Da La Repubblica del 26/11/2006
il retroscena
E Litvinenko raccontò Volevano sapere di Prodi
di AA.VV.
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Nel pomeriggio del 3 marzo 2005, Aleksandr Litvinenko ha un lungo colloquio con "Repubblica". L' incontro si tiene a Londra, negli uffici di Boris Berezovskij e, per espressa volontà dell' ex colonnello, è interamente "on the record". Eccone la trascrizione. Come sono finito a lavorare per la commissione Mitrokhin. «A inizio 2004, ricevetti una telefonata del mio amico Viktor Suvorov. Viktor è un ex ufficiale del Gru (il controspionaggio militare sovietico ndr.) e oggi vive a Bristol, dove fa lo scrittore "famoso". SEGUE A PAGINA 4 Mi chiese se avessi nulla in contrario a parlare con un suo amico, un giudice italiano, Mario Scaramella, che lavorava per la Commissione Mitrokhin. Mario mi chiamò e mi chiese di riferire tutto ciò che sapevo delle operazioni e dei contatti del Kgb in Italia. Dissi subito che non avevo conosciuto Mitrokhin e che non sapevo nulla del suo archivio, ma che se volevano una lista di possibili contatti russi su questa materia e la mia consulenza per comprendere i meccanismi criminali di funzionamento di Kgb e Fsb, i legami con la criminalità organizzata, ero disponibile. Rimanemmo d' accordo che sarei sceso in Italia alla fine di febbraio del 2004. Poi, improvvisamente, accadde qualcosa che al momento, purtroppo, non compresi. Ho un fratello che si chiama Maxim. Ha 21 anni ed è in Italia da 4. Vive a Rimini, dove è studente universitario e lavora come cuoco in un ristorante specializzato in carne alla brace. Ebbene, un mese prima che arrivassi in Italia, Maxim mi chiama disperato. La Polizia non intende più considerare valido il suo visto di studi e minaccia di espellerlo in Russia. Il che significa la sua condanna a morte. Chiedo aiuto a Mario, che dice di non preoccuparmi. Mi spiega che Berlusconi è stato messo al corrente del mio impegno con la Mitrokhin e che Maxim può stare tranquillo. Io collaborerò portando le prove che la commissione chiede e a Maxim verrà concesso asilo politico. Maxim mi conferma che Mario è andato a Rimini e ha parlato con la polizia. Alla fine mio fratello però ha dovuto cavarsela da solo per ottenere il permesso. La vicenda fu certo un modo per convincermi a collaborare». L' appartamento di Napoli «Agli inizi di marzo 2004, arrivai all' aeroporto di Fiumicino, dove trovai ad aspettarmi Scaramella, un interprete russo e un autista. Salimmo a bordo della macchina di Mario, una Land Rover marrone, e partimmo subito per Napoli. L' autista mi disse che era un agente penitenziario e ritengo che lo fosse, perché viaggiava armato. L' interprete si presentò come André. Era un cittadino russo e mi colpì che non aveva alcun titolo per stare in Italia. Né un permesso di soggiorno, né l' asilo politico. Dissi a Mario: "Come pensate di proteggere questa persona? Le cose che ascolterà da me su Kgb ed Fsb accusano Putin e dunque mettono in pericolo la sua vita~". Mario disse di farmi gli affari miei. A Napoli, fui alloggiato all' hotel "Britannia" o "Britannique", sulla "collina" (a Napoli, in Corso Vittorio Emanuele, esiste un hotel che si chiama Britannique. L' albergo è alle pendici del Vomero. ndr). Mario pagò la mia stanza, il biglietto aereo e il soggiorno di mio fratello, che mi raggiunse gli ultimi due dei cinque giorni di permanenza. Le giornate erano sempre uguali. Io aspettavo in albergo che arrivassero a prendermi. Mi portavano in una casa non lontano dall' albergo, verso il mare. L' appartamento era al primo piano di una palazzina bassa che dava sul cortile di una grande scuola con un campo da pallavolo. Lì una donna trascriveva le mie dichiarazioni e le verbalizzava su dei fogli che, alla fine di ogni giornata di lavoro, mi veniva chiesto di firmare. Ora io non so che cosa ho firmato, perché il testo era in italiano