Da Frankfurter Allgemeine del 22/05/2005
L’avvocatessa uzbeca Tamara Chikunova parla della sua patria
“Nessuno qui è sicuro”
di Oliver Hoiscben
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Signora Chikunova, che aria si respira ora in Taschkent?
La gente ora, ad una settimana dal bagno di sangue di Audischan, è molto insicura e preoccupata. Non sanno cosa li aspetta e come agire. In tutto il paese domina la paura. Queste, naturalmente sono solo le mia impressioni personali. Una cosa è chiara: cio che è accaduto ad Audischan è inaudito, è stato un massacro. Quando vengono uccisi donne e bambini, non si possono trovare giustificazioni, neanche il presidente Karimow può.
Secondo Karimow erano gli islamici a nascondersi dietro i tumulti. Quant’è forte l’islam in Uzbekistan?
Sarebbe un contro senso per me dire che l’islam non giochi un ruolo importante in Uzbekistan, del resto questo è un paese col maggior numero di abitanti mussulmani. Ma i credenti mussulmani vengono perseguitati dal governo, conosco persone che a causa di ciò si sono dovute convertire al cristianesimo, dicevano: Dio ci ha abbandonato.
Io sono cresciuta qui, glielo posso dire, l’anti-islamismo del governo è spietato. D’altra parte non è possibile che ogni cittadino sia un estremista. Le prigioni sono piene di giovani, semplici mussulmani, accusati e incarcerati come fondamentalisti, a cui si addossano addirittura reati.
Quali sono secondo lei i motivi della sollevazione? E’ evidente che la frustrazione nei confronti della repressione di Karimow è grande.
Gli avvenimenti di Audischan prendono origine innanzitutto da motivazioni sociali, l’economia non cresce. Qui ci si sposa molto presto, si hanno molti bambini, la povertà è grande. Gli uomini vengono trattati come schiavi, nelle fabbriche come nei campi di cotone, guadagnano una miseria, anche i bambini devono lavorare. Poi la gente sente delle repressioni politiche nel suo vicinato, tutto l’insieme porta ad una grande insoddisfazione. Proprio i giovani non hanno speranze.
Lei è un avvocato di fama internazionale, all’estero è divenuta famosa per il suo coraggioso operato contro la pena di morte contro le torture.
Questo non va bene, peggio di così non potrebbe andare. Fino ad ora non si sapeva niente di tutto questo. Nessuno è sicuro in Uzbekistan. Io sono qui seduta e parlo con lei al telefono, ed in ogni momento potrebbe accadere che un uomo entri nel mio appartamento per arrestarmi. I motivi si troverebbero sicuramente. Sono stata già accusata di molte cose. Volevano perquisire il mio appartamento perché credevano che frequentassi un’estremista islamica. Eppure io sono una cristiana! Questo è ridicolo.
Lei, cinque anni fa, fondava l’O.N.G. “Madri contro la pena di morte e le torture”. Quante siete?
Questo non posso dirlo, sarebbe troppo pericoloso.
Mio figlio fu giustiziato il 10 luglio 2000, fu arrestato per una cosa di poco conto. Non ho mai visto la sua salma e non so dove sia stato sepolto. La pena di morte in questo paese è una realtà amara, non si possono salutare per l’ultima volta nemmeno i parenti.
Perché lo stato è così crudele con i suoi stessi cittadini? Le possibilità che la pena di morte venga applicata sono alte, le leggi non funzionano. Abbiamo tentato due volte di registrare la nostra organizzazione ufficialmente, due volte siamo stati respinti. Ma questo non ci ostacola nel nostro lavoro. Raccogliamo informazioni, aiutiamo i parenti dei condannati, molti non sanno scrivere, ne formulare lettere di protesta.
Abbiamo redatto una lettera aperta chiedendo a nome di tutti gli ostaggi di Audischan una procedura ed un inchiesta leale.
Qualcosa sembra muoversi. Lei crede che in Uzbekistan sia possibile una rivoluzione come in Ucraina e in Kirgistan?
No. In questi paesi la gente sapeva bene da quali persone e da qali partiti era sostenuta. Qui il lavoro sociale e l’impegno politico sono quasi impossibili. L’opposizione non guadagna il suo nome, per questo dovrebbe abbandonare la clandestinità ed essere attiva.
Il ceto medio non esiste, i molti pensano solo a sopravvivere e i pochi sono molto ricchi. Manca la forza per creare nuove idee ed in questo modo cambiare le cose.
Certamente ci furono proteste in Tashkent, ma la gente venne subito arrestata.
E poi quando viene un’ eminente personalità che propaga l’islam e dice: “gente, ora dovete alzarvi in piedi e mostrare la vostra dignità”, allora la gente seguirà queste persone. Anche se penso che ciò non sia giusto.
