Da Internazionale del 02/06/2006
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Basta con le mafie

La forza della criminalità organizzata in Italia è indegna di uno stato della civile Europa. Se non si farà presto qualcosa di serio, il paese sarà rovinato, scrive Lisbeth Davidsen

di Lisbeth Davidsen

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Storia del crimine organizzato in Italia1. Mafia
L'Italia si vanta di essere uno dei paesi fondatori della Comunità europea e un membro del ristretto club dei paesi più ricchi del mondo, il G8. Eppure metà del suo territorio è nelle mani della criminalità organizzata. Questa situazione deve finire, se l'Italia non vuole diventare un'isola infelice del terzo mondo all'interno del primo.

È indegno che nel 2005 la mafia non solo esista, ma prosperi, governi, s'infiltri nelle istituzioni e nell'economia legale. L'omicidio di Francesco Fortugno in Calabria ci ha costretto a tornare a parlare di mafia. Sia i giornalisti italiani sia noi stranieri avevamo abbassato la guardia. Ma bisogna che gli altri europei conoscano la situazione italiana. Alcuni esempi raccapriccianti: la 'ndrangheta è riuscita a diventare la mafia più pericolosa e uno dei protagonisti del commercio internazionale di droga.

Uno stretto collaboratore del presidente del consiglio, Marcello Dell'Utri, è stato condannato a nove anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. E non si è dimesso, né il suo capo gli ha chiesto di farlo. Un politico regionale di alto livello come Totò Cuffaro, il governatore della Sicilia, è indagato per mafia. Ma forse la cosa più spaventosa è che la criminalità organizzata ha un fatturato stimato intorno a cento miliardi di euro all'anno, più del doppio della Fiat.

In qualsiasi paese dell'Unione europea si proclamerebbe lo stato di emergenza. Ma qui ci si rassegna. La situazione è desolante. Un pubblico ministero di Palermo mi dice: "Siamo allo sfascio". La sua macchina blindata si ferma ogni giorno perché è vecchia. Ha dovuto comprare un computer con i suoi soldi. Spesso non c'è carta per la stampante.

Vado dal presidente della commissione antimafia, Roberto Centaro, e gli chiedo: com'è possibile che esista ancora la mafia in un paese europeo nel 2005? Risposta: "Com'è possibile che lei mi faccia questa domanda? Vive in un mondo di favole?". No, ma sono una giornalista e faccio domande. Devo raccontare ai danesi quello che per loro è inaccettabile, più che inspiegabile.

Girando delle immagini a Locri per la tv danese ho trovato molte persone che avevano voglia di parlare. I cittadini del sud non ce la fanno più! E mi dicono che lo stato e le leggi non sono dalla parte degli onesti. A Locri la mafia decide anche chi fa il caporeparto all'ospedale, e in altre zone d'Italia controlla la distribuzione dell'acqua, del pane o del latte, come ha denunciato l'ex procuratore nazionale antimafia Pierluigi Vigna.

All'opinione pubblica si dice che la lotta alla mafia non è semplice, che spiegare la mafia non è semplice, che sradicarla lo è ancora meno. Invece è tutto molto semplice. Ci vuole un governo senza furbizie e senza legami con interessi poco chiari. Un governo che voglia solo il bene comune e il rispetto della legalità. Chiedo troppo? Siamo nel 2005 e stiamo cercando di esportare la democrazia come modello nel terzo mondo.

Si potrebbe cominciare con un nuovo atteggiamento verso il potere. Togliamo il titolo di "onorevole" a chi siede in parlamento. Smettiamola d'inchinarci davanti a loro. Poniamo domande critiche. Guardiamo tutte le persone che ricoprono cariche pubbliche con sospetto, non più con deferenza.

Vedo due eventi positivi in questo quadro desolante. Uno è che Rita Borsellino ha vinto le primarie del centrosinistra in Sicilia e l'altro che i giovani di Locri hanno deciso di sfidare il potere della criminalità organizzata. Ma non basta. La cultura cattolica si basa più sulla misericordia che sulla giustizia. Ma nel resto dell'Europa non si ragiona più così. E in Italia quando arriverà la svolta?

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