Da La Repubblica del 25/07/1999

Kosovo, ora il nemico si chiama inverno

di Lester Thurow

Quando la guerra finisce, ha inizio la ricostruzione. Si è incominciato ora a parlare di un Piano Marshall per il Kosovo. Indicare come modello il Piano Marshall significa partire da due grandi assunti: primo, che l'aiuto sia di vasta portata relativamente all'economia del paese destinato a riceverlo; secondo, che la ripresa avvenga in tempi rapidi. Nel nostro caso, entrambe le cose sono possibili.

Il Kosovo è piccolo (meno di due milioni di abitanti), e la sua povertà era tale (il livello più basso di un paese povero) che non occorre molto perché l' aiuto sia di proporzioni importanti rispetto alla sua economia. Le somme di denaro che dovranno essere erogate dall'Europa e dall'America (e dal Giappone?) saranno molto esigue a confronto dei rispettivi contesti economici. Ai fini pratici, si tratta di importi quasi insignificanti, tenuto conto dei nostri livelli operativi. Altrettanto facile sarebbe conseguire un rapido recupero dei livelli d'anteguerra. Il Kosovo è una società essenzialmente rurale, e ha bisogno di rimpiazzare il patrimonio zootecnico e i macchinari agricoli perduti. Si tratta quindi semplicemente di acquistare ed importare le macchine e il bestiame necessari, che non sono molto costosi, e di cui il mercato mondiale ha ampie disponibilità.

Se parliamo di ricostruzione, non intendiamo uno sviluppo economico tale da trasformare il Kosovo in una ricca e moderna nazione europea. Per un obiettivo del genere occorrerebbero tempi lunghi. Ciò che intendiamo è una ripresa economica tale da riportare il paese al punto in cui si trovava, dotandolo di una piattaforma economica sulla cui base poter costruire il futuro.

Non è più tempo di semina per il 1999: siamo ormai troppo vicini all'inverno. Per le sue esigenze alimentari, il Kosovo dipenderà quindi dall'estero, nel migliore dei casi, fino all'autunno del 2000. Ma si tratterà, anche in questo caso, di quantitativi modesti - e d'altra parte, il mondo intero è sommerso dalle eccedenze di prodotti agricoli, tanto che i prezzi mondiali dei generi alimentari sono vicini al minimo storico.

Peraltro, l'impossibilità di dedicare l' estate e l'autunno del 1999 ai lavori agricoli può essere usata in senso positivo. Sarà necessario ricostruire gli alloggi, e spesso nelle aree rurali gli agricoltori sono al tempo stesso operai edili. I coltivatori che quest'estate non avranno la possibilità di lavorare nelle proprie aziende potranno dunque essere impegnati nei lavori di costruzione, a condizione di disporre delle attrezzature e dei materiali occorrenti. Tutto questo comunque può essere facilmente acquistato e importato. A breve termine, il problema principale non riguarda l'economia, bensì gli alloggi. In questo senso, il Kosovo sarà impegnato in una gara di velocità con l' inverno. Si farà in tempo a costruire alloggi sufficienti prima dell'arrivo della stagione fredda? La risposta non può che essere negativa. Eppure bisogna incoraggiare la popolazione a tornare, a fare tutto il possibile per ricostruire, con l'intesa che chi lo desidera possa ripartire durante i mesi invernali. L'esperienza insegna che il rimpatrio dei kosovari potrà essere tanto più massiccio, quanto più sarà avviato tempestivamente. Sarebbe un madornale errore consigliare ai profughi di aspettare che vi siano alloggi disponibili per far ritorno alla propria terra. La cosa migliore è lasciare che ciascuno decida per sé. Probabilmente, i maggiori problemi della ricostruzione non sono quelli che si pongono all'interno del Kosovo. Le infrastrutture della regione (strade, linee ferroviarie) e la sua rete di scambi commerciali dovranno essere riprogrammati per assicurare le comunicazioni con il resto del mondo attraverso l'Albania, e non più, come in passato, attraverso la Serbia. Il problema dei sistemi di trasporto verso il Kosovo si porrà a breve termine. Saranno i trasporti, e non il denaro, a frenare il ritmo della ricostruzione. Perché il Kosovo ritorni ad essere quello che era, sarà necessario prevedere, nel lungo periodo, aiuti sostanziali per la costruzione di nuove infrastrutture in Albania. Il problema reale della ricostruzione non riguarda il denaro, o l' acquisto delle necessarie attrezzature agricole, del bestiame, dei materiali e macchinari per l'edilizia, bensì l'organizzazione sociale. Chi provvederà a organizzare il da farsi in una società che non ha avuto la possibilità di darsi un suo governo, e che non possiede l'esperienza necessaria per una ricostruzione di così vasta portata? Inizialmente, la leadership dovrà provenire dagli eserciti Nato che attualmente occupano il Kosovo. L'ideale sarebbe che gli eserciti occupanti, come è avvenuto dopo la seconda guerra mondiale, colgano l'opportunità dell'esigenza della ricostruzione per fare opera di formazione e avviare a un'esperienza di governo una nuova generazione di leader nel Kosovo. Queste attività a lungo termine costituiscono un compito di gran lunga più importante di quello di disarmare l'Uck: un'impresa che non darà alcun risultato positivo se nella fase del dopoguerra non emergerà un'organizzazione sociale sana e vitale.

Il presidente Clinton e i governanti europei hanno ragione di dire che ad eccezione dei soccorsi umanitari, non vi saranno aiuti per la Serbia finché le cose non cambieranno ai vertici del governo. Dopo la seconda guerra mondiale, il Piano Marshall è stato concesso ad ex nemici quali la Germania e il Giappone, ma solo in seguito alla loro resa incondizionata, e dopo che i loro dirigenti erano stati processati come criminali di guerra, e i rispettivi governi affidati alla gestione degli eserciti di occupazione. Gli aiuti del Piano Marshall non sono stati elargiti a chi ha pianificato e diretto le azioni belliche delle potenze dell'Asse durante la seconda guerra mondiale. I serbi dovranno affrontare le conseguenze del fatto che evidentemente, in quest'ultimo decennio, la pulizia etnica nelle aree non serbe dell'ex-Jugoslavia ha goduto in Serbia di un diffuso sostegno. E' importante che la gente comune di questo paese debba pagare, in maniera palese agli occhi del mondo, per questo comportamento. Un periodo di limitazioni sul piano dei servizi pubblici e delle infrastrutture sarà une lezione importante per altri che potrebbero essere tentati ad adottare analoghi comportamenti.

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