Da Corriere Mercantile del 28/03/1980
Il corpo di Annamaria Ludman tra i tre "compagni" uccisi nella base di Oregina dei brigatisti
Il mistero della bomba a mano
L’orologio fermo alle 2,42, l’ora del conflitto a fuoco
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Annamaria Ludman aveva 32 anni. L’appartamento-covo di via Fracchia era intestato alla sua famiglia. Nella foto, agghiacciante, che pubblichiamo in questa pagina il corpo della donna è in posizione prona, nel corridoio. Tra il volto e l’avambraccio destro si nota una bomba a mano, una lente e la stanghetta degli occhiali. In corrispondenza della testa c’è una lunga striscia di sangue che corre parallela al muro e copre completamente il pavimento“alla genovese”. Da altre immagini si evince che le gambe erano distese nel ripostiglioe il cadavere era in posizione perpendicolare rispetto al corridoio. Ma c’è un altro elemento, molto importante, per la ricostruzione storica” dei fatti. Al polso destro Annamaria Ludman portava un orologio con il cinghino d’acciaio. Da un semplice ingrandimento della foto si vede, chiaramente, che le lancette sono ferme alle due e quarantadue. E’ la prova inequivocabile che il blitz scattò in quegli istanti.
Nella scarna ricostruzione ufficiale non fu mai specificata l’ora esatta dell’irruzione.
LA BORSA ARSENALE
Nell’altro foto che pubblichiamo in questa pagina è ritratta una borsa )presumibilmente di tela) con la cerniera completamente aperta. All’interno si nota la canna di un’arma lunga, presumibilmente un mitra. Sotto si intravedono altre armi e munizioni (ma lo si deduce più chiaramente dalla nota posta a margine della foto inserita nel dossier dei carabinieri). La borsa si trovava in fondo al corridoio all’altezza dell’ingresso del salotto. Così come è stata “repertata” dai carabinieri si evince che qualcuno dei quattro brigatisti l’avesse trascinata
in fondo al corridoio e aperta con l’intento di impugnare le armi e fare fuoco contro il commando dei militari.
LA STORIA DELLA LUDMAN
Annamaria Ludman nasce a Chiavari il 9 settembre 1947, si trasferisce a Genova nel 1963 dove si iscrive alla Scuola Svizzera. Figlia di un capitano di lungo corso in pensione, si diploma alle “Magistrali” e poi si iscrive a vari corsi di lingue. Per un’estate lavora anche come interprete all’hotel “Regina Elena”di Santa Margherita. Nel 1970 si sposa nella chiesa di Oregina, ma il matrimonio dura pochi mesi. Dopo la separazione torna a vivere con i genitori. Nel frattempo lavora come segretaria in una ditta di spedizione di Carignano e nel ’71 passa all’Italimpianti dove resta impiegata meno di due anni. Poi, per un breve tempo, gestisce con la famiglia una tabaccheria in via Siffredi, a Cornigliano. Per alcuni mesi si trasferisce a Como, sempre come segretaria. Torna a Genova.
E’ il 1978, trova un impiego al Centro culturale italo-francese Galliera, in via Garibaldi. Il padre, Corrado Ludman, muore. Annamaria e la madre tornano a vivere a Chiavari. La giovane è costretta a fare la pendolare tra Genova e la Riviera di levante. Nel giugno del ’79 si licenzia dal Centro Galliera nonostante godesse di grande stima da parte dei colleghi e dei dirigenti. Motiva la sua decisione per ragioni economiche, stipendio troppo basso. Ma da quel momento si sa più poco di lei. Alle amiche che incontra parla genericamente di un lavoro in porto, come segretaria in una ditta di spedizioni. Poi la mattina del 28 marzo il
tra quelli degli occupanti del covo. Di lei parlano con affetto i vicini di casa che mai avrebbero immaginato la verità. Nel gergo dei brigatisti Annamaria Ludman era rimasta fino all’ultimo una militante"irregolare”, cioè non era entrata in clandestinità.