e dunque non posso giurare che l' interprete non abbia fatto errori. Lavoravamo fino a notte inoltrata. Io decisi di collaborare dopo aver ricevuto un' assicurazione». L' assicurazione di Guzzanti e Berlusconi «Sapevo di consegnare alla Commissione Parlamentare elementi in grado di accusare Putin e il suo sistema di controllo criminale della Russia. Sapevo che Berlusconi diceva di essere amico di Putin, dunque chiesi a Mario se la Commissione o i suoi capi erano in grado non solo di proteggere il sottoscritto, ma di dare alle mie informazioni un seguito politico. Mario mi disse che doveva interpellare il suo boss, Paolo Guzzanti (Litvinenko lo chiama "Pablo Guzzanti" ndr.). I due si sentivano in continuazione, finché, una mattina, nell' appartamento, Mario chiamò "Pablo" di fronte a me. L' interprete mi tradusse le parole che Mario sosteneva stesse pronunciando Guzzanti. A suo dire, Guzzanti aveva incontrato Berlusconi, gli aveva esposto i miei timori e le mie richieste. E Berlusconi aveva risposto: "Ditegli che non ho amici". Stupidamente, ritenni di potermi fidare». Le domande di Mario Prodi, le attività dei Verdi, i legami dell' azienda Olivetti con il Kgb. «Ho raccontato come l' Fsb, il nuovo servizio segreto russo, sia una struttura mista di intelligence e crimine organizzato. Ne ho spiegato le origini nella dissoluzione del Kgb. Ho offerto i nomi degli uomini che avevano operato in Italia, ma Mario insisteva su tre questioni. a) Il sequestro Moro e i rapporti di Prodi con il Kgb. Mario mi raccontò che Prodi conosceva l' indirizzo dove le Br tenevano sequestrato Moro per averlo appreso durante una seduta spiritica. Mi chiese se non ritenevo che Prodi avesse appreso del covo dal Kgb. Mi chiese anche se il sequestro non fosse stato organizzato dal Kgb e se avesse addestrato le Br. Dissi che non conoscevo alcun dettaglio del sequestro e che non avevo mai sentito parlare di Prodi. Osservai soltanto che, se volevano il mio parere di esperto, era poco credibile che Prodi avesse appreso la notizia durante una seduta spiritica e che sicuramente il Kgb aveva seguito il sequestro provando ad acquisire informazioni. Io non avevo e non ho nessun tipo di prove su Prodi. b) Le attività dei Verdi. Mario sembrava ossessionato dal gruppo dei Verdi. Non avevo particolari informazioni. Piuttosto fui io ad ascoltarlo attentamente, mentre sosteneva che dietro la loro attività politica potessero nascondersi interessi del Kgb. c) La Olivetti. Mario voleva sapere se gli affari dell' Olivetti nell' ex Unione Sovietica nascondevano legami con il Kgb. Ho semplicemente spiegato che ogni azienda che operava sul mercato sovietico veniva spiata dal Kgb. Ma questo non vuol dire essere controllati dal Kgb. Mario mi ha anche fatto molte altre domande su personaggi italiani di cui oggi non ricordo più il nome e anche su un giornale, di cui lo stesso non ricordo. In ogni caso, dovrebbe essere tutto in quei verbali che ho firmato». La ECPP «Mario mi disse che la sua società, la Ecpp (Environmental Crime Prevention Programme), si occupava di grandi temi della sicurezza ambientale e aveva un contratto con la Commissione di Paolo Guzzanti per condurre delle indagini sul Kgb. Mi mostrò un contratto con cui mi impegnavo a collaborare con la società, che non ricordo se firmai o meno. Sul conto di questa società Ecpp io ho raccolto tre versioni diverse da fonti che non posso rivelare e di cui non sono in grado di valutare l' attendibilità. Prima versione: La Ecpp è quello che dichiara di essere. Una società che combatte le mafie del crimine ambientale. Seconda versione: la Ecpp è una società schermo dei servizi segreti italiani. Terza versione: la Ecpp è una lavanderia per il riciclaggio del denaro. Un fatto è certo. Mario ha sostenuto che Berlusconi era molto scontento del lavoro che i servizi italiani stavano facendo per la Mitrokhin e dunque c' era