Da La Repubblica del 31/10/2005
Il racconto dei medici argentini che le visionarono dopo la sua morte
Che Guevara, il segreto delle mani amputate
di Omero Ciai
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BUENOS AIRES - Quello che era forse l' ultimo segreto sulla morte di Ernesto Che Guevara - le sue mani amputate - è stato rivelato ieri sulle pagine del quotidiano argentino El Clarin. In un articolo firmato dalla giornalista Maria Seoane, autrice di diversi libri sulle guerriglie latino-americane degli anni Sessanta e Settanta. SEGUE A PAGINA 17 Grazie alla testimonianza inedita di tre periti della polizia scientifica argentina, Nicolas Pellicari, Juan Carlos Delgado ed Esteban Rolzhauer, la Seoane ha potuto ricostruire la missione segreta compiuta dai tre funzionari all' alba del 12 ottobre 1967, quattro giorni dopo l' assassinio del Che in un' aula della piccola scuola di La Higuera in Bolivia. Pellicari, Delgado e Rolzhauer vennero inviati a Santa Cruz de la Sierra dal dittatore argentino Juan Carlos Ongania su richiesta del suo omologo boliviano, René Barrientos, affinché potessero provare al di là di ogni dubbio che il guerrigliero ucciso dal ranger Mario Teran, a mezzogiorno dell' 8 ottobre, fosse davvero Che Guevara. Come prova, i tre avevano l' impronta digitale di Ernesto Guevara stampata vent' anni prima sulla sua carta d' identità argentina. Ma non videro mai il suo corpo. Dopo l' assassinio il cadavere di Guevara venne sepolto in forma anonima, insieme a quello di altri tre guerriglieri del suo gruppo, ai margini della pista dell' aeroporto di Vallegrande, il primo centro abitato nella zona della selva dove fu catturato. Ma la versione ufficiale volle che fosse stato cremato. Dopo la cattura e la morte, l' esercito e il governo boliviano si affrettarono a diffondere notizie false. La prima fu quella di dire che era stato ucciso in combattimento, la seconda che il suo corpo non esisteva più. Barrientos era terrorizzato sia dall' idea di dover dare spiegazioni, sia da quella di dover fare autopsie pubbliche e sia, infine, dalla possibilità che qualcuno volesse ricomporre il cadavere del guerrigliero in un cimitero, per poterlo onorare. Però, dopo aver fatto sparire il cadavere, il governo boliviano si trovò nella difficoltà di far credere al resto del mondo che l' uomo che aveva ucciso fosse effettivamente il Che. I primi a dubitarne furono i familiari, i secondi i cubani, e soprattutto Fidel Castro. All' inizio, Barrientos aveva pensato di tagliare la testa di Guevara e di spedirla a Cuba, ma gli americani si erano opposti. Però, come precauzione, prima della frettolosa sepoltura, a Ernesto Guevara erano state tagliate le mani conservate in un vaso con un liquido speciale (formol) insieme ad altri oggetti personali e al diario. Sulle mani e sul diario lavorarono i tre esperti argentini nella loro missione segreta. I primi due, Pellicari e Delgado, esaminarono le mani del Che e confrontarono le impronte digitali, mentre il terzo, Rolzhauer, perito in calligrafia, si dedicò ad esaminare le pagine del diario e quella scrittura «minuta e quasi incomprensibile, da medico». Confrontare le impronte, raccontano i tre periti al Clarin, non fu per nulla facile. La pelle delle dita del Che era praticamente distrutta. «Le dita erano rattrappite come l' uva passa». E, di più, siccome aveva vissuto negli ultimi mesi in montagna e in mezzo alla selva i polpastrelli erano pieni di piccole cicatrici. Così per ottenere un riconoscimento dovettero usare un metodo abbastanza complicato che consisteva nell' appoggiare un dito su una pellicola per poi fotografarla. In questo modo ottennero comunque un risultato sicuro: «Erano le mani del Che», dicono oggi pubblicamente grazie al permesso che hanno ricevuto dai loro superiori. Stessa conferma venne dall' esame della calligrafia. Fu così, grazie a questa missione segreta, che anche Cuba si convinse della morte del guerrigliero. Quel che accadde poi è un ultimo mistero. Gli agenti boliviani pretendevano che i tre argentini si portassero via le mani di Guevara. Ma i tre si rifiutarono. «La nostra missione finisce qui», dissero prima di abbordare l' aereo che li riportava in patria con il segreto che hanno conservato per quasi quarant' anni. E di quelle mani non si seppe più nulla. Una versione vuole che siano state trafugate e portate a Cuba, insieme alle pagine del diario (che poco dopo verrà pubblicato da Fidel Castro), dal ministro degli Interni boliviano Antonio Arguedas. Questi era un doppio agente, al soldo sia della Cia che dei servizi segreti cubani, che dopo la morte di Guevara fuggirà all' Avana con il diario e altri oggetti personali. Una seconda versione vuole che, dopo il riconoscimento degli argentini, vennero sotterrate vicino al cadavere mentre l' ultima sostiene che vennero rubate da Felix Rodriguez, cubano anticastrista e agente della Cia che partecipò all' ultimo interrogatorio di Che Guevara, e consegnate a Miami all' agenzia Usa. Di simboli e fantasmi necrofili, d' altra parte è colma la storia argentina. Come quelle del guerrigliero eroico nato a Rosario nel 1924, anche le mani di Juan Peron, il presidente dei descamisados, furono tagliate dal suo cadavere per essere rivendute. E sorte peggiore toccò alla sua prima moglie, la venerata Evita. Quando Peron nel `55 venne estromesso da un colpo di Stato, il cadavere di Evita fu trafugato dai militari e spedito via nave fino a Milano affinché i peronisti non avessero un luogo né un simbolo, il mausoleo di Evita, dove ricordare i propri leader.
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