Da La Repubblica del 29/09/2006
Sul settimanale un´intervista a Wanda Acampa alla vedova del manager Telecom
I dubbi della moglie di Bove "Non può essersi ucciso"
Non fu difeso dai vertici. E chi lo pedinava?
di Concetto Vecchio
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ROMA - Non crede alla tesi del suicidio. Invita quindi gli inquirenti a non tralasciare nessuna pista. Rivela che suo marito non si sentì abbastanza difeso dai vertici Telecom, quando il suo nome fu tirato in ballo per le falle nel sistema informatico che gestiva i tabulati telefonici: «Io penso che si sentisse scaricato da molto tempo dall´azienda». Wanda Acampa, ricercatrice del Cnr specializzata in medicina nucleare, moglie di Adamo Bove, il manager della sicurezza Telecom morto il 21 luglio buttandosi da un cavalcavia a Napoli, ha rotto il silenzio concedendo un´intervista all´Espresso nella quale ripercorre le ultime settimane di vita del compagno. La donna confessa di nutrire pesanti dubbi sulla versione ufficiale della morte, sposata anche dagli amici più cari, e invita gli investigatori ad indagare sui ripetuti pedinamenti subiti dalla coppia; a scovare i titolari del noleggio di un furgone che per molti giorni sostò sotto la casa della coppia; chiede di verificare chi incontrò Bove il martedì e il mercoledì precedenti alla tragedia, quando a Milano ebbe una riunione con i vertici Telecom da cui uscì profondamente turbato. «C´è ancora tanto da chiarire. Alcuni accertamenti devono essere ancora fatti. Era un uomo forte ed equilibrato che amava spasmodicamente la sua famiglia. Non posso credere che abbia concepito un simile pensiero».
La lenta morte di Bove inizia il 10 giugno quando uscì un articolo sul Sole 24 Ore nel quale si faceva il suo nome a proposito dell´inchiesta interna sui buchi nella sicurezza dell´azienda. «Non si era sentito adeguatamente difeso. Da questo punto di vista Telecom ha tenuto una linea aziendale precisa nei suoi confronti, una linea che Adamo aveva ben chiara. Probabilmente si stava chiedendo il perché». Chi sono i dirigenti che avrebbero dovuto difenderlo, le chiede Marco Lillo: «Fabio Ghioni, i dirigenti Bracco, Cappuccio e Focaroli. Mi risulta che nessuno sia stato rimosso». Del suo superiore, Giuliano Tavaroli, Bove dubitava. «Non ho ricevuto neanche le sue condoglianze dirette, né quelle della sua famiglia, che avevo conosciuto». Un aspetto inquietante emerge inoltre dal racconto della donna sui misteriosi inseguimenti che Adamo e Wanda Bove subirono a Roma: figuri robusti con i capelli corti, gli occhiali, il marsupio, che «si davano platealmente il cambio». «Durante un fine settimana ci hanno seguito in questo modo per quattro giorni consecutivi».
La lenta morte di Bove inizia il 10 giugno quando uscì un articolo sul Sole 24 Ore nel quale si faceva il suo nome a proposito dell´inchiesta interna sui buchi nella sicurezza dell´azienda. «Non si era sentito adeguatamente difeso. Da questo punto di vista Telecom ha tenuto una linea aziendale precisa nei suoi confronti, una linea che Adamo aveva ben chiara. Probabilmente si stava chiedendo il perché». Chi sono i dirigenti che avrebbero dovuto difenderlo, le chiede Marco Lillo: «Fabio Ghioni, i dirigenti Bracco, Cappuccio e Focaroli. Mi risulta che nessuno sia stato rimosso». Del suo superiore, Giuliano Tavaroli, Bove dubitava. «Non ho ricevuto neanche le sue condoglianze dirette, né quelle della sua famiglia, che avevo conosciuto». Un aspetto inquietante emerge inoltre dal racconto della donna sui misteriosi inseguimenti che Adamo e Wanda Bove subirono a Roma: figuri robusti con i capelli corti, gli occhiali, il marsupio, che «si davano platealmente il cambio». «Durante un fine settimana ci hanno seguito in questo modo per quattro giorni consecutivi».
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