Da Il Resto del Carlino del 01/01/2006

Francesca Mambro: 'Voglio la verità'

L'attivista dei Nar, condannata per l'eccidio della stazione insieme al marito Giusva Fioravanti, si è sempre detta innocente. Nella strage morirono 85 persone

di AA.VV.

Roma, 1 gennaio 2006 - «Il crollo del muro sulla verità nella strage di Bologna. Questo vorrei, tra le tante cose, nel 2006. Qualcosa sta uscendo dopo 25 anni, sta venendo fuori qualcosa che prima non era stato considerato. Forse anche volutamente non era stato considerato...». È l'augurio che si fa Francesca Mambro, quasi 47 anni, molti dei quali trascorsi nella latitanza, nelle fila dei Nar, uccidendo e rapinando, ma di più ancora sono stati quelli trascorsi in carcere. Da qualche tempo è avviata pienamente su un percorso di recupero. Tanto da beneficiare del regime di detenzione domiciliare: di giorno lavora presso l'associazione «Nessuno tocchi Caino», la sera e fino al mattino dopo è a casa, detenuta, con il marito Giusva Fioravanti. In casa c'è anche una bambina, la loro figlioletta.

Per la strage alla stazione ferroviaria di Bologna, 85 morti e oltre 200 feriti la mattina del 2 agosto 1980, la Mambro - e lo stesso Fioravanti - è stata condannata all'ergastolo, ma lei e lui si sono sempre proclamati innocenti. Colpevoli sì di altri delitti, di altri omicidi, ma non di quella strage, hanno sempre detto. E aspettano quella che loro definiscono «la verità» sull'eccidio.

«Il tempo è galantuomo, si usa dire», commenta al telefono la Mambro, quasi chiedendo conferma e sostegno dal cronista, «e sono sicura che renderà giustizia sia alle vittime che a coloro che in tanti anni hanno sofferto l'accusa ingiusta». Questa vicenda «avrà un epilogo, vedrà finalmente riconosciuta una verità storica».

Su questa strage, a suo tempo Francesca e Giusva avevano scritto anche a Giovanni Paolo II: «Forse, Padre, Lei può dirci perchè dobbiamo rispondere di una colpa che non abbiamo, che ci annienta e ci spazza via come povere cose, cancellandoci dal genere umano». Al Pontefice inviarono anche due libri, «Le testimonianze di innocenza per Mambro e Fioravanti» raccolte da un comitato costituito in difesa dei due, e «Nel cerchio della prigione», scritto a quattro mani dalla stessa Mambro e dalla brigatista rossa Anna Laura Braghetti, condannata per il sequestro Moro.

Papa Wojtyla rispose ai due ex appartenenti ai Nar, non direttamente ma tramite monsignor Paolo Sardi, allora vice-assessore alla sezione Affari generali della Segreteria di Stato vaticana, inviando la sua benedizione e la sua preghiera. Nessun cenno però alla strage di Bologna, agli aspetti processuali o giuridici attinenti alla magistratura italiana . Il messaggio del Papa aveva - sottolineò il portavoce Navarro Valls - «carattere esclusivamente pastorale». Oggi la Mambro parla anche del problema carceri: «Il tema è enorme. Siamo un Paese con tanti problemi, ma per fortuna democratico, vero? Se ne può parlare. Mi sembra ci sia trasparenza, c'è la stampa, c'è il mondo del volontariato». Ecco, a proposito di volontariato, la Mambro dice che «possiamo fare di più e meglio, i politici promettono di occuparsi di questo mondo ma poi non lo fanno del tutto». Anche lei, come il marito, punta molto a sottolineare il dramma dei bambini abbandonati, tanto da essere impegnata nel volontariato in un'associazione legata alle Suore Calasanziane e che cura una casa di accoglienza a Pineta Sacchetti. «Bisogna accelerare gli iter burocratici per le adozioni, per gli affidamenti. Basterebbe poco per dare a tanti bambini abbandonati un affetto, una presenza familiare. Per non parlare poi dei piccoli che, loro malgrado, sono in carcere con le madri detenute e che poi, al compimento dei tre anni di età, sono separati dalla mamma e trasferiti negli istituti, se non hanno un parente a cui essere affidati. Perchè non pensare a case-famiglie protette, anzichè separare questi bambini dalle madri che restano in carcere a scontare la pena? Oppure pensare a detenzioni domicliari».


Ma non solo i bambini stanno a cuore alla Mambro: «Ci sono anche i ragazzi detenuti a Casal del Marmo. Bisognerebbe investire di più sui ragazzi, cambiarebbe molto per la società. In meglio.», c onclude una Mambro che comunque si dice fiduciosa negli altri. E spera in un 2006 senza quel muro che lei vede ancora alzato e che nasconde la verità sulla strage alla stazione di Bologna. Quel tarlo rimane sempre ben vivo dentro, anche se si parla d'altro.

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