Da La Repubblica del 29/01/2005
Rogo di Primavalle: pena estinta, indignazione e polemiche
Veltroni: "Non tornino senza aver scontato la loro colpa". Manifestazione di protesta interrotta dai fratelli delle vittime
di AA.VV.
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ROMA - Ha scatenato un diluvio di polemiche la decisione della corte dell'Appello di Roma di estinguere la pena per i responsabili del rogo di Primavalle. I tre ex affiliati a Potere Operaio condannati per la morte di Virgilio e Stefano Mattei, figli del segretario della sezione dell'Msi di Primavalle, potranno continuare a vivere all'estero oppure ritornare in patria da liberi cittadini.
Erano stati condannati a 18 anni ciascuno, ma solo uno di loro ha scontato due anni di carcerazione preventiva. La Corte d'Appello di Roma ha accolto la richiesta degli imputati di estinguere la pena: Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo restano colpevoli, ma non rischiano più di finire in carcere. La famiglia Mattei ha già annunciato che ricorrerà alla Commissione europea dei Diritti dell'Uomo, per "accertare le responsabilità dello Stato italiano".
La notte del 16 aprile 1973, i tre appiccarono il fuoco alla porta dell'abitazione di Mario Mattei, netturbino, segretario della sede del Msi nel quartiere romano di Primavalle. Due dei suoi sei figli, Virgilio di 22 anni e Stefano di soli 8, rimasero bloccati nell'appartamento e morirono carbonizzati.
Mario Mattei era a letto quando le fiamme investirono le stanze, ma non riuscì a raggiungere i suoi ragazzi e si mise in salvo lanciandosi dal balcone. La moglie, Anna Maria Marconi prese altri due figli, Antonella di 9 anni e Giampaolo di 4, e con loro si rifugiò al piano di sopra dove tutti furono immediatamente soccorsi dai pompieri. Altre due figlie, Silvia di 19 anni e Lucia di 15, riuscirono a scampare all'incendio calandosi da un balcone. Intrappolati e senza scampo, rimasero invece Virgilio e suo fratello Stefano.
L'episodio fu condannato da tutti a prescindere dalle posizioni politiche. I tre colpevoli furono individuati; Lollo, figlio di un alto dirigente di una multinazionale farmaceutica, fu incarcerato ma dopo due anni, fu rilasciato mentre i complici riuscirono a fuggire facendo perdere le loro tracce. Achille Lollo fu poi rintracciato in Brasile, e le autorità italiane, nel 1993, ne chiesero l'estradizione, ma per i giudici brasiliani il reato era già prescritto e la richiesta di estradizione fu bocciata.
I processi ebbero esiti contraddittori. In primo grado, nel 1975, la Corte d'Assise assolse gli imputati per insufficienza di prove. Dieci anni dopo, in appello, i giudici emisero un verdetto di colpevolezza, 18 anni di reclusione a ciascuno degli imputati, ma non per strage, piuttosto per incendio doloso. Oggi, quelle pene sono state estinte.
Reazioni di unanime condanna sono state espresse da vari esponenti politici. In primo luogo da quelli di Alleanza nazionale. Il ministro per le Politiche agricole Gianni Alemanno ha auspicato "che ci sia un meccanismo costituzionale per evitare questa prescrizione" e ha assicurato un intervento legale del partito "perché questa storia non possa finire così". Ancora più duro il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri: "Notizie del genere provocano grande dolore e angoscia". Mentre per il coordinatore di Alleanza nazionale Ignazio La Russa l'estinzione della pena dimostra che "lo Stato in questo caso è stato assente".
Sdegnato anche il sindaco di Roma Walter Veltroni: "Quello dei fratelli Mattei fu uno dei delitti più efferati della storia del terrorismo italiano. Bruciare due ragazzi in quel modo è qualcosa che non può cadere in prescrizione. I responsabili non possono tornare nella nostra città senza scontare una pena".
Per la famiglia Mattei ha parlato l'avvocato Luciano Randazzo. Per sottolineare le "gravi responsabilità dei politici" che nella vicenda "hanno soltanto specultato in tema elettorale". Il legale ha quindi annunciato il ricorso alla Commissione europea dei Diritti dell'Uomo e un'azione per il risarcimento del danno davanti al Tribunale di Roma.
