Da Corriere della Sera del 17/09/2005
ANTICIPAZIONE Il secondo volume sui documenti trafugati dall'archivista russo
Mitrokhin: così il Kgb finanziò Allende
E l'Urss faceva affari con la giunta militare argentina
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Molto si è scritto sulle operazioni segrete condotte in Cile dalla Cia per provocare la caduta del presidente socialista Salvador Allende, abbattuto l’11 settembre 1973 dal colpo di Stato del generale Augusto Pinochet. Ben poco si sa invece dell’attività parallela svolta nel Paese andino dallo spionaggio sovietico per sostenere Unidad Popular, il fronte delle sinistre.
Ora però dalle carte riservate del Kgb giunge una novità importante: lo stesso Allende, a quanto pare, era u contatto confidenziale degli agenti di Mosca, dai quali ricevette ingenti somme di denaro. La rivelazione si trova nel secondo volume dedicato dallo storico inglese Christopher Andrew ai documenti del Kgb copiati e trafugati in occidente dall’archivista Vasilij Mitrokhin, morto nel gennaio 2004. Il libnro, che parla delle imprese compiute dalle spie sovietiche in Asia, Africa e America Latina, esce quasi simultaneamente in Italia (da Rizzoli), Usa e Gran Bretagna.
Il capitolo sul Cile si apre negli anni Cinquanta, quando Allende, socialista alleato dei comunisti, fu avvicinato da un uomo del Kgb, Svjatoslav Kuznetsov, cui assicurò “la sua disponibilità a collaborare su basi confidenziale a fornire tutto l’appoggio necessario”. Il cileno, in realtà, nota Andrei, “non corrispondeva a nessuno stereotipo di leader marxista”: massone dai gusti aristocratici, amante del lusso e delle belle donne, era visto con diffidenza dai comunisti ortodossi, che gli attribuivano “simpatie maoiste”. Tuttavia aveva un grande seguito tra le masse popolari e, proprio per il suo stile di vita borghese, appariva rassicurante ai ceti medi progressisti.
Sconfitto alle elezioni presidenziali del 1964, nella tornata del 1970 Allende venne favorito dalla frattura del fronte moderato, diviso tra un candidato democristiano e uno di destra.
Cia e Kgb investirono parecchi quattrini in quel turno elettorale, ma va ricordato che i fondi di Mosca andarono perlopiù al Pc di Luis Corvalàn.
Comunque Allende prevalse nel voto popolare, sia pure con la maggioranza relativa e per uno scarto esiguo, poi venne eletto al Parlamento: il Kgb rivendicò parte del merito per il successo e continuò a sovvenzionare il presidente, che s’incontrava e consultava spesso con Kuznetsov. I problemi iniziarono quando Mosca inviò a Santiago l’ambasciatore Aleksandr Basov, che pretendeva l’esclusiva dei rapporti con Allende. Il conflitto tra i due russi è emblematico della rivalità tra servizi segreti e ministero degli Esteri che caratterizzò l’epoca della Guerra Fredda.
Intanto la dura reazione di Washington all’elezione di Allende induceva il Cremlino a più miti consigli. Jurij Andropov, capo del Kgb, osservò che gli americani non interferivano nell’Est europeo e quindi, in ossequio alla spartizione del mondo, l’Urss in America Latina doveva procedere con cautela: su questo Mosca si trovò in perenne attrito con Fidel Castro, smanioso invece di esportare la rivoluzione in tutto il continente.
D’altronde il leader cileno aveva poco in comune con il dittatore cubano: “Secondo il Kgb – scrive Andrei – il difetto fondamentale di Allende era la sua indisponibilità a far uso della forza contro gli avversari”.
Forse anche per questo le somme stanziate dall’Urss in Cile furono piuttosto basse, rispetto agli enormi aiuti economici destinati a Cuba e più tardi al Nicaragua sandinista, per non parlare dell’Egitto di Nasser.
L’epilogo è noto. Colto di sorpresa dal golpe di Pinochet, nonostante i moniti delle spie di Mosca, Allende non fece appello alla resistenza popolare e preferì sacrificarsi (quasi sicuramente si suicidò mentre il suo palazzo veniva bombardato) per “evitare un bagno di sangue ancora più orrendo”.
Più in generale l’America Latina si dimostrò un ambiente inospitale per il Kgb, non soltanto perché situato nella sfera d’influenza americana, ma anche perché difficile da comprendere. Castro prese il potere senza alcun appoggio da parte dell’Urss: fu poi lui a contattare di sua iniziativa i sovietici, che ne fecero la loro testa di ponte, ma lo considerarono sempre un eterodosso dalle ambizioni eccessive.
