Da Corriere della Sera del 07/02/2006
Originale su http://www.corriere.it/Primo_Piano/Esteri/2006/02_Febbraio/08/che.shtml

La Fondazione Guevara: «Ma il vero mistero sono i suoi scritti scomparsi»

Lo sguardo del Che sui carnefici

La lunga storia delle foto ritrovate

di Antonio Carioti

Un alone romantico circonda la morte di Ernesto Guevara. Catturato dalle forze speciali boliviane nel 1967, fu eliminato a freddo. Probabilmente si voleva evitare che la prigionia accrescesse il suo prestigio. Ma il calcolo era sbagliato, perché sulle ultimeore del Che è nata una leggenda, che poi i suoi stessi nemici hanno alimentato. Sono ben sette i libri scritti da militari boliviani sull’avventura finale del Che. E nel più recente di Federico Arana Serrudo (intitolato Che Guevara y otras intrigas e uscito in Colombia nel 2002 per l’Editorial Planeta Mexicana), erano incluse le foto di Guevara, poco prima e poco dopo la morte, scattate da Niño de Guzmán: quelle ora pubblicate dal quotidiano argentino Clarín e subito rimbalzate inEuropa. Anzi nel libro di Arana Serrudo, ex capo dei servizi segreti militari boliviani, ci sono anche altre due foto, non inferiori per intensità emotiva. Una ritrae il Che vivo, con gli occhi rivolti verso l’alto a fissare i suoi carnefici. Nell’altra è già morto, legato su una barella per essere portato via in elicottero. Il volume di Arana Serrudo era stato segnalato in Italia nel n. 5 dei Quaderni della Fondazione Guevara, uscito nel 2004, con una recensione di Carlos Soria Galvarro, che definiva le foto «la cosa più importante» del libro. Poi le immagini sono state utilizzate dal registaRomano Scavolini per il documentario Le ultime ore del Che, prodotto da Francesco Papa. «Negli anni — spiega Roberto Massari, presidente della Fondazione Guevara — c’è stato uno stillicidio di foto delChe senza vita: da quelle famose di Freddy Alborta a quelle del medico Reginaldo Ustariz Arze. Alcune delle foto pubblicate daArana Serrudo erano già apparse in un libro di un altro militare, Arnaldo Parada Saucedo, uscito in Bolivia nel 1987 senza destare interesse. Invece a Cuba, fino a tempi recenti, l’immagine del cadavere non veniva mostrata. Il primo a farlo fui io, in un film del 1994, e la cosa mi fu rimproverata da alcuni dirigenti cubani. Per noi, mi dissero, il Che è sempre vivo, quindi non vogliamo che lo si veda morto». Assai più rare, aggiunge Massari, sono le foto di Guevara vivo dopo la cattura: «Due le ho inserite nella edizione speciale del Diario del Che in Bolivia che ho curato anni fa.Una lo ritrae al fianco dell’agente della Cia Félix Rodriguez; nell’altra, un po’ sfocata, compare da solo». Tuttavia Massari ritiene che assai più importanti delle foto siano gli scritti che Guevara aveva con sé, alcuni dei quali mai riemersi: «Si tratta di materiale fondamentale per ricostruire il pensiero del Che nell’ultimo periodo della sua vita. Per esempio il programma politico della guerriglia in Bolivia, da lui preparato, è uscito solo nel 1998, ma nessuno ci ha badato, mentre c’è un interesse morboso verso le foto o verso documenti di scarso rilievo».

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