Da Corriere Canadese del 16/11/2005
Originale su http://www.corriere.com/printer.php?storyid=45573
Rapimento o agguato?
Alpi, commissione spaccata
di AA.VV.
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Fu un tentativo di rapimento finito in tragedia fatto nei confronti di giornalisti italiani in genere da una fazione della guerriglia somala, o un agguato premeditato portato a termine proprio per colpire Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, testimoni scomodi di presunti traffici nella Somalia del post Siad Barre? La domanda è sempre la stessa, identica da 11 anni, da quel 20 marzo 1994 quando a Mogadiscio furono uccisi i due giornalista italiani.
La polemica, che sottende a quella domanda, è intanto divampata nuovamente spaccando la stessa Commissione di indagine presieduta da Carlo Taormina che ieri a Palazzo San Macuto (polemica anche l'assenza dei genitori di Ilaria) ha presentato le conclusioni della perizia sulla Toyota su cui viaggiavano Ilaria e Miran.
Un dato, quello dell'esito della consulenza affidata agli esperti del Viminale, che sgombra, però in modo bipartisan, il campo da polemiche e divisioni e sul quale l'intera commissione si è trovata in accordo: a sparare sulla Toyota fu un solo kalashnikov, per 11 volte. Due i proiettili fatali rispettivamente per Miran, una pallottola "dumping", e per Ilaria, colpita da una pallottola normale. La distanza del fuoco era di circa cinque metri. Viene così a cadere l'ipotesi del "colpo a contatto" e cioè che Ilaria fosse stata finita da uno sparo a bruciapelo, come per una esecuzione.
Ma la commissione si è divisa ancora sulle presunte conclusioni fatte dallo stesso Taormina ai giornalisti al termine della conferenza stampa. Da un lato, con Taormina, i commissari del centrodestra, dall'altro Rosi Bindi e i componenti del centrosinistra tra cui il vicepresidente Raffaello De Brasi. Motivo della contesa è proprio la premeditazione che, secondo Taormina, avrebbe riguardato la messa in atto di un sequestro, finito, poi in duplice omicidio.
Insomma, secondo il presidente non si trattò di un agguato mirato a uccidere proprio i nostri due connazionali. Ipotesi, invece che, secondo Rosi Bindi che si è dissociata da queste affermazioni, «anticipa le conclusioni del lavoro della Commissione e che è solo di Taormina».
«Spiace dover prendere atto che la verità, facendo male, non la si voglia accettare nemmeno da chi, come alcuni componenti della Commissione parlamentare d inchiesta, ha contribuito a scovarla - ha poi detto Taormina in una nota diffusa in serata -. Mentre non vi sono certezze sugli autori dell'eccidio nulla è più da chiarire quanto a dinamica e contesto che caratterizzarono l'azione». «Molti testimoni - ha aggiunto il presidente - hanno riferito alla Commissione che era prevista un'azione violenta contro giornalisti. Tutti concordano, persino i genitori di Ilaria Alpi, sul fatto che primo a sparare sia stato l'uomo della scorta di Ilaria».
La polemica, che sottende a quella domanda, è intanto divampata nuovamente spaccando la stessa Commissione di indagine presieduta da Carlo Taormina che ieri a Palazzo San Macuto (polemica anche l'assenza dei genitori di Ilaria) ha presentato le conclusioni della perizia sulla Toyota su cui viaggiavano Ilaria e Miran.
Un dato, quello dell'esito della consulenza affidata agli esperti del Viminale, che sgombra, però in modo bipartisan, il campo da polemiche e divisioni e sul quale l'intera commissione si è trovata in accordo: a sparare sulla Toyota fu un solo kalashnikov, per 11 volte. Due i proiettili fatali rispettivamente per Miran, una pallottola "dumping", e per Ilaria, colpita da una pallottola normale. La distanza del fuoco era di circa cinque metri. Viene così a cadere l'ipotesi del "colpo a contatto" e cioè che Ilaria fosse stata finita da uno sparo a bruciapelo, come per una esecuzione.
Ma la commissione si è divisa ancora sulle presunte conclusioni fatte dallo stesso Taormina ai giornalisti al termine della conferenza stampa. Da un lato, con Taormina, i commissari del centrodestra, dall'altro Rosi Bindi e i componenti del centrosinistra tra cui il vicepresidente Raffaello De Brasi. Motivo della contesa è proprio la premeditazione che, secondo Taormina, avrebbe riguardato la messa in atto di un sequestro, finito, poi in duplice omicidio.
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