Da Corriere della Sera del 04/12/2005

Azione disciplinare contro l’ex capo del Sid latitante in Sudafrica

Lettera a Maletti 18 anni dopo la condanna “Generale, la degradiamo a soldato semplice”

di Flavio Haver

Roma – Diciotto anni dalla sentenza definitiva della Corte di Cassazione che lo ha condannato a dodici mesi di carcere per aver fornito un documento d’identità falso al latitante neofascista Marco Pozzan, allora ricercato per la strage di piazza Fontana. E addirittura trentadue anni dal momento in cui i magistrati di Milano formalizzarono l’accusa di favoreggiamento per quell’episodio. L’ex capo del Reparto D del Sid (l’ex controspionaggio militare italiano), il generale Gianadelio Maletti, adesso ha ottantacinque anni: si è rifugiato in Sudafrica da un quarto di secolo per evitare di scontare i 14 anni di reclusione per spionaggio sul dossier “Mi.Fo.Biali”. Ebbene, il 30 novembre un messo del governo di Città del Capo ha bussato alla porta della sua abitazione di Johannesburg e gli ha notificato il provvedimento con il quale il nostro ministero della Difesa comunica l’avvio di “un’inchiesta formale disciplinare” per la vicenda. Un’indagine che si potrebbe concludere con la perdita delle stellette da ufficiale e la “retrocessione” a soldato semplice.
A dire il vero, la Difesa aveva già degradato Maletti, riconsegnandolo al ruolo rivestito dai militari appena arruolati. Ma poi l’ex capo del Sid ha vinto il ricorso davanti al Tar (3 agosto del ’94) e il Consiglio di Stato, lo scorso 30 maggio, ha ancora dato torto all’Avvocatura dello Stato. Insomma, Maletti pensava di averla scampata, credeva di potersi ancora vantare di essere un generale, seppure in congedo e latitante.
Ma la macchina ministeriale, inesorabile, ha sfruttato la motivazione del verdetto dei massimi giudici amministrativi (era stato degradato, ma senza una regolare procedura disciplinare) ed è tornata alla carica. Raggiungendolo, spendendo chissà quanto, fino a Johannesburg per cercare di infliggergli la stessa sanzione di Duilio Fanali (il generale coinvolto nello scandalo “Lockheed” morto nell’agosto ’87) e degradarlo appunto a soldato semplice. Una sanzione che comunque non avrebbe alcuna conseguenza pratica, nemmeno sulla pensione.
Quando c’è da far rispettare leggi e regolamenti, lo Stato non può mettersi a fare i conti tra costi e benefici, si può obiettare. E così è stato nel caso Maletti.
Nel provvedimento firmato dall’ufficiale inquirente nominato dal ministero, viene contestato che “le condotte, reiterate nel tempo, poste in essere dall’Ufficiale evidenziano un gravissimo disvalore disciplinare in quanto si pongono in completo contrasto con i principi derivanti dall’essere militare, rivestito di un grado dirigenziale e di comando, ledendo l’immagine dell’Istituzione e infrangendo tutti i precetti del Regolamento di Disciplina Militare”. “Il generale ha sempre sostenuto di aver fornito quel documento a Pozzan per farlo seguire e vedere con chi si incontrava. E la pena di un anno per la quale si procede è stata condonata e sospesa”, ha sottolineato il difensore, Michele Gentiloni Silverj, annunciando battaglia.
E si, perché Maletti l’ha presa proprio male: “Sono latitante, non posso difendermi”, ha detto parlando con l’avvocato. “Per farlo, dovrei tornare in Italia e farmi arrestare. Piuttosto rifacciamo il processo per la strage di Piazza Fontana in questo procedimento disciplinare”, ha aggiunto. Ma tant’è: da generale a soldato semplice, adesso il percorso può essere meno tortuoso.

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