Da Il Manifesto del 12/11/2004
«Fermate il massacro»
Appello per Falluja di Mohamed Alla: Italia, ritira le truppe dall'Iraq
di Giuliana Sgrena
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Il massacro di Falluja continua. Ne parliamo con Mohamed Alla del Centro studi per i diritti e la democrazia di Falluja, a Roma per partecipare all'incontro «Costruire ponti di pace».
Quali sono le ultime notizie?
Continuano i bombardamenti. All'inizio dell'attacco in sole 24 ore sono state sganciate sulla città 25 bombe a grappolo. Si usano armi proibite.
La resistenza ha avanzato al governo iracheno una proposta di negoziato...
Le varie componenti della resistenza esprimono la loro disponibilità a trattare per trovare una soluzione pacifica. La gente di Falluja vuole la pace per salvaguardare la propria vita, ma anche quella dei soldati iracheni che si trovano in mezzo e anche degli americani manipolati e costretti a simili azioni.
Inoltre sembra impossibile arrestare l'avanzata delle truppe con armi sofisticate e la resistenza sembra voglia evitare un bagno di sangue...
Noi non misuriamo il grado di resistenza sulla base della qualità e quantità tecnica e militare, ma sulla base della fede in dio onnipotente. Un uomo con un Rpg in spalla come può far fronte alla tecnologia militare? La resistenza può essere militare o morale. La resistenza non è debole, ha varie opzioni e non le ha ancora utilizzate tutte. I bombardamenti non sono mirati perché quello che vuole colpire il governo iracheno è il simbolo della resistenza. Ma qualsiasi sarà l'esito della battaglia, ci saranno altre Falluja, già si parla di Mosul, Baquba, Ramadi. Il nostro auspicio è che il governo iracheno cambi atteggiamento e rispetti il suo compito istituzionale: salvare la vita degli iracheni. Una parte del governo non è per la soluzione militare.
Ma non riesce ad imporsi...
C'è un «complotto» contro Falluja perché un accordo era stato raggiunto dalla delegazione (Mohammed Alla ha fatto parte della delegazione di rappresentanti di Falluja che hanno negoziato con il governo, ndr) con il ministro della difesa iracheno, erano stati definiti tutti i punti: ritorno alla supremazia del diritto con il ripristino della Guardia nazionale; le truppe Usa non sarebbero entrate a Falluja; ritorno degli sfollati con incentivi economici e risarcimento per le distruzioni dello scorso aprile. I rappresentanti di Falluja si impegnavano a ristabilire un clima di fiducia verso il governo, e, dopo un periodo da concordare, la consegna delle armi e l'allontanamento dalla città di combattenti stranieri.
Ma poi tutto è saltato...
Quando è arrivato Rumsfeld e ha posto la condizione impossibile: la consegna di Zarqawi. Prima gli americani hanno fatto la guerra perché dicevano che Saddam aveva le armi di distruzione di massa, che non c'erano, poi hanno chiesto la consegna di Zarqawi, ora che sono entrati a Falluja dicono che Zarqawi è fuggito, ma da dove è scappato se eravamo assediati?
Anche l'appello di Kofi Annan è stato ignorato, nemmeno l'Onu riesce ad avere un ruolo.
Quando abbiamo incontrato il rappresentante dell'Onu avevamo chiesto oltre a un appello per fermare i massacri anche un ruolo attivo dell'Onu di mediazione tra il governo e i rappresentanti di Falluja. Kofi Annan ha risposto solo alla prima richiesta».
Dal convegno di Roma Alla lancia un appello: «alzate la vostra voce per fermare lo spargimento di sangue. Dovete chiedere il ritiro delle truppe italiane perché danno una immagine negativa dell'Italia. Noi vi vogliamo come amici e non come occupanti. Ci dispiace per i 19 italiani uccisi a Nassiriya, avete pagato per gli errori Usa.
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Ma non riesce ad imporsi...
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