Da Il Resto del Carlino del 28/07/2006
Strage del 2 agosto 1980
'Presidente è una bomba'. Pertini mi ringraziò poi si chiuse nel silenzio
Il comandante dei vigili del fuoco: 'Alle 23 di quella maledetta sera il Presidente Sandro Pertini apprese cosa aveva causato la strage'. E lui? 'Rimase in silenzio, era molto scosso'
di Beppe Boni
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La memoria corre lontana, si srotola in un lento rewind di ricordi ancora nitidi ed emozioni senza ombre. Venticinque anni fa la bomba, i morti, i feriti, la grande e generosa macchina dei soccorsi col dolore nel cuore e la polvere in gola. Lavorarono in coppia per oltre 30 ore in mezzo ai loro uomini, Cesare Sangiorgi, allora comandante dei vigili del fuoco di Bologna e oggi, a 80 anni splendidamente portati, pensionato con la passione della vela, e Gabriele Golinelli, ora direttore regionale dei vigili del fuoco e allora vice di Bologna.
Sangiorgi e Golinelli, due che nella loro carriera ne hanno viste di tutti i colori, tradiscono un pizzico di commozione. Non si vede ma si intuisce. Sangiorgi ricorda quella mattina con voce pacata.Anche per lui doveva essere l’inizio delle vacanze.
'Quella mattina arrivai a Marina di Ravenna dopo aver percorso la San Vitale e trovai la macchina di servizio con l’autista che mi aspettava. Aveva una espressione grave'. Allora i telefonini erano di là da venire e Sangiorgi fino a quel momento non era stato rintracciabile. 'I miei uomini avevano percorso l’autostrada col piede sull’a cceleratore pigiato al massimo, viaggiarono sulla corsia di emergenza e arrivarono prima di me. Non entrai nemmeno in albergo e mi precipitai a Bologna. Golinelli e tutti gli altri erano già là'. E furono ore disperate, al lavoro senza sosta mentre si cercava di capire cosa mai fosse successo.'La bomba, sì la bomba. Quel pensiero ci tormentò come un tarlo fin dal mattino mentre il tempo passava e man mano che una ad una si scartavano le ipotesi di un fatto accidentale'. Allarga le braccia e sospira profondamente. Poco dopo le 22, un pompiere che avvisò Sangiorgi. 'Ingegnere, venga c’è un cratere nella sala d’aspetto di seconda classe'.
'Lì - spiega Sangiorgi - scavammo con precauzione, usammo le mani e trovammo delle palline nere. Assomigliavano allo sterco di pecora ma erano tracce di plastico. Allora era un esplosivo raro.'Così alle 23 di quella sera maledetta il presidente Sandro Pertini apprese direttamente cosa aveva causato la strage. Sangiorgi sorride. 'Alloggiava all’Hotel Garden. Corsì là e in poche parole gli spiegai tutto. Presidente sciolgo la riserva, è una bomba, un attentato, ne sono certo, gli dissi'.
E lui? 'Rimase in silenzio. Era molto scosso. Mi ringraziò a voce bassa e ci salutammo. Di lì a poco dopo una riunione in prefettura il presidente decise di diffondere la notizia ufficiale dell’attentato. Ventiquattrore dopo la bomba era già diventata fascista ma questo non lo dissi io, anche perchè i giudizi non competevano a me'.
Durò oltre trenta di lavoro ininterrotto il 'giorno più lungo' dei vigili del fuoco e dei soccorritori. Gabriele Golinelli, arrivò dieci minuti dopo il disastro quel mattino. Il primo flash che gli viene in mente dà l’idea dell’inferno. 'Le prime squadre erano già operative. Ingegnere, dissero gli uomini venga subito, è saltata la stazione. Avevo il cuore in gola entrai nell’atrio e ricordo quel pavimento scivoloso. C’erano morti, feriti e detriti ma mi è rimasta soprattutto la visione del sangue. A terra era tutto rosso. Una sensazione che non mi ha mai abbandonato'.
I colori della tragedia, a volte, restano impressi più delle cose. Come i rumori. Come il silenzio assordante che fuori, sulla strada davanti alla stazione, faceva da incredibile cornice a ciò che accadeva dentro, dove un oceano di uomini annaspava nella disperata ricerca di soccorrere altri uomini con la vita strappata in un secondo di fuoco e orrore. 'Era come stare in un irreale palcoscenico. Dentro le urle dei feriti, le voci dei soccorritori, i rumori delle macerie spostate.' E intanto dalle macerie uscivano corpi martoriati, brandelli di corpi, vestiti, oggetti, borse. Vite polverizzate in un secondo. Gabriele Golinelli abbassa lo sguardo. 'I primi morti in cui mi imbattei direttamente erano una donna con il figlio piccolo. Li trovammo abbracciati come se lei avesse voluto proteggerlo.'
Il giorno dopo, la domenica, la stazione era ripulita dai detriti che i vigili del fuoco avevano fatto trasferire in un deposito del genio in via Agucchi. 'Sembrava uno scheletro', mormora Golinelli. 'Per giorni trovammo brandelli di corpi'.
Tutto, nella tragedia di quelle ore funzionò come un orologio. 'Carabinieri, polizia, militari dell’esercito, sanitari, volontari, seguivano le nostre indicazioni. Gente stupenda. Ci capivamo al volo. Non ci furono intralci nè fraintendimenti'. 'Fu incredibile - ricorda Gabriele Golinelli - appena due giorni più tardi, quando ormai la notizia della strage aveva fatto il giro del mondo, venne da noi, nella sede dei vigili del fuoco di Bologna, una delegazione svedese. Volevano sapere che piano avevamo adottato per l’intervento alla stazione per poterlo copiare. Dovemmo rispondere, con orgoglio ma anche con un pizzico di imbarazzo, che non c’era stato nessun piano. Semplicemente per una evenienza del genere non esisteva. Loro non ci credevano'.Il nastro della memoria si riavvolge. Questi sono di nuovo i giorni delle commemorazioni. Cesare Sangiorgi e Gabriele Golinelli nello spirito sono ancora in servizio insieme. Forse saranno in piazza o forse no. Da molti anni nessuno li ha più invitati personalmente.
