Da The Indipendent del 16/02/2005

L'uccisione di ‘Mr Libano’

Traduzione di Federica Alessandri per Nuovi Mondi Media

di Robert Fisk

Chiunque abbia disposto l’uccisione di Hariri sapeva che avrebbe potuto riaprire tutte le crepe della guerra civile. Quella nuvola nera che ha ricoperto Beirut ha gettato la gente nel buio, non solo per via della sua ombra.

Ho visto l’onda dell’esplosione venire giù dal lungomare. Casa mia si trova solo a qualche centinaio di metri dal luogo di detonazione e il mio primo gesto istintivo è stato quello di guardare in alto per cercare gli aerei di alta quota israeliani, che regolarmente rompono il muro del suono sopra Beirut. C’erano clienti insanguinati che uscivano dalle finestre spaccate dei ristoranti e una grande macchia fumosa e cancerogena che saliva dalla strada fuori dal St George Hotel.

Beirut è come casa per me, un rifugio dai pericoli di Baghdad; ma a un tratto, ecco Baghdad in Libano, un massacro di S.Valentino nelle strade di una delle città più sicure del Medio Oriente. Sono corso giù dal lungomare, mentre tutti fuggivano nella direzione opposta, e sono entrato in un ammasso di macerie e macchine in fiamme. C’era un uomo, grosso e in carne, che giaceva sul marciapiede di fronte all’hotel – un edificio danneggiato dalla guerra, immobile e abbandonato: sembrava un sacco, se non fosse stato per il cranio, di cui mancava la parte superiore. C’era anche una mano di donna sulla strada, ancora avvolta da un guanto. C’erano corpi che bruciavano in una macchina, che si consumava tra le fiamme, con una mano che pendeva orribilmante fuori da uno dei finestrini.

Non c’erano poliziotti, né ambulanze, né pompieri. I serbatoi delle macchine cominciavano ad esplodere, sputando fuoco in tutta la strada. Non era possibile rendersi conto dell’entità dei danni per via del calore e del fumo. Poi ho riconosciuto una delle guardie del corpo di Rafik Hariri, ferma in preda al panico. “Il grande uomo se n’è andato”, mi ha detto. Il Grande Uomo? Hariri? Sul momento ho pensato che l’ex primo ministro, “Mr Libano”, l’uomo che più di ogni altro aveva fatto risorgere questa città dalle ceneri della guerra civile, doveva esserse partito, “andato” via, scappato.

Ma come avrebbe potuto sfuggire al suo rogo funerario? Un gruppo di poliziotti è antrato nella zona di devastazione e un uomo, un’altra guardia del corpo, è corso strillando verso una serie di Mercedes in fiamme e ha iniziato a gridare: “Ya-allah”, invocando Dio a testimone. Hariri viaggiava sempre in un convoglio di Mercedes pesantemente blindate. Non c’è da meravigliarsi che l’esplosione sia stata così potente: doveva esserlo per squarciare le porte blindate. Ho seguito un agente in borghese oltre una macchina che stava ancora bruciando – c’era dentro un altro corpo, con la testa coperta dal fuoco – verso il bordo di una buca di almeno 4 metri. Era il cratere. Lentamente mi sono calato giù dal bordo. Tutto ciò che restava dell’autobomba erano alcuni pezzetti di metallo lunghi un paio di centimetri. L’esplosione ha fatto volare un’altra macchina, forse una di quelle di Hariri, fino al terzo piano della dependance deserta dell’albergo, dove stava ancora bruciando ardentemente.

Continuavo a ripetere “Hariri”. L’avevo incontrato tante volte, per alcune interviste, alle conferenze stampa, a pranzi e cene. Una volta aveva parlato, in modo molto commovente, del figlio che aveva perso in un incidente d’auto in America; aveva detto che credeva nella vita dopo la morte. Aveva molti nemici: oppositori politici in Libano, siriani che sospettavano (a ragione) che lui volesse cacciarli dal paese, veri nemici negli affari – dal momento che aveva comprato personalmente estese aree di Beirut – e nei media, perché possedeva un giornale e una televisione.

Ma sapeva essere un uomo gentile e buono, anche se era un uomo d’affari spietato; una volta l’ho paragonato al gatto che mangia il canarino e poi ammette allegramente che aveva un buon sapore: ha fatto girare la frase fra i suoi amici. La sua mano era una delle più potenti che abbia mai stretto.

Non sono riuscito a vedere il corpo; ma in mezzo al fuoco e al fumo ho guardato verso il nuovo centro di Beirut, la zona ricostruita di questa bella città, che la compagnia di Hariri (che possedeva il 10% delle azioni della Solidere) stava innalzando dalle rovine stile Dresda. È morto a pochi metri dalla sua stessa creazione.

Questa bomba deve essere stata costruita in molto tempo e progettata a lungo. Nessuno avrebbe fatto caso a una macchina parcheggiata fuori da un hotel vuoto, o notato che era piegata sugli assi dal peso dell’esplosivo, come sicuramente sarà stata.

Gli esecutori sono uomini spietati, che non badano agli innocenti. Volevano uccidere Rafik Hariri e nient’altro contava. Nelle strade intorno emergevano uomini e donne con i vestiti insanguinati. Migliaia di finestre si erano infrante su di loro e stavano lì, col sangue che gocciolava sulle loro scarpe, sui loro pantaloni o gonne, mentre i primi infermieri delle ambulanze gridavano ai pompieri di togliere i tubi dal marciapiede.
Tutta la strada era scivolosa per via dell’acqua e del sangue. Ho contato 22 macchine che stavano esplodendo o bruciando. Il saudita miliardario che cenava con re e principi, la cui amicizia personale con Jacques Chirac ha aiutato il Libano ad assorbire il debito pubblico di 41 miliardi di dollari, ha finito i suoi giorni in questo inferno.
In privato non nascondeva la sua animosità contro gli Hezbollah, che attaccando le truppe di occupazione israeliane prima del ritiro nel 2000 avrebbero ostacolato i suoi piani per il risanamento economico del Libano; tollerava i siriani, ma al tempo stesso aveva dei progetti per la partenza delle loro forze militari. Era vero, come si diceva a Beirut, che Hariri era il leader segreto dell’opposizione politica alla presenza siriana? O i suoi nemici erano personaggi ancora più sinistri?

Il Libano è costruito sulle istituzioni che custodiscono il settarismo come un credo, secondo il quale il presidente deve essere sempre un cristiano maronita, il primo ministro un musulmano sunnita, come Hariri, e il portavoce del parlamento un musulmano sciita. Chiunque abbia disposto l’uccisione di Hariri sapeva che avrebbe potuto riaprire tutte le crepe della guerra civile dal 1975 al 1990.
Ieri notte migliaia di sostenitori di Hariri si sono riuniti in lacrime fuori dal suo palazzo a Koreitem, chiedendo di sapere chi ha ucciso il loro leader. Gli uomini dell’ex primo ministro giravano per le strade, ordinando ai negozianti di tirare giù le saracinesche. Dopo 15 anni di sonno, i fantasmi della guerra civile verranno risvegliati? Non conosco la risposta, ma quella nuvola nera che ha ricoperto Beirut per più di un’ora ieri pomeriggio ha gettato la gente nel buio, non solo per via della sua ombra.

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