Da Il Secolo XIX del 05/01/2003

Sossi parla di Br "Anche per Moro si doveva trattare" Il magistrato sequestrato nel '74

Sossi, 30 anni dopo

di Elisabetta Vassallo

Genova. Dopo trent'anni trascorsi da quello che fu il primo rapimento simbolo delle Brigate Rosse, questa sera alle 22,30 su Raidue il protagonista, il magistrato Mario Sossi, parlerà del suo sequestro, avvenuto il 18 aprile 1974. Racconterà di quel mese trascorso in balia dei carcerieri. Parlerà del terrorismo di allora e di quello di oggi. Mario Sossi dirà soprattutto che come si trattò con i sequestratori per lui, la stessa cosa doveva essere fatta per Aldo Moro.
Intervistato da Giovanni Minoli per la trasmissione "Partita a tre" (speciale della serie "La storia siamo noi"), Mario Sossi non ha dubbi nel ribadire che sarebbe stato giusto trattare con i banditi come successe quando toccò a lui, anche quattro anni dopo, quando nelle mani dei terroristi si trovava Aldo Moro. Sossi sostiene e lo ripeterà questa sera durante la trasmissione che: "La dignità dello Stato non si perde trattando. Nel conflitto arabo-israeliano ci sono stati molti casi di scambi. Per questo - sottolinea il magistrato (oggi della Cassazione) - ho collaborato con il testo unico che verrà presentato per l'approvazione in Parlamento. Una legge che prevede che le vittime del terrorismo siano equiparate alle vittime di guerra, perché di guerra si tratta".
Una guerra che sembra ancora viva oggi, visto che l'Italia è in allarme per i nuovi attentati firmati Br. Ma secondo Marietto, così lo chiamava il suo carceriere Alberto Franceschini durante il sequestro, oggi il controllo dello Stato sul terrorismo risulta allentato: si lavora sui pentiti e sulle intercettazioni telefoniche, dice, mentre non si soppesa con sufficiente convinzione che il pericolo attuale potrebbe essere rappresentato da collegamenti tra i nuovi brigatisti e i fondamentalisti islamici.
Quella di stasera è la prima volta che Mario Sossi, oggi più che settantenne, parla del periodo trascorso in mano ai terroristi: soltanto cinque anni dopo il sequestro aveva scritto un diario sulla sua carcerazione, poi più nulla. Questa sera, proprio per sottolineare il suo appoggio alla legge a favore delle vittime del terrorismo, il magistrato racconta di essere stato il primo ostaggio per il quale intercorsero trattative, le stesse che invece furono negate nel 1978 per lo statista Moro. Per la liberazione di Sossi le Br chiedevano il rilascio degli uomini appartenenti al Gruppo 22 ottobre. E Sossi nella sua intervista a Minoli spiega: "Mi resi conto che l'unica strada percorribile fosse quella di tentare l'applicazione della legge di guerra, che prevede gli scambi. Allora consigliai ai miei rapitori di trattare non con lo Stato ma direttamente con la magistratura in nome della sua autonomia". E dopo un mese dal sequestro, era il 20 maggio, la Corte d'appello di Genova concesse la libertà provvisoria ai membri del Gruppo 22 ottobre. Contrario alla decisione il procuratore capo Francesco Coco. La libertà dei detenuti poteva avvenire soltanto alla condizione che Mario Sossi fosse rilasciato incolume. E Sossi venne rilasciato, ma i componenti del Gruppo 22 Ottobre restarono in carcere. Fu Coco a trovare l'escamotage: Sossi si ruppe due costole durante il rapimento e quindi non si poteva giudicare incolume. Un'escamotage che costò al procuratore la condanna a morte: venne trucidato nel 1976. "Appena fui libero - spiega davanti ai microfoni il magistrato - avvertii Francesco Coco che correva gravi rischi".
Alla trasmissione, questa sera, parteciperà anche Alberto Franceschini, il carceriere che Sossi aveva soprannominato "il laureato" e con il quale aveva instaurato un rapporto quasi cordiale: il magistrato era grato al terrorista per la gentilezza dimostrata durante il suo sequestro. Franceschini è libero da tempo. Sossi da allora non lo ha più rivisto. "Per mia fortuna - ribadisce - mi blocca un'assoluta impossibilità di comprensione".

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