Da La Repubblica del 19/03/2002
Originale su http://www.repubblica.it/online/politica/marcobiagi/dantona/dantona.html
La scheda
Quasi tre anni fa l'omicidio D'Antona
di AA.VV.
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ROMA - Dopo anni di silenzio o di piccole azioni, il terrorismo era tornato ad uccidere il 20 maggio del 1999. Vittima il docente di diritto del lavoro all'ateneo romano La Sapienza Massimo D'Antona, 51 anni, consigliere dell'allora ministro del Lavoro Antonio Bassolino, così come suo collaboratore era stato Marco Biagi.
I killer lo aspettano a poca distanza dalla sua abitazione, in via Salaria a Roma, e quando D'Antona si avvia verso il suo studio, poco lontano da casa, lo freddano con tre colpi di pistola calibro 38.
Passano poche ore e le "Brigate rosse per la costruzione del Partito comunista combattente" (Br-Pcc) rivendicano con una risoluzione strategica di 28 pagine. Il documento indica D'Antona come uno dei protagonisti della politica economica del governo. Il 31 maggio nel carcere di Novara è trovata una lettera in cui cinque brigatisti 'irriducibili', Cesare Di Lenardo, Stefano Minguzzi, Francesco Aiosa, Ario Pizzarelli e Daniele Bencini, rivendicano la valenza politica dell'attentato.
Il 30 giugno, copie del comunicato vengono lasciate in una cabina telefonica di fronte alla Pirelli Bicocca di Milano, nella metro di Roma e spediti per posta a diversi sindacalisti.
Il 9 settembre una relazione del presidente della commissione stragi Giovanni Pellegrino attribuisce l'omicidio a "una cellula brigatista pericolosa, con nuovi moduli organizzativi e con militanti selezionatissimi".
Il 19 ottobre, durante perquisizioni nei confronti di persone ritenute vicine ai Carc (Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo) viene trovato un documento, attribuito a Giuseppe Maj, in clandestinità, che critica le Br per i tempi e i modi dell' uccisione di D' Antona.
Il 16 maggio 2000 la prima, importante, svolta nell'inchiesta giudiziaria. Viene arrestato l'informatico Alessandro Geri con l'accusa di essere il telefonista che rivendicò l'omicidio D'Antona. E' un ragazzo di 14 anni a fornire le indicazioni per risalire a Geri. Durante una ricognizione il testimone indica Geri e altre due persone come somiglianti all'uomo da lui notato nella cabina da cui partì la telefonata di rivendicazione. Il 28 maggio Geri viene scarcerato. E' la stessa procura a presentare la richiesta di scarcerazione a fronte dell'alibi fornito dal giovane per il 20 maggio '99. Un alibi che deve essere verificato e, comunque, Geri rimane indagato per l'omicidio.
Il 20 dicembre 2000 si apprende che è indagato per l'agguato di via Salaria anche Giorgio Panizzari, ex br arrestato in Umbria durante un tentativo di rapina. Il sospetto degli inquirenti è che Panizzari possa essere stato alla guida di uno dei furgoni usati dal commando brigatista in via Salaria.
Il 13 maggio del 2001 vengono arrestati otto militanti di Iniziativa Comunista sospettati di essere fiancheggiatori delle Brigate Rosse. Tra questi il segretario nazionale Norberto Natali e Rita Casillo. I due, successivamente, sono stati indagati per l'omicidio di D'Antona. Casillo fu indicata da un testimone, che però non la riconobbe nel confronto, come la donna che faceva parte del commando di via Salaria.
I killer lo aspettano a poca distanza dalla sua abitazione, in via Salaria a Roma, e quando D'Antona si avvia verso il suo studio, poco lontano da casa, lo freddano con tre colpi di pistola calibro 38.
Passano poche ore e le "Brigate rosse per la costruzione del Partito comunista combattente" (Br-Pcc) rivendicano con una risoluzione strategica di 28 pagine. Il documento indica D'Antona come uno dei protagonisti della politica economica del governo. Il 31 maggio nel carcere di Novara è trovata una lettera in cui cinque brigatisti 'irriducibili', Cesare Di Lenardo, Stefano Minguzzi, Francesco Aiosa, Ario Pizzarelli e Daniele Bencini, rivendicano la valenza politica dell'attentato.
Il 30 giugno, copie del comunicato vengono lasciate in una cabina telefonica di fronte alla Pirelli Bicocca di Milano, nella metro di Roma e spediti per posta a diversi sindacalisti.
Il 9 settembre una relazione del presidente della commissione stragi Giovanni Pellegrino attribuisce l'omicidio a "una cellula brigatista pericolosa, con nuovi moduli organizzativi e con militanti selezionatissimi".
Il 19 ottobre, durante perquisizioni nei confronti di persone ritenute vicine ai Carc (Comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo) viene trovato un documento, attribuito a Giuseppe Maj, in clandestinità, che critica le Br per i tempi e i modi dell' uccisione di D' Antona.
Il 16 maggio 2000 la prima, importante, svolta nell'inchiesta giudiziaria. Viene arrestato l'informatico Alessandro Geri con l'accusa di essere il telefonista che rivendicò l'omicidio D'Antona. E' un ragazzo di 14 anni a fornire le indicazioni per risalire a Geri. Durante una ricognizione il testimone indica Geri e altre due persone come somiglianti all'uomo da lui notato nella cabina da cui partì la telefonata di rivendicazione. Il 28 maggio Geri viene scarcerato. E' la stessa procura a presentare la richiesta di scarcerazione a fronte dell'alibi fornito dal giovane per il 20 maggio '99. Un alibi che deve essere verificato e, comunque, Geri rimane indagato per l'omicidio.
Il 20 dicembre 2000 si apprende che è indagato per l'agguato di via Salaria anche Giorgio Panizzari, ex br arrestato in Umbria durante un tentativo di rapina. Il sospetto degli inquirenti è che Panizzari possa essere stato alla guida di uno dei furgoni usati dal commando brigatista in via Salaria.
Il 13 maggio del 2001 vengono arrestati otto militanti di Iniziativa Comunista sospettati di essere fiancheggiatori delle Brigate Rosse. Tra questi il segretario nazionale Norberto Natali e Rita Casillo. I due, successivamente, sono stati indagati per l'omicidio di D'Antona. Casillo fu indicata da un testimone, che però non la riconobbe nel confronto, come la donna che faceva parte del commando di via Salaria.
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