Da La Repubblica del 09/12/2006

Parla il leader dei dissidenti russi: "Su Prodi e Kgb non c'è nulla, così Mario cercava prove che non esistono"

Bukovskij: "Scaramella?. Un cacciatore di mosche"

di Carlo Bonini, Giuseppe D'Avanzo

"MARIO Scaramella?", ripete in fretta. All'altro capo del telefono, nella sua casa di Cambridge, la voce di Vladimir Bukovskij si scioglie in una risata grassa, omerica.

Vladimir Bukovskij, 64 anni, scrittore, è un nome e un'esperienza molto importante nella storia della dissidenza sovietica.

Da ragazzo, paga le sue idee con il lager e l'ospedale psichiatrico fino a quando, nel 1976, la sua vita e la sua libertà vengono barattate con la vita e la libertà del comunista cileno Luis Corvalan, consegnato a Mosca dalle prigioni di Pinochet. Da allora Bukovskij vive in Inghilterra, dove non ha mai smesso di essere punto di riferimento della comunità dei rifugiati, degli esuli, degli ex ufficiali del Kgb come Alekander Litvinenko e Oleg Gordievskij, ai quali è stato ed è legato da una sincera amicizia. E Come Gordievskij e Litvinenko, anche Bukovskij è finito nel cono di attenzione della commissione Mitrokhin e del lavoro ossessivo e storto di Mario Scaramella.

Signor Bukovskij, perché ride sentendo pronunciare il nome di Scaramella?
"Perché quel ragazzo italiano mi ha sempre fatto pensare a un modo di dire russo per descrivere un tipo umano in cui non è infrequente imbattersi. In Russia si dice: 'Quell'uomo pretende di fare, di una mosca, un elefante'. Ecco, Scaramella è esattamente così. Andava a caccia di elefanti e appena afferrava una mosca spiegava a tutti, entusiasta, che finalmente aveva trovato l'elefante che cercava. Ho addirittura letto, ad un certo punto, che qualcuno - forse lo stesso Litvinenko - lo sospettasse dell'avvelenamento al polonio. Per carità, neanche se lo vedessi".

Oleg Gordievskij sostiene che Scaramella è "un caso psichiatrico".
Bukovskij ride di cuore: "Adoro Oleg. È un grande amico. Io però che gli ospedali psichiatrici, quelli sovietici, li ho conosciuti davvero, credo di saperne abbastanza di psicotici per escludere che Scaramella lo sia. La verità è che Oleg continua a essere molto arrabbiato con Scaramella per le pressioni che ha ricevuto su Prodi. E, soprattutto, nella sua 'prima' vita di ufficiale del Kgb, Oleg è sempre stato abituato a fare lui le domande. Non tollera l'insistenza o le furbizie del suo interlocutore. Io, al contrario - non so se per mia fortuna o meno - ho imparato fin da ragazzo che cosa significa avere di fronte qualcuno che continua a martellarti con delle richieste, convinto che tu nasconda chissà quali verità. Ho imparato a sopportare".

Dunque anche lei fu pressato da Scaramella per raccogliere informazioni su Prodi?
"E' così. Scaramella mi chiese con insistenza di Prodi e dei suoi presunti legami con il Kgb. Quel che gli dissi, fin dall'inizio del nostro rapporto, dovette deluderlo molto. Anche se non lo scoraggiò".

Cosa gli disse?
"Come forse è noto, io sono in possesso di un consistente materiale di archivio sui rapporti dell'ex Unione Sovietica e del Kgb con i Paesi dell'allora blocco occidentale. Mario mi chiese di controllare in quei documenti se vi fossero riferimenti a un legame organico, o anche soltanto indiretto, di Romano Prodi con lo spionaggio sovietico. Controllai accuratamente e non trovai nulla di quel che Mario e il senatore Paolo Guzzanti cercavano. Lo dissi a Mario e lui, dopo aver lasciato passare un po' di tempo, tornò alla carica con più insistenza di prima".

Come?
"Mi scrisse una e-mail invitandomi a riesaminare i documenti che già avevo controllato. Cosa che naturalmente non feci, perché io sono abituato a dare al 'no' e al 'sì' il significato che queste due parole hanno. Chi mi conosce sa che, se dico che una cosa non la so o che una cosa non c'è, queste due risposte significano esattamente che una cosa non la so e che una cosa non c'è. Punto. Nella mia vita ho imparato che il bene più prezioso da difendere è la propria reputazione. Io non l'ho mai barattata. Tantomeno, credetemi, l'avrei barattata con uno Scaramella qualunque".