E non parliamo di Ernesto Guevara, accusato di ignorare “i principi basilari del marxismo-leninismo”. La morte del Che in Bolivia, nell’ottobre del 1967, vide scendere in piazza a Mosca solo pochi studenti latinoamericani, mentre a Washington, nel covo del nemico, gli resero omaggio oltre 50 mila attivisti di sinistra.
Ora però dalle carte riservate del Kgb giunge una novità importante: lo stesso Allende, a quanto pare, era u contatto confidenziale degli agenti di Mosca, dai quali ricevette ingenti somme di denaro. La rivelazione si trova nel secondo volume dedicato dallo storico inglese Christopher Andrew ai documenti del Kgb copiati e trafugati in occidente dall’archivista Vasilij Mitrokhin, morto nel gennaio 2004. Il libnro, che parla delle imprese compiute dalle spie sovietiche in Asia, Africa e America Latina, esce quasi simultaneamente in Italia (da Rizzoli), Usa e Gran Bretagna.
Il capitolo sul Cile si apre negli anni Cinquanta, quando Allende, socialista alleato dei comunisti, fu avvicinato da un uomo del Kgb, Svjatoslav Kuznetsov, cui assicurò “la sua disponibilità a collaborare su basi confidenziale a fornire tutto l’appoggio necessario”. Il cileno, in realtà, nota Andrei, “non corrispondeva a nessuno stereotipo di leader marxista”: massone dai gusti aristocratici, amante del lusso e delle belle donne, era visto con diffidenza dai comunisti ortodossi, che gli attribuivano “simpatie maoiste”. Tuttavia aveva un grande seguito tra le masse popolari e, proprio per il suo stile di vita borghese, appariva rassicurante ai ceti medi progressisti.
Sconfitto alle elezioni presidenziali del 1964, nella tornata del 1970 Allende venne favorito dalla frattura del fronte moderato, diviso tra un candidato democristiano e uno di destra.
Cia e Kgb investirono parecchi quattrini in quel turno elettorale, ma va ricordato che i fondi di Mosca andarono perlopiù al Pc di Luis Corvalàn.
Comunque Allende prevalse nel voto popolare, sia pure con la maggioranza relativa e per uno scarto esiguo, poi venne eletto al Parlamento: il Kgb rivendicò parte del merito per il successo e continuò a sovvenzionare il presidente, che s’incontrava e consultava spesso con Kuznetsov. I problemi iniziarono quando Mosca inviò a Santiago l’ambasciatore Aleksandr Basov, che pretendeva l’esclusiva dei rapporti con Allende. Il conflitto tra i due russi è emblematico della rivalità tra servizi segreti e ministero degli Esteri che caratterizzò l’epoca della Guerra Fredda.
Intanto la dura reazione di Washington all’elezione di Allende induceva il Cremlino a più miti consigli. Jurij Andropov, capo del Kgb, osservò che gli americani non interferivano nell’Est europeo e quindi, in ossequio alla spartizione del mondo, l’Urss in America Latina doveva procedere con cautela: su questo Mosca si trovò in perenne attrito con Fidel Castro, smanioso invece di esportare la rivoluzione in tutto il continente.
D’altronde il leader cileno aveva poco in comune con il dittatore cubano: “Secondo il Kgb – scrive Andrei – il difetto fondamentale di Allende era la sua indisponibilità a far uso della forza contro gli avversari”.
Forse anche per questo le somme stanziate dall’Urss in Cile furono piuttosto basse, rispetto agli enormi aiuti economici destinati a Cuba e più tardi al Nicaragua sandinista, per non parlare dell’Egitto di Nasser.
L’epilogo è noto. Colto di sorpresa dal golpe di Pinochet, nonostante i moniti delle spie di Mosca, Allende non fece appello alla resistenza popolare e preferì sacrificarsi (quasi sicuramente si suicidò mentre il suo palazzo veniva bombardato) per “evitare un bagno di sangue ancora più orrendo”.
Più in generale l’America Latina si dimostrò un ambiente inospitale per il Kgb, non soltanto perché situato nella sfera d’influenza americana, ma anche perché difficile da comprendere. Castro prese il potere senza alcun appoggio da parte dell’Urss: fu poi lui a contattare di sua iniziativa i sovietici, che ne fecero la loro testa di ponte, ma lo considerarono sempre un eterodosso dalle ambizioni eccessive.
E non parliamo di Ernesto Guevara, accusato di ignorare “i principi basilari del marxismo-leninismo”. La morte del Che in Bolivia, nell’ottobre del 1967, vide scendere in piazza a Mosca solo pochi studenti latinoamericani, mentre a Washington, nel covo del nemico, gli resero omaggio oltre 50 mila attivisti di sinistra.
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