Da Il mondo del 27/03/1998
I misteri di Echelon
di Claudio Gatti, Antonio Satta, Alberto Sisto
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IL CASO SIGONELLA NASCONDE CERTAMENTE UNA VICENDA DI INTERCETTAZIONI ACCURATE Maggio 1997. L'ambasciatore italiano a Tirana, Paolo Foresti, e' al telefono con il leader del partito democratico Trintan Shehu. Parlano a ruota libera. Si scambiano giudizi corrosivi sul partito socialista al governo, si raccontano retroscena sulla situazione politica albanese e sul ruolo dell'Italia. Qualche giorno dopo, tutto, doviziosamente registrato, finisce sui giornali, rischiando di compromettere seriamente l'intera operazione Alba, la prima missione internazionale di pace a guida italiana del dopoguerra. Chi e' stato a intercettare la conversazione? Che l'operazione ai danni dell'Italia potesse essere stata organizzata dagli americani, a qualcuno, in verita', era gia' venuto in mente, ma ora, dopo le rivelazioni del Mondo sulla rete di intercettazioni Echelon, gestita da Stati Uniti, Gran Bretagna, Canada, Australia e Nuova Zelanda, l'ipotesi torna d'attualita'. E richiama alla mente un altro episodio controverso. Parla Giuseppe De Lutiis, storico dei servizi segreti e consulente della Commissione stragi: "Una ricostruzione, molto credibile, della crisi di Sigonella spiega, in questo modo, il nervosismo manifestato dagli Usa nei confronti del governo italiano. Intercettando le telefonate del presidente del Consiglio Bettino Craxi, gli americani avrebbero scoperto che i nostri, al contrario di quanto sostenevano ufficialmente, conoscevano bene l'identita' di Abu Abbas, il terrorista palestinese che si trovava sull'aereo egiziano atterrato in Sicilia". E del resto, come ricorda Stefano Silvestri, esperto di strategia dell'istituto di Affari internazionali ed ex sottosegretario alla Difesa, gli stessi americani "avevano poco di che arrabbiarsi. Anche loro non ci avevano detto nulla dell'operazione che stavano organizzando. E che poterono mettere in piedi, proprio grazie alle intercettazioni effettuate fra i palestinesi in Medioriente". Insomma, in un modo o nell'altro, nella vicenda di Sigonella c'e' stato sicuramente lo zampino di Echelon. Uno zampino cosi' lungo e penetrante che puo' insinuarsi ovunque. Anche in mezzo a conversazioni delicatissime dei nostri vertici istituzionali. Un'eventualita' che, dopo l'inchiesta del Mondo, ha messo in allarme il presidente del Comitato parlamentare di vigilanza sui servizi, Franco Frattini (vedere box a pagina 20), che ha ammesso di non aver saputo nulla, fino a oggi, della rete di monitoraggio americana. E reazioni analoghe ha suscitato in Parlamento. La senatrice Daria Bonfietti, presidente dell'associazione familiari delle vittime di Ustica, ha condensato il suo sconcerto in un'interrogazione parlamentare. "Quello che mi preoccupa e' che ci sia un sistema di spionaggio internazionale al di fuori di ogni controllo. Soprattutto se si considera quale potra' essere lo sviluppo della rete Internet". Ma l'esistenza di una rete planetaria in grado di intercettare tutte le comunicazioni non tranquillizza nemmeno il presidente della commissione difesa della Camera, il democratico di sinistra Valdo Spini, per il quale il governo "farebbe bene a esaminare subito il problema". Con quali risultati, e' difficile dire. L'ex ammiraglio nonche' ex parlamentare socialista e predecessore di Spini, Falco Accame, e' convinto, per esempio, che non potranno essere che modesti: "Che cosa possa fare il governo davanti a questa situazione davvero non lo so, quando per il Viminale passano ogni anno milioni di telefonate senza che nessuno alzi un dito". Perfino in Inghilterra, che pure fa parte della rete spionistica a pieno titolo, il problema della legittimita' delle intercettazioni sta impegnando il Parlamento, che dimostra di prendere in seria considerazione le denunce che vengono dal movimento di difesa dei diritti civili, Statewatch. L'organizzazione, come ha scritto sempre il Mondo, ha reso noto un documento segreto stipulato due anni fa fra i 15 Paesi dell'Unione europea, gli Stati Uniti, la Norvegia, il Canada, l'Australia e la Nuova Zelanda. Gran regista dell'operazione: l'Fbi. Secondo il testo, "i servizi autorizzati avranno la possibilita' di sorvegliare in tempo reale e a tempo pieno le intercettazioni e le trasmissioni telematiche". Proprio in questi giorni, il consiglio Giustizia e Affari internazionali dell'Unione sta esaminando una nuova convenzione di assistenza reciproca sulle questioni della lotta alla criminalita'. Anche questa, secondo Statewatch, ispirata dall'Fbi. La protesta dell'organizzazione, e di un altro gruppo analogo, Justice, e' stata raccolta in un rapporto del comitato ristretto sull'Unione europea della Camera dei Lord. I parlamentari britannici riprendono l'allarme delle due organizzazioni, secondo le quali "c'e' il serio rischio che la nuova convenzione, combinata con gli altri accordi internazionali, possa aprire la strada a un'estesa