Stamani una quarantina di giovani del gruppo 'Azione Giovani' si è radunata davanti all'entrata della città giudiziaria di Piazzale Clodio, a Roma, per una iniziativa simbolica di protesta. In testa al gruppo, uno striscione con la scritta "Rogo di Primavalle: l'Italia si vergogna della sua giustizia" e una bandiera italiana listata a lutto.
Silvia e Giampaolo Mattei, fratelli delle vittime, hanno raggiunto i manifestanti ma non per associarsi alla protesta, piuttosto per disperderli: "Andate via, non serve a nulla", hanno detto. "Quelli hanno avuto quello che volevano" e hanno strappato lo striscione.
Erano stati condannati a 18 anni ciascuno, ma solo uno di loro ha scontato due anni di carcerazione preventiva. La Corte d'Appello di Roma ha accolto la richiesta degli imputati di estinguere la pena: Achille Lollo, Marino Clavo e Manlio Grillo restano colpevoli, ma non rischiano più di finire in carcere. La famiglia Mattei ha già annunciato che ricorrerà alla Commissione europea dei Diritti dell'Uomo, per "accertare le responsabilità dello Stato italiano".
La notte del 16 aprile 1973, i tre appiccarono il fuoco alla porta dell'abitazione di Mario Mattei, netturbino, segretario della sede del Msi nel quartiere romano di Primavalle. Due dei suoi sei figli, Virgilio di 22 anni e Stefano di soli 8, rimasero bloccati nell'appartamento e morirono carbonizzati.
Mario Mattei era a letto quando le fiamme investirono le stanze, ma non riuscì a raggiungere i suoi ragazzi e si mise in salvo lanciandosi dal balcone. La moglie, Anna Maria Marconi prese altri due figli, Antonella di 9 anni e Giampaolo di 4, e con loro si rifugiò al piano di sopra dove tutti furono immediatamente soccorsi dai pompieri. Altre due figlie, Silvia di 19 anni e Lucia di 15, riuscirono a scampare all'incendio calandosi da un balcone. Intrappolati e senza scampo, rimasero invece Virgilio e suo fratello Stefano.
L'episodio fu condannato da tutti a prescindere dalle posizioni politiche. I tre colpevoli furono individuati; Lollo, figlio di un alto dirigente di una multinazionale farmaceutica, fu incarcerato ma dopo due anni, fu rilasciato mentre i complici riuscirono a fuggire facendo perdere le loro tracce. Achille Lollo fu poi rintracciato in Brasile, e le autorità italiane, nel 1993, ne chiesero l'estradizione, ma per i giudici brasiliani il reato era già prescritto e la richiesta di estradizione fu bocciata.
I processi ebbero esiti contraddittori. In primo grado, nel 1975, la Corte d'Assise assolse gli imputati per insufficienza di prove. Dieci anni dopo, in appello, i giudici emisero un verdetto di colpevolezza, 18 anni di reclusione a ciascuno degli imputati, ma non per strage, piuttosto per incendio doloso. Oggi, quelle pene sono state estinte.
Reazioni di unanime condanna sono state espresse da vari esponenti politici. In primo luogo da quelli di Alleanza nazionale. Il ministro per le Politiche agricole Gianni Alemanno ha auspicato "che ci sia un meccanismo costituzionale per evitare questa prescrizione" e ha assicurato un intervento legale del partito "perché questa storia non possa finire così". Ancora più duro il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri: "Notizie del genere provocano grande dolore e angoscia". Mentre per il coordinatore di Alleanza nazionale Ignazio La Russa l'estinzione della pena dimostra che "lo Stato in questo caso è stato assente".
Sdegnato anche il sindaco di Roma Walter Veltroni: "Quello dei fratelli Mattei fu uno dei delitti più efferati della storia del terrorismo italiano. Bruciare due ragazzi in quel modo è qualcosa che non può cadere in prescrizione. I responsabili non possono tornare nella nostra città senza scontare una pena".
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