Da Avvenire del 13/10/2006
LO «STRAPPO» DELL’ASSEMBLEA
Parigi punirà chi non riconosce il genocidio del popolo armeno
Passa il progetto di legge che vuole colpire i negazionisti. L’ira della Turchia
Il provvedimento è stato votato, dalla Camera bassa, in un’aula semivuota Decisivo il via libera dei socialisti. Critico il primo ministro Villepin: «Non è una buona cosa legiferare su questioni storiche» Ma l’ala che fa capo a Sarkozy condivide la scelta adottata
di Enzo Zappalà
Articolo presente nelle categorie:
La Camera bassa del Parlamento francese ha approvato ieri il progetto di legge che intende instaurare sanzioni penali, fino a un anno di prigione e 45mila euro di ammenda, nei casi di negazionismo del genocidio armeno. Un'azione legislativa che ha subito scatenato una bufera tanto internazionale quanto interna alle stesse istituzioni francesi.
Il progetto di legge, promosso dall'opposizione socialista e concepito come un "complemento" del precedente testo che aveva riconosciuto nel 2001 l'esistenza storica del genocidio armeno, è stato adottato in condizioni molto particolari: ovvero, dalla schiacciante maggioranza di un'aula semivuota. Erano presenti solo 129 dei 577 deputati all'Assemblée Nationale e tale contesto ha politicamente relativizzato il risultato ufficiale di 106 voti favorevoli (provenienti da tutti gli schieramenti) contro 19 contrari.
Bersaglio per tutta la giornata degli strali provenienti da Ankara e dagli stessi organismi europei preoccupati dal rischio di una "rottura" del dialogo con la Turchia, le istituzioni francesi non si sono mostrate uniformemente solidali con l'iniziativa parlamentare. Il premier neogollista Dominique de Villepin, in particolare, ha lanciato una stoccata contro il testo: «Tenuto conto della nostra esperienza, sappiamo che non è una buona cosa legiferare su queste questioni». Una dichiarazione resa nelle stesse ore in cui una nota ufficiale del Quai d'Orsay assicurava che la Francia resta «molto legata al dialogo» con Ankara.
La logica politica di fondo del progetto legislativo, criticato nelle scorse settimane anche da tanti storici e intellettuali transalpini, muoverebbe da considerazioni diverse. L'iniziale proposta socialista è letta dai principali osservatori come un chiaro messaggio rivolto alla nutrita comunità armena di Francia (almeno 500 mila persone), a meno di sette mesi dalle elezioni presidenziali e politiche. L'avallo concesso dall'Ump neogollista (che ha la maggioranza assoluta all'Assemblée e che dunque avrebbe potuto agevolmente bloccare il testo), invece, racchiuderebbe non solo considerazioni elettorali "speculari" a quelle socialiste.
Un'importante frangia del partito, presieduto dal vice-premier e candidato presidenziale Nicolas Sarkozy, è da sempre fermamente opposta all'ingresso della Turchia in Europa. Per l'Ump, dunque, il voto di ieri ha rappresentato forse anche un modo per consolidare la legittimità di questo «fronte interno».
Accanto a ciò, diversi influenti deputati di origine armena come il neogollista Patrick Devedjian, il socialista René Rouquet e il liberaldemocratico Rudy Salles hanno invece celebrato l'ideale di un «diritto alla memoria» capace di trascendere gli schieramenti di partito. Ma di fatto, hanno votato ieri in buona misura soprattutto deputati di province con una forte popolazione di origine armena.
In ogni caso, l'iter parlamentare prima di un'ipotetica promulgazione potrebbe essere lungo. Il Senato non ha ancora inserito la discussione del testo nel proprio calendario ed occorre ricordare che erano già occorsi due anni e mezzo prima di giungere alla legge del 2001. Da parte loro, gli industriali francesi temono già apertamente conseguenze economiche negative.
Intanto, la principale candidata socialista all'Eliseo, Segolene Royal, ha affermato ieri che la sua opinione sull'ingresso della Turchia in Europa sarà «quella del popolo francese». L'ex-ministro anch'egli socialista Jacques Lang teme invece che il voto di ieri appaia come una "provocazione" nei confronti di Ankara.
