Da Corriere della Sera del 06/06/2006
Mogadiscio è caduta, trionfano gli islamici
Imposta la sharia nella capitale somala. Le milizie dei «signori della guerra» resistono a Johar
di Massimo A. Alberizzi
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NAIROBI — Mogadiscio è caduta ieri nelle mani delle Corti islamiche. I signori della guerra sono stati sbaragliati, ma non in battaglia (anche se gli scontri delle ultime settimane hanno fatto quasi 400 morti). Una serie di tradimenti e di cambi di fronte nei giorni scorsi ha rafforzato le milizie guidate dai fondamentalisti: Shek Sharif Shek Ahmed, il capo dell' Unione delle Corti, Hassan Hashi Aeru, il comandante che nel gennaio del 2005 devastò il cimitero italiano e al suo posto installò un campo di addestramento e Hassan Dawer Awes, il capo storico dell'islamismo somalo, il cui fratello predica a Londra.
Ieri mattina Gram Gram, il comandante delle milizie di Qanyare Afrah, quando il suo capo è scappato abbandonando l'ultima roccaforte, l'aeroporto di Daynile, ha convocato la Corte islamica del suo clan (il murursade) e ha trattato la resa dopo aver consegnato 25 «tecniche», camioncini dotati di cannoncino o mitragliatrice pesante. Il tutto per evitare un inutile bagno di sangue. Le milizie rimaste fedeli ai signori della guerra, guidate dal comandante Abdi Nur Wal, si sono ritirate verso Johar, dove si attesta l'ultimo baluardo dell'Alleanza per la Ricostruzione della Pace e contro il Terrorismo, Mohammed Dehere. «Resisteremo fino alla fine — ha dichiarato Abdi raggiunto per telefono dal Corriere — ma di qui gli islamici non passeranno». Probabilmente tutti sono pronti a fuggire in Etiopia. Le Corti vincitrici a Mogadiscio hanno immediatamente imposto la legge coranica, che tuttavia è una formalità perché la sharia era già applicata da tempo per tentare di fermare violenze e banditismo anche dai signori della guerra, che si presentavano come laici.
«Ora il quadro è più chiaro e sul palcoscenico somalo sono rimasti due attori — commenta l'inviato speciale italiano per la Somalia, Mario Raffaelli — il Governo Federale di Transizione, Tfg, e l'Unione delle Corti islamiche. Il governo ha già fatto sapere di voler aprire un dialogo e trattare politicamente il futuro della Somalia, le Corti non sono omogenee come si può pensare e al suo interno ci sono gruppi moderati con cui si può e si deve discutere». Oltre ai warlord i veri sconfitti sono gli americani che ai quattro avevano affidato la guerra al terrorismo in Somalia. Ma la popolazione li ha identificati come banditi, nemici che taglieggiavano la gente e imponevano la legge del terrore. Gli islamici sono visti invece come coloro che sono pronti a garantire pace e stabilità dopo 15 anni di guerra civile. Gli Stati Uniti ritengono che il Paese ora rischia di diventare un nuovo Afghanistan con un gruppo di fanatici talebani al governo. Lo scacchiere politico è complicato dalla presenza di gruppi guerriglieri etiopici che minacciano il governo di Addis Abeba. Questi gruppi, secondo un rapporto dell'Onu, sono aiutati dall'Eritrea, nemico storico dell'Etiopia.
Ieri mattina Gram Gram, il comandante delle milizie di Qanyare Afrah, quando il suo capo è scappato abbandonando l'ultima roccaforte, l'aeroporto di Daynile, ha convocato la Corte islamica del suo clan (il murursade) e ha trattato la resa dopo aver consegnato 25 «tecniche», camioncini dotati di cannoncino o mitragliatrice pesante. Il tutto per evitare un inutile bagno di sangue. Le milizie rimaste fedeli ai signori della guerra, guidate dal comandante Abdi Nur Wal, si sono ritirate verso Johar, dove si attesta l'ultimo baluardo dell'Alleanza per la Ricostruzione della Pace e contro il Terrorismo, Mohammed Dehere. «Resisteremo fino alla fine — ha dichiarato Abdi raggiunto per telefono dal Corriere — ma di qui gli islamici non passeranno». Probabilmente tutti sono pronti a fuggire in Etiopia. Le Corti vincitrici a Mogadiscio hanno immediatamente imposto la legge coranica, che tuttavia è una formalità perché la sharia era già applicata da tempo per tentare di fermare violenze e banditismo anche dai signori della guerra, che si presentavano come laici.
«Ora il quadro è più chiaro e sul palcoscenico somalo sono rimasti due attori — commenta l'inviato speciale italiano per la Somalia, Mario Raffaelli — il Governo Federale di Transizione, Tfg, e l'Unione delle Corti islamiche. Il governo ha già fatto sapere di voler aprire un dialogo e trattare politicamente il futuro della Somalia, le Corti non sono omogenee come si può pensare e al suo interno ci sono gruppi moderati con cui si può e si deve discutere». Oltre ai warlord i veri sconfitti sono gli americani che ai quattro avevano affidato la guerra al terrorismo in Somalia. Ma la popolazione li ha identificati come banditi, nemici che taglieggiavano la gente e imponevano la legge del terrore. Gli islamici sono visti invece come coloro che sono pronti a garantire pace e stabilità dopo 15 anni di guerra civile. Gli Stati Uniti ritengono che il Paese ora rischia di diventare un nuovo Afghanistan con un gruppo di fanatici talebani al governo. Lo scacchiere politico è complicato dalla presenza di gruppi guerriglieri etiopici che minacciano il governo di Addis Abeba. Questi gruppi, secondo un rapporto dell'Onu, sono aiutati dall'Eritrea, nemico storico dell'Etiopia.
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