Da Il Resto del Carlino del 23/07/2005
Travaglio: ecco perché non vogliono Caselli all’Antimafia
di Alessandro De Gregorio
LIVORNO. «Ma lo sai che mentre scrivevo certe cose mi chiedevo se non stessi sognando?». Sorride Marco Travaglio, mentre firma autografi e cita un piccolo aneddoto contenuto in “Regime”, il libro scritto con Peter Gomez. Riguarda l’attore Francesco Paolantoni, incaricato nel 2002 di creare un programma per Raidue. Lo mise su, poi il direttore Antonio Marano lo gelò: «Ottimo lavoro, peccato che lei sia napoletano. Purtroppo non può condurre “Furore”. Mi dispiace, sa, mi ha messo qui la Lega...».
Chi vuole approfondire, si legga il libro. Quello che Travaglio ha presentato a Livorno si intitola “Intoccabili” e l’ha scritto insieme a Saverio Lodato. E’ un documento sull’intreccio tra politica, affari e mafia. Ne ha parlato a Livorno nell’anniversario della strage di via D’Amelio, dove Cosa Nostra con un’autobomba uccise il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. «Per ricordare Borsellino - ha detto Travaglio - non servono false cerimonie. Il modo migliore è continuare a cercare la verità. A cercare i perché».
Alla libreria Gaia Scienza, il giornalista è stato due ore a spiegare perché e percome. Perché la mafia è al potere. E come ha fatto a restarci. Perché ad esempio hanno provato a farci credere che Giulio Andreotti fosse innocente; quando invece è stato assolto per prescrizione e riconosciuto colluso con la mafia fino alla primavera 1980. O perché il Corriere della Sera giorni fa abbia nascosto in un trafiletto a pagina 16 la motivazione con cui il tribunale di Palermo ha condannato a nove anni Marcello Dell’Utri, inventore di Forza Italia, riconosciuto l’anello di collegamento tra Cosa Nostra e Fininvest. Ma soprattutto perché il governo stia combattendo a colpi di fiducia per riformare l’ordinamento giudiziario e impedire la nomina di Giancarlo Caselli a procuratore nazionale antimafia. Eccetera eccetera. Tutto questo chi vuole può trovarlo negli “Intoccabili”.
In “Regime” invece Travaglio spiega come e perché in tre anni (2001-2004) il governo Berlusconi ha censurato la libera informazione epurando gente come Biagi, Santoro, Luttazzi. «Uso criminoso della televisione pubblica», disse il Cavaliere dalla Bulgaria. Ecco qui Travaglio il fissato, deviato come le toghe rosse. Quel Travaglio che sacralizza lo Stato di diritto e la magistratura, parte da un’impostazione di destra e si ritrova a sinistra. Già. Poi però fa incazzare tutte e due. «Per chi voto sono affari miei. Io sono solo un giornalista e racconto i fatti. Nessuno mi ha ancora smentito».
E di cose ne ha dette, Travaglio. Facendo parlare le carte, sempre. «Ma secondo voi - ha chiesto al pubblico livornese - nel 2005 perché ci si preoccupa così tanto della riforma dell’ordinamento giudiziario? Se con la mafia bisogna convivere, come si lasciò scappare in una formidabile botta di sincerità il ministro Lunardi, che paura c’è? La paura che il presidente Ciampi bocci ancora la riforma proprio sul codicillo Caselli. Ragioniamo. Dopo la conferma in Cassazione delle sentenze del maxiprocesso, Cosa Nostra reagì con la stagione delle bombe e degli attentati. Dal ’92 al ’93 furono uccisi i giudici Falcone e Borsellino, l’europarlamentare Salvo Lima, il potente esattore siciliano Ignazio Salvo, altri. Poi le bombe sono cessate di colpo, la mafia si è inabissata.
Motivo? Cosa Nostra è venuta a patti con lo Stato. Mentre a Palermo Caselli faceva arrestare, processare e condannare tutti gli esecutori e i mandanti, un altro Stato trattava. Magari arrestava Riina ma si “dimenticava” di perquisire il suo covo. Uno Stato che ha pagato il pizzo, o ha delegato, a Cosa Nostra».
Chi vuole approfondire, si legga il libro. Quello che Travaglio ha presentato a Livorno si intitola “Intoccabili” e l’ha scritto insieme a Saverio Lodato. E’ un documento sull’intreccio tra politica, affari e mafia. Ne ha parlato a Livorno nell’anniversario della strage di via D’Amelio, dove Cosa Nostra con un’autobomba uccise il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. «Per ricordare Borsellino - ha detto Travaglio - non servono false cerimonie. Il modo migliore è continuare a cercare la verità. A cercare i perché».
Alla libreria Gaia Scienza, il giornalista è stato due ore a spiegare perché e percome. Perché la mafia è al potere. E come ha fatto a restarci. Perché ad esempio hanno provato a farci credere che Giulio Andreotti fosse innocente; quando invece è stato assolto per prescrizione e riconosciuto colluso con la mafia fino alla primavera 1980. O perché il Corriere della Sera giorni fa abbia nascosto in un trafiletto a pagina 16 la motivazione con cui il tribunale di Palermo ha condannato a nove anni Marcello Dell’Utri, inventore di Forza Italia, riconosciuto l’anello di collegamento tra Cosa Nostra e Fininvest. Ma soprattutto perché il governo stia combattendo a colpi di fiducia per riformare l’ordinamento giudiziario e impedire la nomina di Giancarlo Caselli a procuratore nazionale antimafia. Eccetera eccetera. Tutto questo chi vuole può trovarlo negli “Intoccabili”.
In “Regime” invece Travaglio spiega come e perché in tre anni (2001-2004) il governo Berlusconi ha censurato la libera informazione epurando gente come Biagi, Santoro, Luttazzi. «Uso criminoso della televisione pubblica», disse il Cavaliere dalla Bulgaria. Ecco qui Travaglio il fissato, deviato come le toghe rosse. Quel Travaglio che sacralizza lo Stato di diritto e la magistratura, parte da un’impostazione di destra e si ritrova a sinistra. Già. Poi però fa incazzare tutte e due. «Per chi voto sono affari miei. Io sono solo un giornalista e racconto i fatti. Nessuno mi ha ancora smentito».
E di cose ne ha dette, Travaglio. Facendo parlare le carte, sempre. «Ma secondo voi - ha chiesto al pubblico livornese - nel 2005 perché ci si preoccupa così tanto della riforma dell’ordinamento giudiziario? Se con la mafia bisogna convivere, come si lasciò scappare in una formidabile botta di sincerità il ministro Lunardi, che paura c’è? La paura che il presidente Ciampi bocci ancora la riforma proprio sul codicillo Caselli. Ragioniamo. Dopo la conferma in Cassazione delle sentenze del maxiprocesso, Cosa Nostra reagì con la stagione delle bombe e degli attentati. Dal ’92 al ’93 furono uccisi i giudici Falcone e Borsellino, l’europarlamentare Salvo Lima, il potente esattore siciliano Ignazio Salvo, altri. Poi le bombe sono cessate di colpo, la mafia si è inabissata.
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