Paralllamente, i contraccolpi internazionali sono giunti fino a Beirut, dove migliaia di libanesi di origine armena sono scesi in piazza per opporsi alla partecipazione turca all'Unifil, diretta al momento dalla Francia.
Un massacro che durò tre anni
(D.Z.)
Era il 1915 quando sotto la giurisdizione dell’impero ottomano – già entrato nella Prima guerra mondiale nell’ottobre 1914, al fianco di Germania e impero austro-ungarico –, cominciarono i massacri riassunti ormai da una larga maggioranza degli storici con l’espressione «genocidio armeno». Le atrocità proseguirono fino al 1917 e il numero di vittime è ancor oggi oggetto di una profonda controversia. Varie fonti armene parlano di 1,5 milioni di morti, mentre la Turchia – che rifiuta ufficialmente il termine «genocidio» – avanza una cifra compresa fra 250 mila e 500 mila vittime. Secondo l’Armenia, poi, una prima fase di spaventose repressioni ebbe luogo fra il 1894 e il 1909, lasciando già una scia di almeno 200mila vittime. Nell’aprile 1915, migliaia di armeni vengono arrestati con l’accusa di sentimenti sovversivi e un mese dopo una legge speciale turca permetterà deportazioni di massa per garantire la «sicurezza interna». L’esilio forzato del cosiddetto «nemico interno» avrà per principale destinazione i deserti mesopotamici, ma un gran numero di armeni morì già durante il viaggio. Tanti altri furono invece massacrati nei campi. Risale al settembre 1915 una lettera, inviata dal ministro turco dell’Interno ai governatori provinciali, che contiene una terribile frase: «Il diritto degli armeni di vivere e di lavorare sul territorio della Turchia è del tutto abolito». La storiografia turca ufficiale, pur riconoscendo l’esistenza di persecuzioni, sostiene che si trattò di repressioni contro delle popolazioni fiancheggiatrici nei fatti dell’Impero russo.
Ankara: «Danneggiate le relazioni con la Francia»
Immediate e furibonde le reazioni che arrivano dal Bosforo. Minaccia anche di «rappresaglie» commerciali
Da Ankara
Immediate e prevedibilmente furibonde le iniziali reazioni in Turchia all’approvazione in prima lettura, davanti alla Camera bassa del Parlamento francese, del disegno di legge che punisce come reato il negare l’esistenza del genocidio armeno. Il presidente del Parlamento di Ankara, Bulent Arinc, ha bollato come segno di un «atteggiamento ostile nei confronti della nazione turca» la «vergognosa decisione» dei deputati di Parigi. «È inaccettabile», ha tagliato corto Arinc, citato dall’agenzia di stampa Anadolou. La nuova normativa francese, che equipara la negazione dei massacri di armeni a quella dell’Olocausto e commina ai responsabili fino a un anno di carcere e a 45mila euro di multa, dovrà adesso passare anche al Senato e quindi, di nuovo, alla Camera. Già nel gennaio 2001 il Parlamento di Francia adottò un provvedimento che, pur senza prevedere pene specifiche, riconosceva il genocidio degli armeni. Da allora Ankara ha sempre minacciato ritorsioni, con sanzioni economiche che potrebbero andare dal boicottaggio dei prodotti francesi all’esclusione delle imprese di quel Paese dai pubblici appalti in Turchia. «Con questo progetto di legge, sfortunatamente la Francia perde la sua posizione privilegiata in seno al popolo turco» cita un documento turco. Ieri mattina il ministro degli Esteri Abdullah Gul aveva avvertito che in caso la Francia adottasse quella legge «perderebbe la Turchia. Le nostre relazioni, che si sono sviluppate nel corso dei secoli, sono state danneggiate dalle affermazioni false e responsabili di personalità politiche francesi che non vedono le conseguenze politiche dei loro atti». Le «rappresaglie» di Ankara potrebbero riguardare i contratti in gestazione come quello per la fornitura di elicotteri francesi ed i progetti di cooperazione economica bilaterali nel campo delle infrastrutture che, ammontano a circa 14 miliardi di euro. Non sarà facile per la diplomazia d’Oltralpe placare l’irritazione della Turchia. Liberté, Egalité, Stupidité». Questo è stato il primo titolo dell’edizione online dell’autorevole quotidiano Hurriyet, che insieme ad molti altri ha seguito il voto all’Assemblea nazionale minuto per minuto.