e crescente sorveglianza sugli individui, sia dentro che fuori la giurisdizione degli Stati membri". CALMA OLIMPICA In mezzo a tanto allarme, spicca l'apparente calma olimpica del governo italiano. L'atmosfera che si respira dalle parti di Palazzo Chigi, infatti, sembra rilassata. Quasi indifferente. Il ministro degli Interni, Giorgio Napolitano, interpellato dal Mondo non ha voluto rilasciare dichiarazioni, mentre i ministri della Difesa e degli Esteri, Nino Andreatta e Lamberto Dini, assorbiti dagli impegni, hanno preferito rinviare ogni commento a giorni meno concitati. Eppure la questione non e' di poco conto. Il rapporto della direzione generale ricerca del Parlamento europeo, preparato dal Technological options assessments (Stoa), su questo e' categorico: tutte le telefonate, i fax, i messaggi di posta elettronica, siano essi criptati o no, possono essere intercettati, selezionati, decodificati e inseriti in potentissime banche dati computerizzate. Quelle controllate dai cinque Paesi anglosassoni, che alla fine degli anni Quaranta sottoscrissero l'Ukusa security agreements, ma in sostanza gestite dai servizi statunitensi. E i nuovi elementi raccolti da il Mondo (vedere l'intervista a pagina 19) avvalorano questo stato di cose. "Gli americani hanno un'idea della difesa degli interessi nazionali un po' estensiva", commenta il generale Luigi Caligaris, ex europarlamentare di Forza Italia, recentemente passato all'Udr di Francesco Cossiga. "Ma non c'e' da meravigliarsi. C'e' una competizione economica globale e ci sono interessi diversi. Europa e Stati Uniti sono due colossi, ma uno, il primo, ha i piedi d'argilla. Un esempio: la partita per la vendita dei nuovi aerei alla Turchia. Alla fine l'hanno spuntata gli americani contro il consorzio europeo Airbus". "E' in corso una vera e propria guerra economica", spiega De Lutiis, e quindi le nazioni cercano in ogni modo di difendere le proprie posizioni. Del resto le partite in gioco hanno raggiunto, anche a causa della globalizzazione, dimensioni tali che le eventuali ripercussioni non possono essere ignorate da nessun governo. Oggi, la vittoria o la sconfitta in una gara internazionale, per esempio la fornitura di una flotta di aerei, puo' voler dire, nell'immediato, la conservazione o la cancellazione di migliaia di posti di lavoro. E in una prospettiva di medio periodo, addirittura la possibilita' o meno di garantire la sopravvivenza di un'intera industria nazionale. Logico che in questo contesto non siano piu' solo le singole imprese a essere coinvolte e a dover cercare di stare a galla con ogni mezzo: la partita diventa, di fatto, di interesse nazionale. E lo sara' sempre di piu'. Non e' casuale, forse, che alcune importantissime compagnie finanziarie come la giapponese Nomura Trust, la Hokkaido' financial group e la Latimer Insurance company hanno sponsorizzato un forum internazionale sulle attivita' di spionaggio che si terra' nei prossimi mesi, organizzato dal World intelligence Forum, una fondazione svizzera che ha collegamenti con i servizi segreti delle principali potenze occidentali. FINANZA E SERVIZI Come difendersi? "Se fossimo in grado di dimostrare che ci sono stati dei comportamenti illeciti si potrebbe anche protestare al World Trade organization (l'organizzazione che tutela la concorrenza e il libero scambio, ndr), ma come si fa?". Si chiede Silvestri, che ha due sole risposte per questa domanda: "O si proteggono meglio le comunicazioni importanti, con codici di criptazione, molto, ma molto efficienti. Oppure si affronta la questione sul piano politico. Ossia si chiede l'accesso degli altri Stati europei a Echelon". Se non riesci a combatterli, fatteli amici. O meglio, un po' piu' amici, visto che in qualche misura, gia' oggi l'Italia non puo' dire di essere completamente fuori dal sistema. "Come membri della Nato", spiega Silvestri, "abbiamo un accesso indiretto al loro sistema di intercettazione. In sostanza e' limitato alle questioni di interesse dell'alleanza, e comunque sono gli americani a fornirci le informazioni. In poche parole, ci dicono solo quello che pare a loro. I francesi hanno un'intesa piu' vasta, che va oltre i temi dell'Alleanza atlantica, ma anche loro non possono accedere direttamente al sistema. Gli unici privilegiati sono gli inglesi". E questo e' un altro problema. Il Regno Unito e' al tempo stesso uno dei Paesi che partecipa all'Unione europea e il principale alleato degli Stati uniti e come si vede, almeno in campo economico, non e' detto che gli interessi dei Paesi di Strasburgo e di Washington coincidano. "La disparita' nelle alleanze", spiega De Lutiis, "e' una situazione che si trascina dal dopoguerra come effetto della conferenza di Yalta quando i Paesi vincitori decisero le rispettive zone d'influenza". Ma oggi la realta' geopolitica e' molto cambiata, anche a causa della caduta del muro di Berlino, e talune alleanze di ieri possono provocare qualche imbarazzo.
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