bisogno della Ecpp. Inoltre, durante il mio soggiorno a Napoli, Mario chiese se poteva assistere ad uno dei nostri incontri un amico americano venuto per me dalla Germania. Se ne rimase in silenzio, senza neppure presentarsi. Quando si allontanò, Mario sostenne che lavorava per i servizi statunitensi e che la Cia poteva essere interessata alle mie informazioni. Io non gli credetti». Il compenso per la collaborazione «Quando finì il mio lavoro a Napoli, Mario mi mise in mano 600 o 800 euro in contanti. Mi sentii umiliato. Gli dissi che non vendevo informazioni e che avevo accettato l' incarico perché collaborare con l' Italia era per me un' occasione irripetibile di far sapere all' occidente cosa è stato il Kgb, chi è Putin e quanto sia corrotto il suo regime. Aggiunsi che era giusto che fossi retribuito come un consulente professionista, con parcelle regolarmente accreditate sul mio conto dalla Commissione. E soprattutto in modo trasparente, perché l' Fsb non sospettasse che mi ero intascato in nero milioni di dollari per le mie informazioni. Era una questione di trasparenza e di sicurezza. Mario non mi accreditò nessun denaro. Continuò a dirmi di non preoccuparmi. Che sarei diventato famoso e avrei testimoniato di fronte al Parlamento italiano. Che avrei potuto portare la mia famiglia in vacanza in Italia. Mi aveva preso per un pezzente». La visita di Mario a Cambridge. L' incontro con Bukowsky e Gordievsky. «Qualche tempo dopo la mia trasferta a Napoli, Mario venne a Londra e mi chiese di fargli da tramite con Vladimir Bukovskij (dissidente sovietico "scambiato" a Berlino nel 1976 con il comunista cileno Luis Corvalan ndr.) e Oleg Gordievskij (ex agente del Kgb riparato in Inghilterra nel 1985 ndr.). In particolare, era interessato a Bukovskij, il quale sosteneva di avere con sé 7 mila dossier del Kgb, ancora segreti, che aveva fotocopiato con un piccolo scanner nel 1992, quando, su ordine di Eltsin, il Servizio aveva dovuto mettergli a disposizione gli archivi. L' incontro avvenne in un ristorante italiano di Cambridge. Bukovskij si impegnò a collaborare, a consegnare i suoi file, ma, successivamente, mi disse di non aver dato un bel niente a Mario. Non so dire di Gordievskij». Le promesse mai mantenute di Berlusconi «Non molto tempo dopo la mia trasferta in Italia, Berlusconi incontrò Putin. Li vidi in televisione abbracciarsi e baciarsi e lì compresi che ero stato usato. Che Berlusconi era un piccolo bugiardo, degno della stessa considerazione che si dà al proprio cagnolino cui si dà da mangiare sotto il tavolo. Io avevo dato le prove alla Commissione che Putin controllava la Russia con gli eredi corrotti del Kgb e Berlusconi cosa faceva? Baciava Putin. Evidentemente aveva scambiato le mie informazioni con dell' altro che non conosco. Berlusconi dimostrava di essere come Putin. La stessa cosa. Ripensai allora anche ad una circostanza che, durante i giorni di Napoli, mi aveva colpito. Il giornale di Berlusconi diede notizia che il colonnello Litvinenko aveva accettato di svelare i suoi segreti alla Commissione. Mi chiesi perché mi bruciavano in quel modo. Oggi penso che fosse un modo per mettere Putin sull' avviso. Mi sfogai con Mario e lui mi disse che non capivo. Che quelle dimostrazioni di amicizia erano frutto dei "giochi della grande politica". Il mio amico esule ceceno Akhmed Zakaiev, mio vicino di casa a Londra, mi prese in giro: "Ma come è possibile che un ex colonnello del Kgb sia così fesso da essersi fatto fregare dagli italiani?". Anche oggi arrossisco. E' vero, mi sono fatto fregare. Non ce l' ho con Mario, in fondo penso sia una persona per bene, ma con la Commissione per come ha deciso di trattare la verità. Mi sono fidato. Ho raccontato quel che sapevo perché l' Occidente sapesse. E le mie informazioni su Putin? Come sono state usate da Berlusconi?».
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