Da La Repubblica del 13/07/2005

Come ai tempi delle Br

di Giuseppe D'Avanzo

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Il mondo in guerra: ieri, oggi, domaniOggiTerrorismo internazionale
«IL TERRORISMO bussa alla nostra porta», avverte il ministro dell´Interno. L´Italia ha la concreta possibilità di essere colpita come la Spagna e il Regno Unito. A ben vedere, in Parlamento va in scena, nonostante gli applausi che buona parte dell´opposizione gli riserva, il dramma di Giuseppe Pisanu. Il ministro ha cultura democristiana e sa che, in momenti così tragici, il Paese deve essere politicamente unito, istituzionalmente coeso, capace di politiche razionali che isolino il nemico. Quel che tocca con mano, disintegra lo schema. Pisanu vede la minaccia vicina; le debolezze e le divisioni del governo; i conflitti aperti tra poteri dello Stato; la diffidenza dell´opposizione per la maggioranza e della maggioranza per l´opposizione.
Quel che tocca e vede fa del ministro dell´Interno, l´autorità politica della sicurezza nazionale, un uomo inquieto. Pisanu lascia intendere quel che noi tutti dobbiamo presto attenderci. Sceglie con cura le parole, evita le formule dell´allarme che terrorizza. Sottolinea, scandendo con precisione le frasi, che non c´è nessuna notizia che annunci un pericolo imminente. Dice però, con cautela responsabile, che siamo già in pericolo. Che il pericolo non è lontano da noi. È accanto a noi. Questa convinzione politica e "tecnica" dovrebbe indurre il ministro a illustrare provvedimenti razionali, iniziative lucide e politiche coerenti per prevenire un colpo che, come dimostrano la Madrid dell´11 marzo e la Londra del 7 luglio, è arduo da avvistare e anticipare. Non può farlo. È la seconda inquietudine che affiora sul volto contratto di Giuseppe Pisanu. Il ministro sa di dover combattere con un braccio legato dietro la schiena. Dice e annuncia quel che può dire e annunciare. Nessuna legge speciale o eccezionale, naturalmente. Convinto che il terrorismo si possa (debba) sconfiggere, senza comprimere le libertà, il sistema di garanzie e di diritti individuali, annuncia il potenziamento di quel che è già scritto nelle leggi, di quel che è già prassi per gli uomini della sicurezza. Con la certezza che le opposizioni ex-comuniste ne avrebbero sentita l´eco, ripropone la filosofia degli interventi che la Democrazia cristiana, con il consenso del Pci, varò dopo il rapimento di Aldo Moro, marzo 1978. Come allora, aumento dei poteri degli organi di polizia. Provvedimenti che accrescono la possibilità di effettuare perquisizioni e intercettazioni telefoniche. Polizie autorizzate a raccogliere informazioni sugli indiziati attraverso interrogatori (anche in carcere) svolti senza la presenza del difensore. Fermo preventivo applicabile dalle forze di polizia contro coloro che non hanno commesso reati, ma sono sospettati di poterne commettere. Lo schema, che fu vincente per la lotta al terrorismo nazionale, è rammodernato inasprendolo sui cronici punti di debolezza dei sospetti islamici. Permessi di soggiorno. Documenti falsi. Potranno essere premio di collaborazione, i primi. Motivo di arresto e condanna, i secondi. Pisanu non può far altro che convergere contro il terrorismo islamico istituti, misure e regole già presenti nel nostro ordinamento per contrastare le mafie. Chiede risorse finanziarie. Promette di cancellare le scorte inutili e di destinare a compiti istituzionali i 5000 poliziotti e carabinieri che oggi sono incastrati in lavori burocratici o nelle notifiche giudiziarie. Si impegna a dare maggiore coordinamento e unità alle forze dell´ordine e all´intelligence soprattutto per tenere sotto controllo "il territorio", le infrastrutture e i 13mila "obiettivi sensibili". Pisanu deve fermarsi su questo ciglio. Non può andare oltre. È la terza inquietudine che si può scorgere sul suo volto. Il ministro sa che una maggiore razionalità nell´uso degli strumenti esistenti è necessaria, ma non sufficiente. È consapevole che, nella battaglia di lungo periodo con il moderno Islam radicale, oltre alle polizie, occorrono politiche pubbliche e coesione istituzionale. È questo il braccio che deve tenere legato dietro la schiena per evitare di mettere in tensione l´unità e la tenuta della maggioranza. In un dibattito parlamentare molto corretto (per una volta), quel che salta agli occhi è soprattutto la debolezza del governo in questo passaggio essenziale della nostra vita collettiva. Pisanu è costretto a tenerne dolorosamente conto. Accanto a lui, non c´è il ministro della Giustizia. Non si sa che cosa pensi Castelli di un maggior coordinamento delle inchieste anti-terrorismo. Si sa che cosa pensava una volta. Dopo l´11 settembre annunciò (1 ottobre 2001) l´imminente istituzione d´una "struttura nazionale antiterrorismo". Oggi, alle prese con un incarognito e inutile parapiglia punitivo contro la magistratura, ci ha ripensato. È sostenuto, a quanto pare, da Berlusconi che, nel rafforzamento dell´intervento penale, paventa l´uscita dall´angolo di giudici e pubblici ministeri; la rivitalizzazione della magistratura come potere forte, autonomo, circondato dal consenso e, dunque, assai pericoloso. La diffidenza di un potere dello Stato (governo) per un altro (l´ordine giudiziario) indebolisce necessariamente la risposta al terrorismo, e il ministro non lo ignora. Ancora più fragile è la risposta politica. Da anni, Pisanu è consapevole che l´unica via per assicurare al Paese un futuro privo di paura e di incertezza è il dialogo con l´Islam moderato italiano. Soltanto questo dialogo può isolare e arrestare la diffusione della visione distorta del mondo dei militanti; bloccare la proliferazione di nuovi volontari radicali che non vengono più dalle roccaforti del qaedismo ma, come a Londra, nascono qui, vivono tra noi. Pisanu accenna all´obbligo (anche strategico) del dialogo. Viene apprezzato dall´opposizione, quasi zittito da settori della maggioranza. L´idea stessa dell´esistenza di un Islam moderato viene contestata al ministro dalla Lega, e con toni diversi da An: negano che esistano moderati o moderatismi in un Islam che leggono come religione d´odio e cultura di morte. Pisanu non accenna nemmeno a una questione, la riforma dei servizi segreti, che potrebbe risvegliare nell´opposizione una diffidenza che oggi è messa in un canto. Che i servizi nazionali d´intelligence debbano essere riunificati per superare ambiti e competenze nati durante la Guerra fredda lo ha detto e ripetuto a ogni occasione. Ma Pisanu intuisce che una sola intelligence, e i maggiori poteri che produce, riattiverebbero in forme nuove quel forte senso delle "appartenenze separate" che ha accompagnato la storia della Prima Repubblica. Lascia perdere: una riforma così delicata, incagliata negli ultimi quattro anni, è impossibile che si faccia nell´ultimo anno elettorale. L´Italia vista ieri in Parlamento, con gli occhi del ministro degli Interni, è un Paese fragile, con politica e istituzioni deboli. Speriamo che abbia polizie fortunate.

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