IL RICORDO DELL’AMICA
In una lettera pubblicata sul “Il Manifesto” alcuni giorni dopo il blitz Liliana
Boccarossa aveva ricordato così l’amica Annamaria Ludman: «Certi ti vedranno come un mostro, altri ti hanno già messo sull’altare insanguinato Io non so se hai ammazzato; so solo che ti hanno ammazzato e che questo poteva essere evitato. Ho pensato, ho sperato che tu non sapessi niente di quello che succedeva nella casa di Oregina. Mi si dice che è impossibile, che c’era un arsenale, che sei morta con una bomba in mano. Allora? non capiscono quelli che ti hanno conosciuto... Io ti ricorderò sempre per quella che eri: una brava e simpatica donna incasinata, fregata dal perbenismo del tuo ambiente, in quella maledetta città, fregata dall’ultima moda in fatto di perbenismo totale e rassicurante: il terrorismo».
Nella scarna ricostruzione ufficiale non fu mai specificata l’ora esatta dell’irruzione.
LA BORSA ARSENALE
Nell’altro foto che pubblichiamo in questa pagina è ritratta una borsa )presumibilmente di tela) con la cerniera completamente aperta. All’interno si nota la canna di un’arma lunga, presumibilmente un mitra. Sotto si intravedono altre armi e munizioni (ma lo si deduce più chiaramente dalla nota posta a margine della foto inserita nel dossier dei carabinieri). La borsa si trovava in fondo al corridoio all’altezza dell’ingresso del salotto. Così come è stata “repertata” dai carabinieri si evince che qualcuno dei quattro brigatisti l’avesse trascinata
in fondo al corridoio e aperta con l’intento di impugnare le armi e fare fuoco contro il commando dei militari.
LA STORIA DELLA LUDMAN
Annamaria Ludman nasce a Chiavari il 9 settembre 1947, si trasferisce a Genova nel 1963 dove si iscrive alla Scuola Svizzera. Figlia di un capitano di lungo corso in pensione, si diploma alle “Magistrali” e poi si iscrive a vari corsi di lingue. Per un’estate lavora anche come interprete all’hotel “Regina Elena”di Santa Margherita. Nel 1970 si sposa nella chiesa di Oregina, ma il matrimonio dura pochi mesi. Dopo la separazione torna a vivere con i genitori. Nel frattempo lavora come segretaria in una ditta di spedizione di Carignano e nel ’71 passa all’Italimpianti dove resta impiegata meno di due anni. Poi, per un breve tempo, gestisce con la famiglia una tabaccheria in via Siffredi, a Cornigliano. Per alcuni mesi si trasferisce a Como, sempre come segretaria. Torna a Genova.
E’ il 1978, trova un impiego al Centro culturale italo-francese Galliera, in via Garibaldi. Il padre, Corrado Ludman, muore. Annamaria e la madre tornano a vivere a Chiavari. La giovane è costretta a fare la pendolare tra Genova e la Riviera di levante. Nel giugno del ’79 si licenzia dal Centro Galliera nonostante godesse di grande stima da parte dei colleghi e dei dirigenti. Motiva la sua decisione per ragioni economiche, stipendio troppo basso. Ma da quel momento si sa più poco di lei. Alle amiche che incontra parla genericamente di un lavoro in porto, come segretaria in una ditta di spedizioni. Poi la mattina del 28 marzo il
tra quelli degli occupanti del covo. Di lei parlano con affetto i vicini di casa che mai avrebbero immaginato la verità. Nel gergo dei brigatisti Annamaria Ludman era rimasta fino all’ultimo una militante"irregolare”, cioè non era entrata in clandestinità.
IL RICORDO DELL’AMICA
In una lettera pubblicata sul “Il Manifesto” alcuni giorni dopo il blitz Liliana
Boccarossa aveva ricordato così l’amica Annamaria Ludman: «Certi ti vedranno come un mostro, altri ti hanno già messo sull’altare insanguinato Io non so se hai ammazzato; so solo che ti hanno ammazzato e che questo poteva essere evitato. Ho pensato, ho sperato che tu non sapessi niente di quello che succedeva nella casa di Oregina. Mi si dice che è impossibile, che c’era un arsenale, che sei morta con una bomba in mano. Allora? non capiscono quelli che ti hanno conosciuto... Io ti ricorderò sempre per quella che eri: una brava e simpatica donna incasinata, fregata dal perbenismo del tuo ambiente, in quella maledetta città, fregata dall’ultima moda in fatto di perbenismo totale e rassicurante: il terrorismo».