Da L'Espresso del 01/12/2005

Teorema Mitrokhin

La Commissione che indaga sulla ex spia russa ora riapre l'inchiesta sull'attentato del 2 agosto 1980. E ricicla la vecchia ipotesi del terrorista Carlos

di Primo Di Nicola

L'ennesimo polverone. Per far riaprire l'inchiesta sulla strage di Bologna e riabilitare gli estremisti di destra Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, già condannati per l’attentato. E’ bufera alla commissione Mitrokhin che avrebbe dovuto indagare sulle rivelazioni dell’ex agente del Kgb ma ha esteso le sue ricerche ad altre vicende. Da una parte ci sono i commissari di An Vincenzo Fragalà e Enzo Raisi che gridano vittoria per la riapertura dell’inchiesta da parte della Procura emiliana sulla scorta delle loro informazioni e di un’interrogazione parlamentare sulla presenza a Bologna, il giorno della strage di 25 anni fa, di Thomas Kram, indicato come “esperto in esplosivi del gruppo terroristico Carlos”, al secolo Illich Ramirez Sanchez. Dall’altra, c’è Walter Bielli, capogruppo Ds in commissione che , dopo aver esaminato i “nuovi” documenti e soprattutto la relazione che su di essi ha preparato la consulente Fedora Raugei, accusa: “Trovo gravissimo che il centrodestra utilizzi a fini mediatici notizie parziali e deformate. Vogliono solo far confusione e propaganda politica per dimostrare che la strage non è più fascista”. Ma cosa dicono su Kram i documenti raccolti dalla Commissione?
Anzitutto che Kram era un personaggio perfettamente conosciuto dalla polizia italiana, che già nel 1979, su segnalazione dei colleghi tedeschi (che lo indicano come esperto nella falsificazione di documenti e non di esplosivi; come appartenente alle Cellule rivoluzionarie e non al gruppo Carlos), inizia a monitorarlo con informative: rapporti acquisiti dagli inquirenti bolognesi all’inizio delle indagini sulla strage. Il 1° novembre ’79 la polizia tedesca chiede conferma agli italiani della presenza di Kram nel nostro Paese: sono stati informati che l’uomo frequenterebbe l’Università pr stranieri vicino Roma. Egli è sospettato di appartenere a gruppi terroristici. Il 9 novembre la Questura di Perugina comunica che dal 4 settembre ’79 Kram risulta iscritto all’Università per stranieri, al corso preparatorio di lingua italiana. Nel frattempo è sottoposto a “riservata sorveglianza”. L’11 dicembre la Digos informa il Ministero dell’Interno che il 27 novembre i suoi agenti hanno effettuato una perquisizione in casa di Kram dove è stato sequestrato un dattiloscritto sul “metodo seguito dalla polizia tedesca per gli interrogatori di indiziati di reato con il concorso di computers”. Il 26 febbraio ’80 il questore di Bologna comunica al Viminale che Kram ha alloggiato in un albergo cittadino, esibendo la carta d’identità nr. 7008331, ripartendo la mattina successiva per ignota destinazione. Durante la sua permanenza, comunque, “non ha dato luogo a rilievi”. Una marcatura strettissima quella della polizia italiana che il 22 aprile segnala Kram all’hotel Mozzanti di Verona e il 13 maggio all’hotel Lembo di Bologna dove ha alloggiato con tali Vincenzo Di Costanzo ed Eufemia Amato: i tre, si legge in una nota, sono comunque ripartiti la mattina seguente per ignota destinazione.
Arriviamo ai giorni fatidici della strage. Il 1° agosto 1980, il posto di frontiera di Chiasso informa il Ministero che con treno 307, alle 12.08 Kram (munito di carta d’identità tedesca nr. G7008331) entra in Italia diretto a Milano. Viene anche perquisito con esito negativo. Dove va? A Bologna, all’Albergo Centrale di via della Zecca, dove qualche ora dopo esibisce la sua patente di guida, pernotta e vi resta sino alla mattinata seguente. Un comportamento da perfetto terrorista? Macché. “Appare altamente improbabile fuori da ogni logica criminale”, annota Fedora Raugei nella sua relazione, “ipotizzare che un terrorista, e in particolare Thomas Kram, al fine di compiere o prendere parte a una strage, alla vigilia della stessa si rechi sul luogo stabilito e lasci traccia della propria presenza pernottando in un albergo dove esibisce la propria patente di guida”. E ciò “dopo essere stato fermato, identificato e perquisito poche ora prima alla frontiera”. Siamo allora di fronte a un depistaggio politico? “E’ evidente che alla destra non interessa la verità su Bologna”, spiega l’onorevole Bielli: “Fioravanti e Mambro sono stati dichiarati colpevoli non con un processo indiziario, ma con prove evidenti che hanno trovato riscontro in un altro processo, con altri giudici che per la strage hanno condannato anche Luigi Ciavardini”.

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