Scaramella la sollecitò sui nomi di altri politici italiani del centro-sinistra?
"Non mi fece singoli nomi. Mi invitò soltanto a verificare cosa saltasse fuori dai miei documenti. Qualcosa indubbiamente c'era. Nelle carte in mio possesso erano documentati i rapporti tra Mosca e Armando Cossutta. I finanziamenti occulti del Pcus al quotidiano Paese Sera. Il ruolo di cassiere dei soldi provenienti dall'Urss che svolgeva Cervetti per conto del Pci. Ricordo anche che trovai un elenco di società schermo che il Pcus aveva deciso di utilizzare in Italia per far affluire denaro a Botteghe Oscure. Ma tutto questo non sembrava interessare molto Scaramella. Anzi, mi sembrò che non gli interessasse affatto".

Contava solo Prodi?
"Direi di sì. E in qualche modo, alla fine, quel nome lo ottenne".

Da chi?
"Da Aleksandr Litvinenko".

Sa come andarono le cose?
"Ero presente anche io all'incontro tra Mario Scaramella e Aleksandr Litvinenko. Ricordo anche che c'era Gordievskij e, se non sbaglio, un deputato europeo inglese di cui ora non ho a mente il nome. Aleksandr riferì ciò che aveva appreso da un generale russo a tre stelle, il suo vicedirettore ai tempi del Fsb, Anatolij Trofimov, che come sapete è stato ucciso. Ebbene, Aleksandr disse: 'Quando confidai a Trofimov la mia idea di lasciare Mosca e riparare in Italia, dove vive mio fratello, il generale mi mise in guardia. Mi disse: stai attento, perché in Italia ci sono molti ex uomini del Kgb. Persino Prodi è un nostro uomo'".

Di quella confidenza, lei che idea si fece? Che quel che stava ascoltando era vero? Che Aleksandr Litvinenko stesse raccontando la verità?
"Non mi feci nessuna idea. Era la prima volta che ascoltavo quella storia. E sono abituato, in queste vicende che hanno a che fare con il Kgb, a credere soltanto a ciò di cui ho conoscenza diretta o che è sostenuto da documenti inoppugnabili. Per quanto mi riguardava, la storia di Prodi non cambiava. Io non avevo mai sentito accostare il nome del premier italiano al Kgb, né avevo alcun documento che lasciasse anche soltanto ipotizzare una 'coltivazione' del Servizio nei suoi confronti. Per me, anche dopo aver ascoltato Litvinenko, valeva ciò che avevo detto a Mario sin dall'inizio: su Prodi e il Kgb non esiste nulla".

Oleg Gordievskij ha riferito a Repubblica che, esasperato da Scaramella, si rivolse al MI6, il controspionaggio inglese, perché chiedesse al Sismi di toglierglielo dai piedi. Ha aggiunto che, con grande sorpresa, scoprì tempo dopo che Scaramella e Guzzanti si erano lamentati con lei di questa sua iniziativa, che pure sarebbe dovuta rimanere segreta. Questa ricostruzione è esatta?
"Di questo aspetto della vicenda, preferisco non parlare. Quel che vi ha raccontato Oleg è esatto. Ma proprio perché è una questione che ha riguardato lui e i suoi rapporti con l'Mi6, da un lato, e Scaramella e Guzzanti, dall'altro, non voglio aggiungere altro. Mi capirete".

Torniamo ancora all'inizio di questa storia. Come e quando ha conosciuto Scaramella? Le offrì delle credenziali?
"Direi che l'ho conosciuto nel 2003. il nostro contatto fu un comune amico russo, nella comunità dei rifugiati in Inghilterra. Una persona di cui, francamente, in questo momento non ricordo neppure il nome. Mario si presentò come consulente della Mitrokhin e amico del senatore Paolo Guzzanti, persona che conosco e rispetto. Per me, erano due credenziali sufficienti, senza contare il fatto che mi rassicurava la circostanza che era in contatto anche con Litvinenko e Gordievskij. Detto questo, la prima impressione che ebbi di lui, fu quella definitiva. Un fracassone entusiasta. Che credeva in ciò che ascoltava prima ancora di verificarlo, soprattutto se quel che ascoltava era ciò che voleva sentirsi dire. E poi, come ho detto, un ragazzo piuttosto petulante e pressante. A cui ho fatto presto il callo".

Quando l'ha visto l'ultima volta?
"Direi due anni fa. Era di passaggio a Londra e sembrava avesse urgenza di vedermi. Ci incontrammo e scoprii che non avevamo in realtà nulla di fondamentale da dirci. Né ovviamente compresi le ragioni del suo viaggio inglese. Mario è così. Impossibile capire che cosa stia facendo davvero e che cosa gli passi per la testa. E' il suo stile". Vladimir Bukovskij ride un'ultima volta, quasi compassionevole.

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