Da Corriere della Sera del 06/08/2005
Originale su http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2005/08_Agosto/06/venturini....
E si evoca un accorto tra Clinton e Putin per mantenere segreto l'episodio
L'ipotesi choc sul Kursk "Un siluro americano"
Una battaglia tra u-boot nei mari di Barents: è l'ultima ricostruzione sulla tragedia del sommergibile affondato nel 2000
di Franco Venturini
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L’hanno chiamata «Caccia ad Agosto Rosso», tanto la tragedia del sommergibile Kursk evocò cinque anni fa ed evoca ancora oggi l’atmosfera tesa e misteriosa del celebre film con Sean Connery. Il K-141 della marina militare russa interruppe i contatti radio alle dieci e trenta del 12 agosto 2000, dopo che in superficie erano state captate due esplosioni, la seconda delle quali fortissima. Il Kursk si adagiò sui fondali del Mare di Barents, a 100 metri di profondità, e la comunicazione ufficiale dell’incidente giunse dalle autorità russe soltanto il giorno 14. Vladimir Putin rimase in vacanza, le operazioni di soccorso si rivelarono vane, fu rifiutato ogni aiuto straniero e i 118 uomini dell’equipaggio morirono tutti.
Una «gola profonda» raccontò al Corriere della Sera, nei giorni seguenti, i retroscena dell’accaduto. Nel luglio 2000 scoppia tra esercito, aviazione e marina una «guerra» per mettere le mani sui finanziamenti non ancora assegnati nel bilancio della difesa russo: circa duecento milioni di dollari. Gli ammiragli, consapevoli della simpatia del pietroburghese Putin nei loro confronti, decidono di attuare grandi manovre nel Mare di Barents per dimostrare che i denari dati a loro sarebbero ben spesi. Ma la prevista riunione per assegnare le somme viene anticipata, e così l’ammiraglio Kuroyedov, comandante supremo della flotta, ordina alle sue navi di uscire in tutta fretta. Il Kursk, che dovrebbe sperimentare nuovi siluri, non è pronto ma obbedisce.
Quando si verifica la tragedia la prima versione della marina parla di «collisione». Ma secondo la fonte di Mosca è stato invece uno dei nuovi siluri a esplodere in fase di lancio, innescando poi lo scoppio dell’intero compartimento. Senza, per fortuna, coinvolgere i missili nucleari che sono a bordo del sommergibile. Il recupero dei 118 cadaveri prende tempo, e ancora più lenta è l’operazione in due fasi per riportare a galla il relitto del K-141. Nel frattempo, per quanto la versione sin qui riferita resti la più verosimile, emergono interpretazioni diverse sulla «vera storia» dell’affondamento.
La tesi della collisione che innesca lo scoppio dei siluri torna ad affiorare e coinvolge un sommergibile nucleare britannico classe Trafalgar, il Triumph. Le smentite degli esperti sono categoriche, ma non impediscono una diversa interpretazione: in realtà, il Kursk sarebbe stato colpito da un missile amico lanciato dall’incrociatore Pietro il Grande, che partecipava alle medesime manovre. Si parla anche di una mina residuato bellico (il mare davanti a Murmansk ne sarebbe ancora disseminato) che esplodendo avrebbe coinvolto il compartimento siluri del Kursk.
Ma la ricostruzione più affascinante, e forse più fantasiosa, è di pochi mesi fa. Un documentario franco-canadese definito credibile da Maurice Stradling, ex alto funzionario del ministero della difesa britannico, parte dall’assunto che il Kursk fosse seguito da vicino, durante le manovre, da due sommergibili americani in missione di spionaggio: il Toledo e il Memphis. Per un errore di manovra quest’ultimo si scontra con il Kursk, che risponde aprendo i tubi di lancio dei siluri e preparandosi ad affrontare l’inattesa minaccia. Il Toledo però lo precede, e per difendere il Memphis malridotto lancia lui per primo un siluro MK-48 che colpisce il Kursk, ne perfora la corazza (in alcune fotografie si vede un foro rivolto verso l’interno) ed esplode facendo saltare tutta la prua del sommergibile russo. Putin e Clinton si sarebbero allora messi d’accordo per mantenere l’incidente segreto, e il Cremlino sarebbe stato ricompensato con la cancellazione, effettivamente avvenuta, di un debito di 10 miliardi di dollari.
Una «gola profonda» raccontò al Corriere della Sera, nei giorni seguenti, i retroscena dell’accaduto. Nel luglio 2000 scoppia tra esercito, aviazione e marina una «guerra» per mettere le mani sui finanziamenti non ancora assegnati nel bilancio della difesa russo: circa duecento milioni di dollari. Gli ammiragli, consapevoli della simpatia del pietroburghese Putin nei loro confronti, decidono di attuare grandi manovre nel Mare di Barents per dimostrare che i denari dati a loro sarebbero ben spesi. Ma la prevista riunione per assegnare le somme viene anticipata, e così l’ammiraglio Kuroyedov, comandante supremo della flotta, ordina alle sue navi di uscire in tutta fretta. Il Kursk, che dovrebbe sperimentare nuovi siluri, non è pronto ma obbedisce.
Quando si verifica la tragedia la prima versione della marina parla di «collisione». Ma secondo la fonte di Mosca è stato invece uno dei nuovi siluri a esplodere in fase di lancio, innescando poi lo scoppio dell’intero compartimento. Senza, per fortuna, coinvolgere i missili nucleari che sono a bordo del sommergibile. Il recupero dei 118 cadaveri prende tempo, e ancora più lenta è l’operazione in due fasi per riportare a galla il relitto del K-141. Nel frattempo, per quanto la versione sin qui riferita resti la più verosimile, emergono interpretazioni diverse sulla «vera storia» dell’affondamento.
La tesi della collisione che innesca lo scoppio dei siluri torna ad affiorare e coinvolge un sommergibile nucleare britannico classe Trafalgar, il Triumph. Le smentite degli esperti sono categoriche, ma non impediscono una diversa interpretazione: in realtà, il Kursk sarebbe stato colpito da un missile amico lanciato dall’incrociatore Pietro il Grande, che partecipava alle medesime manovre. Si parla anche di una mina residuato bellico (il mare davanti a Murmansk ne sarebbe ancora disseminato) che esplodendo avrebbe coinvolto il compartimento siluri del Kursk.
Ma la ricostruzione più affascinante, e forse più fantasiosa, è di pochi mesi fa. Un documentario franco-canadese definito credibile da Maurice Stradling, ex alto funzionario del ministero della difesa britannico, parte dall’assunto che il Kursk fosse seguito da vicino, durante le manovre, da due sommergibili americani in missione di spionaggio: il Toledo e il Memphis. Per un errore di manovra quest’ultimo si scontra con il Kursk, che risponde aprendo i tubi di lancio dei siluri e preparandosi ad affrontare l’inattesa minaccia. Il Toledo però lo precede, e per difendere il Memphis malridotto lancia lui per primo un siluro MK-48 che colpisce il Kursk, ne perfora la corazza (in alcune fotografie si vede un foro rivolto verso l’interno) ed esplode facendo saltare tutta la prua del sommergibile russo. Putin e Clinton si sarebbero allora messi d’accordo per mantenere l’incidente segreto, e il Cremlino sarebbe stato ricompensato con la cancellazione, effettivamente avvenuta, di un debito di 10 miliardi di dollari.
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