Il progetto di legge, promosso dall'opposizione socialista e concepito come un "complemento" del precedente testo che aveva riconosciuto nel 2001 l'esistenza storica del genocidio armeno, è stato adottato in condizioni molto particolari: ovvero, dalla schiacciante maggioranza di un'aula semivuota. Erano presenti solo 129 dei 577 deputati all'Assemblée Nationale e tale contesto ha politicamente relativizzato il risultato ufficiale di 106 voti favorevoli (provenienti da tutti gli schieramenti) contro 19 contrari.
Bersaglio per tutta la giornata degli strali provenienti da Ankara e dagli stessi organismi europei preoccupati dal rischio di una "rottura" del dialogo con la Turchia, le istituzioni francesi non si sono mostrate uniformemente solidali con l'iniziativa parlamentare. Il premier neogollista Dominique de Villepin, in particolare, ha lanciato una stoccata contro il testo: «Tenuto conto della nostra esperienza, sappiamo che non è una buona cosa legiferare su queste questioni». Una dichiarazione resa nelle stesse ore in cui una nota ufficiale del Quai d'Orsay assicurava che la Francia resta «molto legata al dialogo» con Ankara.
La logica politica di fondo del progetto legislativo, criticato nelle scorse settimane anche da tanti storici e intellettuali transalpini, muoverebbe da considerazioni diverse. L'iniziale proposta socialista è letta dai principali osservatori come un chiaro messaggio rivolto alla nutrita comunità armena di Francia (almeno 500 mila persone), a meno di sette mesi dalle elezioni presidenziali e politiche. L'avallo concesso dall'Ump neogollista (che ha la maggioranza assoluta all'Assemblée e che dunque avrebbe potuto agevolmente bloccare il testo), invece, racchiuderebbe non solo considerazioni elettorali "speculari" a quelle socialiste.
Un'importante frangia del partito, presieduto dal vice-premier e candidato presidenziale Nicolas Sarkozy, è da sempre fermamente opposta all'ingresso della Turchia in Europa. Per l'Ump, dunque, il voto di ieri ha rappresentato forse anche un modo per consolidare la legittimità di questo «fronte interno».
Accanto a ciò, diversi influenti deputati di origine armena come il neogollista Patrick Devedjian, il socialista René Rouquet e il liberaldemocratico Rudy Salles hanno invece celebrato l'ideale di un «diritto alla memoria» capace di trascendere gli schieramenti di partito. Ma di fatto, hanno votato ieri in buona misura soprattutto deputati di province con una forte popolazione di origine armena.
In ogni caso, l'iter parlamentare prima di un'ipotetica promulgazione potrebbe essere lungo. Il Senato non ha ancora inserito la discussione del testo nel proprio calendario ed occorre ricordare che erano già occorsi due anni e mezzo prima di giungere alla legge del 2001. Da parte loro, gli industriali francesi temono già apertamente conseguenze economiche negative.
Intanto, la principale candidata socialista all'Eliseo, Segolene Royal, ha affermato ieri che la sua opinione sull'ingresso della Turchia in Europa sarà «quella del popolo francese». L'ex-ministro anch'egli socialista Jacques Lang teme invece che il voto di ieri appaia come una "provocazione" nei confronti di Ankara.
Paralllamente, i contraccolpi internazionali sono giunti fino a Beirut, dove migliaia di libanesi di origine armena sono scesi in piazza per opporsi alla partecipazione turca all'Unifil, diretta al momento dalla Francia.
Un massacro che durò tre anni
(D.Z.)
