Da La Repubblica del 30/11/1977
"Dopo 13 giorni è giunta la fine"
di Salvatore Tropea
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C'è un'altra vittima sul conto infame del terrorismo. E' Carlo Casalegno, 64 anni, vice direttore del quotidiano "la Stampa", morto alle 13,40 di oggi, esattamente alla stessa ora in cui tredici giorni fa un commando delle Brigate rosse gli aveva sparato in faccia riducendolo in fin di vita. Il decesso è giunto improvviso, dopo che ieri le condizioni del ferito erano sensibilmente migliorate, al punto da far ipotizzare la possibilità di sciogliere entro qualche giorno la prognosi. Il referto medico di morte parla di "insufficienza cardio circolatoria in pregresse ferite multiple da arma da fuoco".
Il professor Roberto Pattono ha spiegato: "Ieri il professor Casalegno stava bene. Gli avevano persino tolto le cannule della respirazione artificiale. La condizione del miglioramento si è mantenuta tale fino alla tarda mattinata di oggi. Poi abbiamo registrato un improvviso peggioramento, cui è seguito, nell'arco di appena un'ora, il decesso". Quando Casalegno è spirato, gli era accanto la moglie Dedy accompagnata dalla signora Levi, moglie del direttore de "la Stampa". Subito dopo sono arrivati lo stesso Levi, il direttore di "Tuttolibri", Lorenzo Mondo; il professore Luigi Firpo, collaboratore del quotidiano torinese, l'onorevole Carlo Mussa Ivaldi, compagno di Casalegno all'epoca di Giustizia e Libertà, il prefetto di Torino, Veglia e il questore Musumeci. Attimi di silenzio e di muto dolore attorno al lettino dell'ospedale Le Molinette, nessun commento. Arrigo Levi ha abbracciato la moglie del collega senza trovare la forza di pronunciare una parola. La signora Dedy lo ha guardato, muta, annientata dal dolore e ha detto: "Tanto non ci credo". Poi è andata a sedersi in un angolo, vicino ad Andrea Casalegno che piangeva con il viso affondato nelle mani. L'agonia di Carlo Casalegno è durata tredici giorni ed è stato un continuo alternarsi di alti e bassi, di ottimismo e pessimismo. È prevalso purtroppo quest'ultimo a conferma dei giudizi di quanti avevano sempre interpretato i segni di miglioramen to più come una speranza che come una reale condizione clinica del ferito. Quattro giorni dopo l'attentato era stato fatto venire a Torino un illustre professore di Strasburgo il quale aveva subito osservato che la sopravvivenza del ferito sarebbe stato soltanto un miracolo. Il vice direttore de "la Stampa" era stato colpito dalle Br mercoledi 16 novembre alle 13,40. Un commando, forse di due persone più un complice rimasto in auto, lo aveva atteso nell'androne della casa di Corso Re Umberto 54 e gli aveva esploso in faccia, da distanza ravvicinata, quattro colpi di pistola. Casalegno era rientrato appena dalla quotidiana riunione del giornale e, sfortu- natamente, aveva rifiutato che Levi lo accompagnasse con la sua scorta. Aveva parcheggiato la sua Fiat "125" sul controviale di Corso Re Umberto ed aveva appena varcato la soglia del portone del palazzo quando i terroristi lo hanno colpito a morte dileguandosi immediatamente senza lasciare la benché minima traccia. Subito dopo era arrivata la consueta telefonata all'Ansa, l'anonima voce di sempre per rivendicare la paternità dell'attentato. E si era capito immediatamente che questa volta i terroristi avevano sparato per uccidere non per ferire, ed impaurire come in altri casi. "Abbiamo giustiziato un servo dello Stato" avevano detto e sciaguratamente non si erano sbagliati. Tutti e quattro i colpi erano andati a segno, anche se in un primo tempo era parso che non avessero leso organi vitali: due alla mascella, uno al collo, un altro alla tempia. Casalegno era stato ricoverato immediatamente al reparto rianimazione de Le Molinette, ma i medici avevano potuto fare ben poco, nessun intervento data la natura delle ferite. Avevano però scoperto una tachicardia che, probabilmente, deve essere stata una delle cause della crisi cardiocircolatoria. Poi la lunga, lenta agonia, intervallata da momenti di lucidità durante i quali il ferito aveva trovato la forza di descrivere sommariamente, su pezzetti di carta, le sue condizioni, rivolgere qualche breve messaggio alla moglie e al figlio Andrea. Dopo l'autopsia prevista per domani la salma sarà composta nella camera ardente che verrà allestita a Le Molinette, mentre i funerali si svolgeranno presumibilmente nella giornata di giovedi. La scomparsa di Carlo Casalegno è stata ricordata oggi nei consigli comunale e provinciale; migliaia di messaggi di cordoglio sono pervenuti alla famiglia e alla direzione del quotidiano per il quale Casalegno aveva lavorato per oltre trenta anni. Nelle assemblee pubbliche è stato sottolineato anche un aspetto preoccupante di questo amaro e drammatico capItolo del terrorismo. Da più parti è stato fatto osser- vare come, a distanza di tredici giorni dall'ultimo anello di una lunga catena di attentati, ancora le indagini non abbiano portato a risultati concreti.