La gente ora, ad una settimana dal bagno di sangue di Audischan, è molto insicura e preoccupata. Non sanno cosa li aspetta e come agire. In tutto il paese domina la paura. Queste, naturalmente sono solo le mia impressioni personali. Una cosa è chiara: cio che è accaduto ad Audischan è inaudito, è stato un massacro. Quando vengono uccisi donne e bambini, non si possono trovare giustificazioni, neanche il presidente Karimow può.
Secondo Karimow erano gli islamici a nascondersi dietro i tumulti. Quant’è forte l’islam in Uzbekistan?
Sarebbe un contro senso per me dire che l’islam non giochi un ruolo importante in Uzbekistan, del resto questo è un paese col maggior numero di abitanti mussulmani. Ma i credenti mussulmani vengono perseguitati dal governo, conosco persone che a causa di ciò si sono dovute convertire al cristianesimo, dicevano: Dio ci ha abbandonato.
Io sono cresciuta qui, glielo posso dire, l’anti-islamismo del governo è spietato. D’altra parte non è possibile che ogni cittadino sia un estremista. Le prigioni sono piene di giovani, semplici mussulmani, accusati e incarcerati come fondamentalisti, a cui si addossano addirittura reati.
Quali sono secondo lei i motivi della sollevazione? E’ evidente che la frustrazione nei confronti della repressione di Karimow è grande.
Gli avvenimenti di Audischan prendono origine innanzitutto da motivazioni sociali, l’economia non cresce. Qui ci si sposa molto presto, si hanno molti bambini, la povertà è grande. Gli uomini vengono trattati come schiavi, nelle fabbriche come nei campi di cotone, guadagnano una miseria, anche i bambini devono lavorare. Poi la gente sente delle repressioni politiche nel suo vicinato, tutto l’insieme porta ad una grande insoddisfazione. Proprio i giovani non hanno speranze.
Lei è un avvocato di fama internazionale, all’estero è divenuta famosa per il suo coraggioso operato contro la pena di morte contro le torture.
Questo non va bene, peggio di così non potrebbe andare. Fino ad ora non si sapeva niente di tutto questo. Nessuno è sicuro in Uzbekistan. Io sono qui seduta e parlo con lei al telefono, ed in ogni momento potrebbe accadere che un uomo entri nel mio appartamento per arrestarmi. I motivi si troverebbero sicuramente. Sono stata già accusata di molte cose. Volevano perquisire il mio appartamento perché credevano che frequentassi un’estremista islamica. Eppure io sono una cristiana! Questo è ridicolo.
Lei, cinque anni fa, fondava l’O.N.G. “Madri contro la pena di morte e le torture”. Quante siete?
Questo non posso dirlo, sarebbe troppo pericoloso.
Mio figlio fu giustiziato il 10 luglio 2000, fu arrestato per una cosa di poco conto. Non ho mai visto la sua salma e non so dove sia stato sepolto. La pena di morte in questo paese è una realtà amara, non si possono salutare per l’ultima volta nemmeno i parenti.
Perché lo stato è così crudele con i suoi stessi cittadini? Le possibilità che la pena di morte venga applicata sono alte, le leggi non funzionano. Abbiamo tentato due volte di registrare la nostra organizzazione ufficialmente, due volte siamo stati respinti. Ma questo non ci ostacola nel nostro lavoro. Raccogliamo informazioni, aiutiamo i parenti dei condannati, molti non sanno scrivere, ne formulare lettere di protesta.
Abbiamo redatto una lettera aperta chiedendo a nome di tutti gli ostaggi di Audischan una procedura ed un inchiesta leale.
Qualcosa sembra muoversi. Lei crede che in Uzbekistan sia possibile una rivoluzione come in Ucraina e in Kirgistan?
No. In questi paesi la gente sapeva bene da quali persone e da qali partiti era sostenuta. Qui il lavoro sociale e l’impegno politico sono quasi impossibili. L’opposizione non guadagna il suo nome, per questo dovrebbe abbandonare la clandestinità ed essere attiva.
Il ceto medio non esiste, i molti pensano solo a sopravvivere e i pochi sono molto ricchi. Manca la forza per creare nuove idee ed in questo modo cambiare le cose.
Certamente ci furono proteste in Tashkent, ma la gente venne subito arrestata.
E poi quando viene un’ eminente personalità che propaga l’islam e dice: “gente, ora dovete alzarvi in piedi e mostrare la vostra dignità”, allora la gente seguirà queste persone. Anche se penso che ciò non sia giusto.
Annotazioni − Traduzione di Francesco Pecorari