Era il 1915 quando sotto la giurisdizione dell’impero ottomano – già entrato nella Prima guerra mondiale nell’ottobre 1914, al fianco di Germania e impero austro-ungarico –, cominciarono i massacri riassunti ormai da una larga maggioranza degli storici con l’espressione «genocidio armeno». Le atrocità proseguirono fino al 1917 e il numero di vittime è ancor oggi oggetto di una profonda controversia. Varie fonti armene parlano di 1,5 milioni di morti, mentre la Turchia – che rifiuta ufficialmente il termine «genocidio» – avanza una cifra compresa fra 250 mila e 500 mila vittime. Secondo l’Armenia, poi, una prima fase di spaventose repressioni ebbe luogo fra il 1894 e il 1909, lasciando già una scia di almeno 200mila vittime. Nell’aprile 1915, migliaia di armeni vengono arrestati con l’accusa di sentimenti sovversivi e un mese dopo una legge speciale turca permetterà deportazioni di massa per garantire la «sicurezza interna». L’esilio forzato del cosiddetto «nemico interno» avrà per principale destinazione i deserti mesopotamici, ma un gran numero di armeni morì già durante il viaggio. Tanti altri furono invece massacrati nei campi. Risale al settembre 1915 una lettera, inviata dal ministro turco dell’Interno ai governatori provinciali, che contiene una terribile frase: «Il diritto degli armeni di vivere e di lavorare sul territorio della Turchia è del tutto abolito». La storiografia turca ufficiale, pur riconoscendo l’esistenza di persecuzioni, sostiene che si trattò di repressioni contro delle popolazioni fiancheggiatrici nei fatti dell’Impero russo.
Ankara: «Danneggiate le relazioni con la Francia»
Immediate e furibonde le reazioni che arrivano dal Bosforo. Minaccia anche di «rappresaglie» commerciali
Da Ankara
Immediate e prevedibilmente furibonde le iniziali reazioni in Turchia all’approvazione in prima lettura, davanti alla Camera bassa del Parlamento francese, del disegno di legge che punisce come reato il negare l’esistenza del genocidio armeno. Il presidente del Parlamento di Ankara, Bulent Arinc, ha bollato come segno di un «atteggiamento ostile nei confronti della nazione turca» la «vergognosa decisione» dei deputati di Parigi. «È inaccettabile», ha tagliato corto Arinc, citato dall’agenzia di stampa Anadolou. La nuova normativa francese, che equipara la negazione dei massacri di armeni a quella dell’Olocausto e commina ai responsabili fino a un anno di carcere e a 45mila euro di multa, dovrà adesso passare anche al Senato e quindi, di nuovo, alla Camera. Già nel gennaio 2001 il Parlamento di Francia adottò un provvedimento che, pur senza prevedere pene specifiche, riconosceva il genocidio degli armeni. Da allora Ankara ha sempre minacciato ritorsioni, con sanzioni economiche che potrebbero andare dal boicottaggio dei prodotti francesi all’esclusione delle imprese di quel Paese dai pubblici appalti in Turchia. «Con questo progetto di legge, sfortunatamente la Francia perde la sua posizione privilegiata in seno al popolo turco» cita un documento turco. Ieri mattina il ministro degli Esteri Abdullah Gul aveva avvertito che in caso la Francia adottasse quella legge «perderebbe la Turchia. Le nostre relazioni, che si sono sviluppate nel corso dei secoli, sono state danneggiate dalle affermazioni false e responsabili di personalità politiche francesi che non vedono le conseguenze politiche dei loro atti». Le «rappresaglie» di Ankara potrebbero riguardare i contratti in gestazione come quello per la fornitura di elicotteri francesi ed i progetti di cooperazione economica bilaterali nel campo delle infrastrutture che, ammontano a circa 14 miliardi di euro. Non sarà facile per la diplomazia d’Oltralpe placare l’irritazione della Turchia. Liberté, Egalité, Stupidité». Questo è stato il primo titolo dell’edizione online dell’autorevole quotidiano Hurriyet, che insieme ad molti altri ha seguito il voto all’Assemblea nazionale minuto per minuto.
Sullo stesso argomento
Articoli in archivio
di Gavino Pala su Archivio '900 del 10/04/2012
di Paolo Simoncelli su Avvenire del 06/02/2012
di Bernard-Henry Levy su Corriere della Sera del 29/01/2007
News in archivio
su La Repubblica del 22/09/2005
In biblioteca
di Alfredo Viglieri
Mursia, 2009
Mursia, 2009