994 a Mogadiscio, non abbiamo dimenticato le pesanti accuse lanciate da Abdulkadic Yahaya Ali ex consigliere politico dell'UNOSOM. L'uomo era presente al momento dell'agguato avvenuto vicino ad un albergo di sua proprietà: "Ilaria Alpi poteva essere salvata se i soccorsi fossero arrivati in tempo". Dice suo cognato: "Pochi minuti dopo l'agguato era corso verso i soldati nigeriani della postazione vicina e li aveva supplicati di mandare un'ambulanza. Così Ilaria è rimasta dentro il fuoristrada agonizzante, perdendo sangue. Miran invece era già morto". Dunque in primo luogo anche qui come nel caso di Ustica, di cui a lungo abbiamo parlato, c'è stato un ritardo nei soccorsi, una grave mancanza di senso della solidarietà umana. Attendiamo che i ministri della Difesa e degli Esteri forniscano una risposta ai gravi interrogativi che sono stati posti sulla vicenda.
IL COMITATO PER LA VERITA' SULLA MORTE DI ILARIA.
Presso 1'ANA-VAFAF, l'Associazione che tutela le famiglie dei militari morti in tempo di pace, si è costituito il "Comitato per Ilaria" che si propone di approfondire la vicenda dell'assassinio di Ilaria Alpi e l'operatore Hrovatin.
Si tratta di cercare di capire:
1) Se vi è stato o meno l'immediato invio sul luogo della uccisione del personale dei servizi segreti che operava al seguito dei reparti operativi e che era dislocato sulle navi militari e a terra.
2) Quali direttive sono state date a questo personale e quali azioni questo personale ha eventualmente compiuto. 3) Quali azioni sono state messe in atto dal personale dell'ambasciata.
4) Se vi è stato da parte di qualcuno un interesse a coprire i retroscena della vicenda facendola passare per fatalità. 5) Se è stato rilevato subito che si era trattato di una esecuzione (anche da parte dei medici che hanno visitato la salma).
6) Se vi sono state le debite comunicazioni da parte degli enti italiani militari e non nei riguardi dei familiari.
7) Se vi è un nesso tra il modo in cui è avvenuta l'uccisione degli operatori RAI del TG 3 e l'uccisione del maresciallo dei Servizi Segreti, Vincenzo Li Causi (per il quale si disse che la morte fu dovuta a una pallottola vagante). 8) Se l'inchiesta giornalistica compiuta da Ilaria Alpi nei riguardi degli enti della cooperazione con la Somalia (connessa con un possibile traffico di armi) era nota ai servizi segreti in Somalia e alle autorità militari in loco.
9) Se lo sbarco di merci clandestine in Somalia da parte dei pescherecci provenienti dall'Italia era nota da parte delle autorità italiane.
10) Quali documenti Ilaria Alpi aveva con sé, chi ha preso in consegna questo materiale, che uso ne è stato fatto.

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