Da La Repubblica del 01/07/2001
Originale su http://www.repubblica.it/online/cronaca/zorzi/giappone/giappone.html

Le reazioni del militante di Ordine Nuovo dopo l'ergastolo. Tokyo cerca di uscire dall'impasse dell'estradizione

Piazza Fontana, Zorzi "sconvolto" il Giappone è in imbarazzo

Il neofascista ha ottenuto la cittadinanza nipponica. Taormina attacca i magistrati: "Non vogliono la riforma"

di AA.VV.

VENEZIA - Problemi col Giappone per l'eventuale estradizione di Delfo Zorzi e polemiche in Italia dopo i tre ergastoli per la strage di piazza Fontana. Lo scontro, da noi, è tra il sottosegretario agli Interni (e avvocato) Carlo Taormina che ieri aveva parlato di "storia riscritta con la penna rossa" e che oggi replica duramente alle critiche del vicepresidente dell'Anm, Giovanni Salvi.

Sul caso Zorzi parla il suo avvocato veneziano, Antonio Franchini, che è stato il primo a riferigli la novità. L'ex militante di Ordine Nuovo non ha avuto bisogno di ascoltare i discorsi del suo legale, gli è bastato il tono della voce: "Ho capito, è andata male". "Era sconvolto e estereffatto" ha detto il suo legale.

"Una camera di consiglio fulminea", gli ha spiegato Franchini annunciando il ricorso in appello: "la battaglia è appena cominciata, la sentenza deve essere riformata e Zorzi vuole battersi fino in fondo per dimostrare la sua innocenza".

"Il segnale dell'ingiustizia - ha proseguito il legale - è l'ergastolo a Rognoni perchè contro di lui non c'è assolutamente nulla. Quello appena concluso è stato uno dei pochi processi in cui la difesa è riuscita a dimostrare che il pentito mentiva su punti essenziali. Se fosse stato il primo processo per piazza Fontana avrebbero assolto tutti gli imputati, ma visto che era l'ultimo...".

Zorzi, per il quale il governo italiano aveva chiesto l'estradizione, vive da moltissimi anni in Giappone, nell'elegante quartiere residenziale di Aoyama. E il Giappone, dopo la condanna, è adesso in pesante imbarazzo nei confronti dell'Italia.

Fonti bene informate giapponesi spiegano: "Più che giuridico, il problema è ora eminentemente politico. Se anche l'attuale governo italiano riproporrà la richiesta di estradizione, rafforzata da una sentenza di condanna al massimo della pena per un reato di terrorismo, Tokyo non potrà che considerare sotto occhi diversi l'intero fascicolo riguardante il signor Roi Hagen".

Tra Italia e Giappone non esistono trattati di estradizione (l'unico paese con il quale Tokyo ha un accordo del genere sono gli Stati Uniti, e, presto, la Corea del Sud) e per Delfo Zorzi, in Giappone dalla prima metà degli anni '70 dove si è sposato con una donna originaria di Okinawa, dalla quale ha avuto due figli, trasformandosi in uomo d'affari di successo nel settore dell'import di prodotti anche di alta moda, c'è l'ostacolo della cittadinanza giapponese ottenuta nel 1989 con la nuova identità di Roi e Hagen.

"La legge in generale non ammette l'estradizione di cittadini giapponesi - hanno spiegato le fonti - Ma Zorzi non è cittadino giapponese dalla nascita, come è invece il caso dell'ex presidente peruviano Alberto Fujimori, e la cittadinanza, come gli è stata concessa così può essere revocata, se ne esistono gli estremi".

Secondo ambienti familiari con la pratica, l'estradizione del neofascista italiano definito dalla sentenza di Milano come l'esecutore materiale della strage di Piazza Fontana, in un primo momento sembrava sul punto di essere accolta ma si è poi arenata dietro le continue richieste di documentazione supplementare da parte del ministero della giustizia giapponese. Ma ora la situazione giuridica è cambiata e gli scenari sono diversi e tutti da decifrare.

Ma la polemica, si diceva, divampa anche in Italia. Per bocca del sottosegretario agli Interni Carlo Taormina. E lui, che nella vita fa l'avvocato, che rivolto all'Associazione nazionale magistrati e del Csm che lo aveva criticato ("Non è possibile che ci sia una commistione di interessi professionali e gestione del governo" aveva detto Giovanni Salvi, vicepresidente dell'Anm), critica: "Gli attacchi ai miei danni sono il sintomo di una logica corporativa evidente: nel momento in cui si capisce che la giustizia può essere riformata si sta facendo muro perchè ciò non accada".

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