Il professor Roberto Pattono ha spiegato: "Ieri il professor Casalegno stava bene. Gli avevano persino tolto le cannule della respirazione artificiale. La condizione del miglioramento si è mantenuta tale fino alla tarda mattinata di oggi. Poi abbiamo registrato un improvviso peggioramento, cui è seguito, nell'arco di appena un'ora, il decesso". Quando Casalegno è spirato, gli era accanto la moglie Dedy accompagnata dalla signora Levi, moglie del direttore de "la Stampa". Subito dopo sono arrivati lo stesso Levi, il direttore di "Tuttolibri", Lorenzo Mondo; il professore Luigi Firpo, collaboratore del quotidiano torinese, l'onorevole Carlo Mussa Ivaldi, compagno di Casalegno all'epoca di Giustizia e Libertà, il prefetto di Torino, Veglia e il questore Musumeci. Attimi di silenzio e di muto dolore attorno al lettino dell'ospedale Le Molinette, nessun commento. Arrigo Levi ha abbracciato la moglie del collega senza trovare la forza di pronunciare una parola. La signora Dedy lo ha guardato, muta, annientata dal dolore e ha detto: "Tanto non ci credo". Poi è andata a sedersi in un angolo, vicino ad Andrea Casalegno che piangeva con il viso affondato nelle mani. L'agonia di Carlo Casalegno è durata tredici giorni ed è stato un continuo alternarsi di alti e bassi, di ottimismo e pessimismo. È prevalso purtroppo quest'ultimo a conferma dei giudizi di quanti avevano sempre interpretato i segni di miglioramen to più come una speranza che come una reale condizione clinica del ferito. Quattro giorni dopo l'attentato era stato fatto venire a Torino un illustre professore di Strasburgo il quale aveva subito osservato che la sopravvivenza del ferito sarebbe stato soltanto un miracolo. Il vice direttore de "la Stampa" era stato colpito dalle Br mercoledi 16 novembre alle 13,40. Un commando, forse di due persone più un complice rimasto in auto, lo aveva atteso nell'androne della casa di Corso Re Umberto 54 e gli aveva esploso in faccia, da distanza ravvicinata, quattro colpi di pistola. Casalegno era rientrato appena dalla quotidiana riunione del giornale e, sfortu- natamente, aveva rifiutato che Levi lo accompagnasse con la sua scorta. Aveva parcheggiato la sua Fiat "125" sul controviale di Corso Re Umberto ed aveva appena varcato la soglia del portone del palazzo quando i terroristi lo hanno colpito a morte dileguandosi immediatamente senza lasciare la benché minima traccia. Subito dopo era arrivata la consueta telefonata all'Ansa, l'anonima voce di sempre per rivendicare la paternità dell'attentato. E si era capito immediatamente che questa volta i terroristi avevano sparato per uccidere non per ferire, ed impaurire come in altri casi. "Abbiamo giustiziato un servo dello Stato" avevano detto e sciaguratamente non si erano sbagliati. Tutti e quattro i colpi erano andati a segno, anche se in un primo tempo era parso che non avessero leso organi vitali: due alla mascella, uno al collo, un altro alla tempia. Casalegno era stato ricoverato immediatamente al reparto rianimazione de Le Molinette, ma i medici avevano potuto fare ben poco, nessun intervento data la natura delle ferite. Avevano però scoperto una tachicardia che, probabilmente, deve essere stata una delle cause della crisi cardiocircolatoria. Poi la lunga, lenta agonia, intervallata da momenti di lucidità durante i quali il ferito aveva trovato la forza di descrivere sommariamente, su pezzetti di carta, le sue condizioni, rivolgere qualche breve messaggio alla moglie e al figlio Andrea. Dopo l'autopsia prevista per domani la salma sarà composta nella camera ardente che verrà allestita a Le Molinette, mentre i funerali si svolgeranno presumibilmente nella giornata di giovedi. La scomparsa di Carlo Casalegno è stata ricordata oggi nei consigli comunale e provinciale; migliaia di messaggi di cordoglio sono pervenuti alla famiglia e alla direzione del quotidiano per il quale Casalegno aveva lavorato per oltre trenta anni. Nelle assemblee pubbliche è stato sottolineato anche un aspetto preoccupante di questo amaro e drammatico capItolo del terrorismo. Da più parti è stato fatto osser- vare come, a distanza di tredici giorni dall'ultimo anello di una lunga catena di attentati, ancora le indagini non abbiano portato a risultati concreti.
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