Da Misteri D'Italia del 21/02/2005
Quanto scandalo per Mori e "Ultimo" rinviati a giudizio
di Sandro Provvisionato
Circola da tempo, nel linguaggio di certa stampa e di certi uomini politici, una nuova formuletta magica utile solo a confondere le idee e a mescolare le carte. La formuletta è l'espressione "sentire comune".
E' una formuletta becera e populista che sta a significare, in pratica, questo: la gente ha sempre ragione, le istituzioni, a cominciare dalla magistratura, invece sono residui arcaici, pesi morti.
Di recente la formuletta magica è stata applicata alla decisione del giudice Caterina Forleo di scarcerare due presunti terroristi arabi e ancor più di recente per attaccare il giudice di Palermo Marco Mazzeo che ha rinviato a giudizio due personaggi in vista dello schieramento antimafia accusati di collusione con Cosa nostra per aver omesso di fare il loro dovere: perquisire l'appartamento in cui nel 1993 viveva il capo dei capi della mafia siciliana Totò Riina appena arrestato.
I fatti dicono che quel covo, lasciato senza sorveglianza, sia stato letteralmente svuotato di ogni cosa, con ogni probabilità importanti documenti compresi.
Ora accade che il "sentire comune" - grazie soprattutto ad alcune operazioni editoriali, ad una stampa superficiale e sensazionalistica e ad una fiction televisiva - abbia in grande considerazione due uomini dell'antimafia, il direttore del SISDE, il servizio segreto civile, Mario Mori, già ai vertici del ROS dei carabinieri ed il "capitano Ultimo", alias il col. Sergio De Caprio, ritenuto - a torto o a ragione - colui che materialmente catturò Riina. L'altro fatto è che il tribunale di Palermo, nella persona del GUP Marco Mazzeo, voglia vederci chiaro nel pasticciaccio brutto del covo di Riina e che quindi abbia deciso di rinviare a giudizio i due supereroi dell'antimafia.
Basterebbe attendere le risultanze processuali. Invece no: la destra più sciocca insorge: il "sentire comune" ha già assolto Mori e De Caprio. Lo stato di diritto che obbliga i magistrati all'azione penale in presenza di gravi indizi e impone ai giudici di applicare la legge, una legge uguale per tutti, non conta. La "gente" pensa bene dei due e quindi ogni accertamento giudiziario non solo è superfluo, ma addirittura offensivo.
Noi, invece, vogliamo solo sapere - proprio sulla base delle regole dello stato di diritto - se Mori e De Caprio, pur dall'alto dei loro meriti - hanno commesso delle irregolarità oppure solo delle omissioni. Noi chiediamo di sapere la verità su uno degli episodi più oscuri della lotta alla mafia: la cattura, appunto, di Totò Riina.
Il resto è "sentire comune" e non ci interessa.
E' una formuletta becera e populista che sta a significare, in pratica, questo: la gente ha sempre ragione, le istituzioni, a cominciare dalla magistratura, invece sono residui arcaici, pesi morti.
Di recente la formuletta magica è stata applicata alla decisione del giudice Caterina Forleo di scarcerare due presunti terroristi arabi e ancor più di recente per attaccare il giudice di Palermo Marco Mazzeo che ha rinviato a giudizio due personaggi in vista dello schieramento antimafia accusati di collusione con Cosa nostra per aver omesso di fare il loro dovere: perquisire l'appartamento in cui nel 1993 viveva il capo dei capi della mafia siciliana Totò Riina appena arrestato.
I fatti dicono che quel covo, lasciato senza sorveglianza, sia stato letteralmente svuotato di ogni cosa, con ogni probabilità importanti documenti compresi.
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Noi, invece, vogliamo solo sapere - proprio sulla base delle regole dello stato di diritto - se Mori e De Caprio, pur dall'alto dei loro meriti - hanno commesso delle irregolarità oppure solo delle omissioni. Noi chiediamo di sapere la verità su uno degli episodi più oscuri della lotta alla mafia: la cattura, appunto, di Totò Riina.
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