Sangiorgi e Golinelli, due che nella loro carriera ne hanno viste di tutti i colori, tradiscono un pizzico di commozione. Non si vede ma si intuisce. Sangiorgi ricorda quella mattina con voce pacata.Anche per lui doveva essere l’inizio delle vacanze.
'Quella mattina arrivai a Marina di Ravenna dopo aver percorso la San Vitale e trovai la macchina di servizio con l’autista che mi aspettava. Aveva una espressione grave'. Allora i telefonini erano di là da venire e Sangiorgi fino a quel momento non era stato rintracciabile. 'I miei uomini avevano percorso l’autostrada col piede sull’a cceleratore pigiato al massimo, viaggiarono sulla corsia di emergenza e arrivarono prima di me. Non entrai nemmeno in albergo e mi precipitai a Bologna. Golinelli e tutti gli altri erano già là'. E furono ore disperate, al lavoro senza sosta mentre si cercava di capire cosa mai fosse successo.'La bomba, sì la bomba. Quel pensiero ci tormentò come un tarlo fin dal mattino mentre il tempo passava e man mano che una ad una si scartavano le ipotesi di un fatto accidentale'. Allarga le braccia e sospira profondamente. Poco dopo le 22, un pompiere che avvisò Sangiorgi. 'Ingegnere, venga c’è un cratere nella sala d’aspetto di seconda classe'.
'Lì - spiega Sangiorgi - scavammo con precauzione, usammo le mani e trovammo delle palline nere. Assomigliavano allo sterco di pecora ma erano tracce di plastico. Allora era un esplosivo raro.'Così alle 23 di quella sera maledetta il presidente Sandro Pertini apprese direttamente cosa aveva causato la strage. Sangiorgi sorride. 'Alloggiava all’Hotel Garden. Corsì là e in poche parole gli spiegai tutto. Presidente sciolgo la riserva, è una bomba, un attentato, ne sono certo, gli dissi'.
E lui? 'Rimase in silenzio. Era molto scosso. Mi ringraziò a voce bassa e ci salutammo. Di lì a poco dopo una riunione in prefettura il presidente decise di diffondere la notizia ufficiale dell’attentato. Ventiquattrore dopo la bomba era già diventata fascista ma questo non lo dissi io, anche perchè i giudizi non competevano a me'.
Durò oltre trenta di lavoro ininterrotto il 'giorno più lungo' dei vigili del fuoco e dei soccorritori. Gabriele Golinelli, arrivò dieci minuti dopo il disastro quel mattino. Il primo flash che gli viene in mente dà l’idea dell’inferno. 'Le prime squadre erano già operative. Ingegnere, dissero gli uomini venga subito, è saltata la stazione. Avevo il cuore in gola entrai nell’atrio e ricordo quel pavimento scivoloso. C’erano morti, feriti e detriti ma mi è rimasta soprattutto la visione del sangue. A terra era tutto rosso. Una sensazione che non mi ha mai abbandonato'.
I colori della tragedia, a volte, restano impressi più delle cose. Come i rumori. Come il silenzio assordante che fuori, sulla strada davanti alla stazione, faceva da incredibile cornice a ciò che accadeva dentro, dove un oceano di uomini annaspava nella disperata ricerca di soccorrere altri uomini con la vita strappata in un secondo di fuoco e orrore. 'Era come stare in un irreale palcoscenico. Dentro le urle dei feriti, le voci dei soccorritori, i rumori delle macerie spostate.' E intanto dalle macerie uscivano corpi martoriati, brandelli di corpi, vestiti, oggetti, borse. Vite polverizzate in un secondo. Gabriele Golinelli abbassa lo sguardo. 'I primi morti in cui mi imbattei direttamente erano una donna con il figlio piccolo. Li trovammo abbracciati come se lei avesse voluto proteggerlo.'
Il giorno dopo, la domenica, la stazione era ripulita dai detriti che i vigili del fuoco avevano fatto trasferire in un deposito del genio in via Agucchi. 'Sembrava uno scheletro', mormora Golinelli. 'Per giorni trovammo brandelli di corpi'.
Tutto, nella tragedia di quelle ore funzionò come un orologio. 'Carabinieri, polizia, militari dell’esercito, sanitari, volontari, seguivano le nostre indicazioni. Gente stupenda. Ci capivamo al volo. Non ci furono intralci nè fraintendimenti'. 'Fu incredibile - ricorda Gabriele Golinelli - appena due giorni più tardi, quando ormai la notizia della strage aveva fatto il giro del mondo, venne da noi, nella sede dei vigili del fuoco di Bologna, una delegazione svedese. Volevano sapere che piano avevamo adottato per l’intervento alla stazione per poterlo copiare. Dovemmo rispondere, con orgoglio ma anche con un pizzico di imbarazzo, che non c’era stato nessun piano. Semplicemente per una evenienza del genere non esisteva. Loro non ci credevano'.Il nastro della memoria si riavvolge. Questi sono di nuovo i giorni delle commemorazioni. Cesare Sangiorgi e Gabriele Golinelli nello spirito sono ancora in servizio insieme. Forse saranno in piazza o forse no. Da molti anni nessuno li ha più invitati personalmente.
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