Da La Repubblica del 09/08/2006

Notizie dalla storia - 9 agosto 1956

L´Italia ricorda i morti di Marcinelle

50 anni fa la tragedia nella miniera belga. Napolitano: monito perché il lavoro sia protetto

di Alberto D'Argenio

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BRUXELLES - Dopo cinquant´anni la tragedia di Marcinelle continua a commuovere e ad essere di insegnamento per chi vuole che quanto accaduto allora non si ripeta più. Ieri tremila persone hanno ricordato una storia di immigrazione e di duro lavoro sfociata nella morte quando l´8 agosto del 1956 nella gola del Bois du Casier persero la vita 262 minatori di undici diversi paesi, 136 dei quali erano italiani. Una tragedia che simboleggia l´esperienza dei milioni di connazionali che dopo la seconda guerra mondiale sono emigrati in Paesi spesso ostili e poco riconoscenti per svolgere quel prezioso lavoro che ieri il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha definito un «esempio dell´impegno e del sacrificio grazie ai quali si potè ricostruire dalle macerie dell´Europa post-bellica una società più giusta».
Per non dimenticare ieri mattina le campane del museo costruito sopra la miniera della morte hanno battuto 262 rintocchi, uno per vittima, in apertura della cerimonia cui hanno assistito i parenti degli scomparsi, le associazioni degli ex minatori italiani e degli alpini (che alla tragedia hanno fornito quasi la metà delle vittime italiane). Il governo, per voce del premier Romano Prodi, si è unito a tutti i connazionali caduti sul lavoro in patria e all´estero definendoli «martiri dell´operosità italiana e del progresso civile». E per Napolitano i morti di Marcinelle hanno dato un esempio che porta con sè «un monito a vegliare affinchè il lavoro di tutti venga sempre ed in ogni luogo rispettato e protetto». Anche se per il presidente della Camera Fausto Bertinotti da allora le cose non sono cambiate molto se si considera che ogni giorno solo in Italia «sui luoghi di lavoro muoiono quattro persone».
Annotazioni − "Nous sommes une cinquantine. Nous fuyons les fumées vers les quatres paumes..."

Fu scritto con il gesso su di una tavoletta di legno da una delle vittime, mentre cercavano scampo.

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