Da Corriere della Sera del 31/03/2005
Originale su http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/03_Marzo/31/bunker.shtml
Le rivelazioni
«In un bunker i segreti dell’attentato di Agca»
La commissione di Sofia: «Massima sicurezza per custodire le carte della Stasi con le richieste degli agenti bulgari»
di Virginia Piccolillo
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ROMA — Una stanza sigillata dove nessuno può entrare. Nemmeno l’attuale presidente della Commissione dossier di Sofia, Tzevda Markova. In quel bunker sono protetti i documenti della Stasi sulla congiura per uccidere papa Wojtyla, orchestrata dal Kgb, portata a termine dagli 007 bulgari con l’aiuto dei terroristi turchi e «protetta» dai servizi segreti della Germania Est. A renderla inaccessibile è stato l’ex presidente della Commissione, Metodi Andreev, «proprio subito dopo — racconta al Corriere — avere scoperto che tra quelle lettere giunte dalla ex Ddr ce ne erano alcune che parlavano dell’attentato al pontefice ». «Quella stanza — anticipa— sarà riaperta solo quando la commissione Mitrokhin presieduta da Paolo Guzzanti verrà a prendere quei documenti ». L’organismo bicamerale potrebbe sentire presto anche Ali Agca, che tra due anni tornerà in libertà, e il giudice Ferdinando Imposimato che rivela un giallo: dall’archivio della Stasi sono state sottratte alcune carte delicatissime, quelle in cui partiva l’ordine da Mosca di «agire a ogni livello e con ogni azione possibile per uccidere il papa».
IL DOSSIER — A ottenere quelle carte da Berlino fu proprio lui, che nel 2002 firmò un accordo con l’omologa tedesca, la Betler, allora presidente della commissione sui dossier della Stasi. E a tutt’oggi Andreev è l’unico ad aver visto quelle carte. Cosa contengono? «È una fitta corrispondenza tra la Stasi e la Darzavna Sigurnost, il servizio segreto bulgaro. In tutto sono 1.000 lettere — spiega Andreev —, tutte, ovviamente, scritte in tedesco. Quando le ricevetti incaricai un’unica persona della commissione di tradurle tutte. E così passarono molti mesi. Alla fine le chiesi cosa hai trovato? E lei mi rispose: c’è qualcosa che riguarda l’attentato al papa. Allora bloccai tutto. Chiusi i documenti in una stanza nella casa della Markova, nuovo presidente della commissione e ne sigillai la porta e le finestre».
«DECOLPEVOLIZZARE» — Una di quelle lettere Andreev la ricorda in modo particolare. «Era — spiega lui stesso — la richiesta degli agenti della Darzavna Sigurnost alla Stasi di fare il possibile per decolpevolizzare la Bulgaria e provare di fronte al mondo la sua innocenza e di proteggere i suoi agenti». Ora Metodi Andreev non si spiega perché «nessuno del governo bulgaro sia intervenuto su questo argomento ». «La Bulgaria non deve vergognarsi di questa storia» dice.
RETROSCENA — E invece le autorità di Sofia hanno fino all’ultimo tentato di evitare di fare i conti con l’opinione pubblica su questa storia. Fino a lunedì scorso. Il portavoce del governo Dimitar Tzonev, non più tardi di lunedì mattina aveva dichiarato che quel dossier non poteva essere reso pubblico. Ne è seguita una sorta di rivolta dei mass media, in particolari delle emittenti radiofoniche che in serata hanno convinto Tzonev alla retromarcia e all’annuncio della consegna.
LE CARTE SPARITE — Il dossier bulgaro potrebbe finalmente svelare il mistero delle carte scomparse. Ci sono alcuni documenti negli archivi della Stasi che fanno riferimento a lettere inviate in precedenza, ma di cui non c’è più traccia. Ferdinando Imposimato ne ha scoperte alcune relative proprio all’operazione «Paps»: la manovra per insabbiare la «pista bulgara». «C’erano quelle che riferivano di aver dato il via all’operazione come d’accordo. Ma non c’erano quelle che la ordinavano e che dovevano arrivare da Mosca. Wolf mi disse che quelle più delicate erano state distrutte ». Tracce dei depistaggi vennero scoperte anche dal giudice Rosario Priore, proprio nell’archivio della Stasi. Una fra tutte: «A Berlino trovammo persino le copie di tutto il nostro processo».
IL DOSSIER — A ottenere quelle carte da Berlino fu proprio lui, che nel 2002 firmò un accordo con l’omologa tedesca, la Betler, allora presidente della commissione sui dossier della Stasi. E a tutt’oggi Andreev è l’unico ad aver visto quelle carte. Cosa contengono? «È una fitta corrispondenza tra la Stasi e la Darzavna Sigurnost, il servizio segreto bulgaro. In tutto sono 1.000 lettere — spiega Andreev —, tutte, ovviamente, scritte in tedesco. Quando le ricevetti incaricai un’unica persona della commissione di tradurle tutte. E così passarono molti mesi. Alla fine le chiesi cosa hai trovato? E lei mi rispose: c’è qualcosa che riguarda l’attentato al papa. Allora bloccai tutto. Chiusi i documenti in una stanza nella casa della Markova, nuovo presidente della commissione e ne sigillai la porta e le finestre».
«DECOLPEVOLIZZARE» — Una di quelle lettere Andreev la ricorda in modo particolare. «Era — spiega lui stesso — la richiesta degli agenti della Darzavna Sigurnost alla Stasi di fare il possibile per decolpevolizzare la Bulgaria e provare di fronte al mondo la sua innocenza e di proteggere i suoi agenti». Ora Metodi Andreev non si spiega perché «nessuno del governo bulgaro sia intervenuto su questo argomento ». «La Bulgaria non deve vergognarsi di questa storia» dice.
RETROSCENA — E invece le autorità di Sofia hanno fino all’ultimo tentato di evitare di fare i conti con l’opinione pubblica su questa storia. Fino a lunedì scorso. Il portavoce del governo Dimitar Tzonev, non più tardi di lunedì mattina aveva dichiarato che quel dossier non poteva essere reso pubblico. Ne è seguita una sorta di rivolta dei mass media, in particolari delle emittenti radiofoniche che in serata hanno convinto Tzonev alla retromarcia e all’annuncio della consegna.
LE CARTE SPARITE — Il dossier bulgaro potrebbe finalmente svelare il mistero delle carte scomparse. Ci sono alcuni documenti negli archivi della Stasi che fanno riferimento a lettere inviate in precedenza, ma di cui non c’è più traccia. Ferdinando Imposimato ne ha scoperte alcune relative proprio all’operazione «Paps»: la manovra per insabbiare la «pista bulgara». «C’erano quelle che riferivano di aver dato il via all’operazione come d’accordo. Ma non c’erano quelle che la ordinavano e che dovevano arrivare da Mosca. Wolf mi disse che quelle più delicate erano state distrutte ». Tracce dei depistaggi vennero scoperte anche dal giudice Rosario Priore, proprio nell’archivio della Stasi. Una fra tutte: «A Berlino trovammo persino le copie di tutto il nostro processo».
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